Prato

Col pollice e con gli occhi vi diciamo: Viva la vita!

Era il 21 novembre 2006 e per una giovane pratese di 33 anni, madre di due gemellini, la luce si spegne. Un’ischemia cerebrale fulminante rende la donna completamente paralizzata e disabile al 100%. Può muovere soltanto gli occhi e il collo, in questo modo riesce a dire sì, no e ad indicare con lo sguardo le lettere scritte su un pannello chiamato etran.Fabio Pesticcio invece compirà 40 anni ad agosto, da quando ne aveva 21 vive immobile su una carrozzina a causa di un incidente stradale avvenuto d’estate in Sardegna. È tetraplegico e ha solo l’uso del pollice della mano destra, grazie al quale può farsi capire utilizzando la comunicazione aumentativa-alternativa, una pratica clinica ideata per compensare la disabilità cognitiva. In questi giorni, nei quali l’opinione pubblica dibatte sulla opportunità di una legge che regoli il «fine vita», dopo la triste e delicata vicenda di Dj Fabo, abbiamo voluto dar voce anche ai tanti che hanno scelto la vita e ritengono che la propria esistenza sia degna di essere vissuta. Per sé e per i propri familiari che con amore li assistono.Incontriamo Fabio e Maria Teresa nella sede della cooperativa sociale Kepos in via Arcangeli. Un centro diurno specializzato in servizi socio-educativi per le diverse disabilità. Lì ci sono una decina di ragazzi nati con gravi handicap permanenti, solo Fabio e Maria Teresa hanno conosciuto la vita cosiddetta «normale», quella dei normodotati, e probabilmente non avrebbero mai immaginato che un giorno per loro tutto sarebbe cambiato. «Capiscono tutto quello che dici, devi avere la pazienza di aspettare le loro risposte – avverte Tamara Michelini, presidente della cooperativa Kepos -, mi hanno detto di essere molto felici di poter parlare con te e raccontare le loro storie». Fabio ha chiesto all’inseparabile mamma Carmela di mettersi la sua maglia preferita, quella con le «toppe» sui gomiti e sorride molto quando gli parliamo. Fabio: «sono un ragazzo solare»«Era in auto con la sua fidanzata, nell’estate del 1998 in Sardegna, quando una macchina è andata contro la sua e poi è stato tamponato – racconta la madre -, un urto violentissimo. Due persone in una delle auto coinvolte sono morte, la ragazza che era con lui si è rotta il bacino ma si è salvata, mentre Fabio è entrato in coma e ci è rimasto per un anno intero. Però avevamo già capito che avrebbe perso il controllo totale del corpo». Ha mai pensato: Forse sarebbe bene che Fabio non si svegliasse piuttosto che essere cosciente e paralizzato? Mamma Carmela è una donna del sud, piccola, energica e determinata. Quando ricorda per l’ennesima volta quel giorno maledetto accarezza Fabio. «In quei mesi qualcuno me lo ha detto – risponde – ma sa come si dice: i figli so’ piezz e’ core; vedere nuovamente i suoi occhi aperti per me è stato un dono grande». Fabio faceva l’operaio tessile nella ditta del padre, amava la bella vita, uscire con gli amici e andare in discoteca. «Sono un ragazzo solare e ironico», dice di sé sul suo profilo Facebook. Mentre la mamma ricorda «il prima», il ragazzo si agita, per lui quelli sono momenti che ormai appartengono al passato. Ma Fabio non molla, e dopo un comprensibile momento di sconforto, col passare degli anni cresce in lui il desiderio di uscire di casa, di stare con gli altri, di dipingere, insomma, di vivere. «Lo scorso anno per la prima volta è voluto venire al mare con la comunità – dice la presidente Michelini – e a un certo punto ci ha stupiti chiedendoci un gin tonic. Una bevuta che amava fare con gli amici. Abbiamo acconsentito e lui così ha voluto “fare un brindisi ai vecchi tempi”». Fabio, gli chiediamo, la vita continua? E lui alza il pollice convinto. Maria Teresa e la forza delle mamme«Avevo dei continui e forti mal di testa, ma li attribuivo allo stress, invece erano i primi sintomi dell’ischemia che poi mi avrebbe colpito». Questa lunga frase ci viene detta, parola per parola, da Maria Teresa. Lei parla indicando con lo sguardo le lettere scritte su un pannello. Ha gli occhi vivissimi si vede benissimo che segue esattamente quello che le si dice. Quando il «buio» è arrivato i suoi gemelli, un maschio e una femmina, avevano quattro anni e lei stava iniziando a separarsi dal marito. Prima viene messa in coma farmacologico, poi, dopo una lunga riabilitazione, piano piano riesce a «emergere» e a riaprire gli occhi. Ma di colpo scopre che la sua vita è profondamente cambiata. Senza l’aiuto di qualcuno non può compiere alcun movimento. E questo la fa soffrire moltissimo. Hai mai pensato: come posso andare avanti così? «Non conto più le volte in cui sono giù di corda, ma poi mi passa», ammette Maria Teresa. E dove trovi la forza di riprenderti? «Vivere certi momenti che altrimenti avrei perso». Come veder crescere i tuoi figli? Maria Teresa sbatte gli occhi e si commuove. «Noi la chiamiamo la mamma di tutti – dice la presidente Michelini – quando è arrivata qui nessuno, tra noi operatori, aveva figli, poi quando siamo diventati genitori siamo andati spesso da lei per un consiglio». Oggi i suoi gemelli hanno quattordici anni e almeno una volta a settimana vanno a trovare la mamma. «Vorrei che fossero più presenti, ma li capisco, hanno la loro età», dice ancora Maria Teresa. Grazie a un puntatore oculare ha imparato a navigare in rete in modo autonomo. Usa youtube, scrive email e come Fabio ha un profilo Facebook dove pubblica molte foto. Immagini che raccontano il quotidiano di una donna che ha ancora molto da dire e da vivere.