Toscana

CLUSTER BOMBS: CAMPAGNA CONTRO LE MINE, A RISCHIO 400 MILIONI DI PERSONE

Afghanistan, Albania, Bosnia, Cambogia, Croazia, Iraq, Laos, Libano, Vietnam. In questi Paesi, ma non solo, oltre 400 milioni di persone vivono in aree inquinate da cluster bombs (bombe a grappolo) rimaste inesplose. Ad un mese dall’apertura alla firma della Convenzione sulle munizioni cluster (ad Oslo il prossimo 3 dicembre) questa mattina a Roma la Fondazione Don Carlo Gnocchi e la Campagna Italiana contro le Mine hanno organizzato una conferenza dal titolo “Dalle mine antipersona alle cluster bombs: l’impatto sulle popolazioni civili e i oro diritti”. “Le bombe a grappolo o cluster bombs – ha spiegato il giornalista Gianfranco Belgrano – sono ordigni capaci di uccidere e ferire non solo al momento del loro utilizzo, ma anche nei mesi e negli anni successivi”. Queste armi sono infatti costituite da un dispositivo che, nel momento in cui viene sganciato o lanciato sull’obiettivo, rilascia delle submunizioni. Nel 25/40% dei casi queste bombe non esplodono a contatto con il suolo, rimanendo “dormienti”. “Dopo 30 anni dalla fine della Guerra del Vietnam – ha aggiunto Belgrano – in Laos muoiono e rimangono ferite ancora molte persone. Non solo, la contaminazione dei territori rende impossibile la coltivazione o l’allevamento degli animali; legando così il problema del disarmo alla possibilità di sviluppo”. “Per questi bambini la guerra continua”. Così don Carlo Gnocchi parlava dei bambini mutilati dalle mine di cui si è preso cura dopo la seconda guerra mondiale. Di mutilatini, come amava chiamarli lui, ne ha aiutati migliaia accogliendoli nelle sue case. “Non potevamo che continuare la sua opera” ha detto Emanuele Brambilla, direttore della comunicazione della Fondazione Don Carlo Gnocchi. La Fondazione è in prima fila contro le bombe a grappolo, anche se i mutilatini non parlano più italiano. “Purtroppo la follia dell’uomo non si ferma – ha aggiunto Brambilla – e ciò che succedeva nel nostro paese negli anni ’50 accade oggi in altri Paesi”. La Fondazione, riconosciuta come Ong nel 2001, opera anche a livello internazionale mettendo in pratica gli insegnamenti di don Gnocchi in diversi Paesi, tra cui Kosovo, Bosnia Erzegovina e Georgia. “La sua opera non si fermava all’accoglienza. Egli stesso inventò un progetto di riabilitazione che comprendeva anche l’insegnamento e l’avviamento al mondo del lavoro”. Molti dei ragazzi riabilitati lavorano oggi nei centri assistendo i piccoli mutilati sia dal punto di vista fisico, sia psicologico.Sir