Lettere in redazione
Classi-ponte e cattocomunisti
Ho letto la lettera che un gruppo di abbonate hanno inviato a Toscanaoggi a proposito di «classi-ponte e vignette catto-comuniste». L’etichetta di catto-comunista fu coniata da Mattei, direttore della «Nazione», appiccicandola al sindaco di Firenze Giorgio La Pira che oggi la Chiesa vuole riconoscere beato! Anche i catto-comunisti vanno in paradiso.
A proposito poi delle «classi-ponte» vorrei porre a queste lettrici una domanda: dove metterebbero i bambini che frequentano l’asilo portatori di handicap, che hanno grosse difficoltà a partecipare alla vita e all’apprendimento della classe? Bambini che hanno bisogno di un insegnante di sostegno che collabora con l’insegnante e quindi insieme fa crescere nei bambini cosiddetti «normali» la convinzione di uguaglianza e di condivisione. O forse queste «lettrici cristiane» pensano a classi differenziate o classi-ponte perché limitano, come i bimbi stranieri, la crescita dei loro pargoletti?
Ma quello che non capisco è perché tutti parlano della scuola, ma nessuno interpella gli insegnanti che da anni lavorano con classi «miste», con impegno e risultati di integrazione ottimi.
Vorrei concludere con un episodio di questi giorni. Ragazzi di buona famiglia hanno dato fuoco a un barbone addormentato su una panchina… non sapevano che fare! Sarebbe interessante sapere con quali insegnamenti sono cresciuti questi ragazzi «normali». Stare insieme da piccoli è la premessa per una crescita rispettosa dell’altro.
Prendo spunto dalla lettera sul tema «Classi-ponte e vignette catto-comuniste». Mi onoro di essere catto-comunista, classe 1933, così come si onorava il compianto La Pira, chiamato «comunista bianco». La storia si ripete! Non entro nel merito dell’argomento «classi-ponte». Meglio di me certamente ha scritto «Avvenire» (anch’esso «catto-comunista» come «Famiglia cristiana»?). Rimando le autrici di quella lettera, presumo madri di famiglia che non si firmano, a quegli articoli e le invito alla moderazione. Per parte mia ho sempre condiviso la saggia moderazione della linea editoriale di Toscanaoggi, e sono purtroppo costretto per il prossimo anno a rinunciare ad abbonarmi dopo 10 anni perché sono mutate le condizioni economiche del pensionato «catto-comunista», il quale non potrà accedere alla social card perché munito di un modesto reddito derivato da 40 anni di onorato lavoro e ora non più sufficiente. Continui così e non perderà lettori cattolici che si identificano nella «Christifideles laici», sempre chiamati a «risvegliare nei battezzati la coscienza della propria identità di cristiani e della propria missione nel mondo» (Gaudium et Spes, 69).
Le due lettere si rifanno ad una precedente, pubblicata sul n. 42 del 23 novembre scorso (Classi-ponte e vignette catto-comuniste), con risposta del Direttore Alberto Migone. E a quella risposta rimando per una valutazione più ampia sulla «linea» del settimanale e su quelle critiche che francamente ci sono sembrate ingiuste. Aggiungo qui due piccole noticine. La prima è sulle «classi-ponte». Condivido le osservazioni di Elio Olmi, che tra l’altro è un insegnante. Però è reale la difficoltà di inserimento scolastico di un numero crescente di giovani immigrati, che hanno grosse difficoltà con la lingua italiana. Finora tutto è stato affidato al buon senso e all’impegno dei singoli insegnanti. Le «classi-ponte» sono una soluzione? Per l’esperienza che ho di oltre dieci anni di insegnamento nelle scuole medie, penso che finirebbero per essere dei ghetti ingestibili e degli ostacoli all’integrazione. Ma è anche vero che in paesi civili e dove questi problemi sono arrivati prima, come la Francia, sono state adottate soluzioni di questo tipo. Quello che è assolutamente inaccettabile è l’intenzione xenofoba che aveva spinto la Lega a presentare la mozione alla Camera. Mozione poi approvata con 256 sì, 246 no e un astenuto, ma con alcune modifiche certamente «correttive». Intanto non si parla più di «classi-ponte» ma di «classi di inserimento» e soprattutto si chiede di «rivedere il sistema di accesso degli studenti stranieri alla scuola di ogni ordine e grado, favorendo il loro ingresso, previo superamento di test e specifiche prove di valutazione», mentre in quello presentato dalla Lega al posto di «favorendo» si leggeva un ben più duro «autorizzando». In pratica si chiedeva di non ammettere alla scuola pubblica chi non avesse superato i test!
Quanto all’epiteto «cattocomunista», coniato come ci ricorda il signor Olmi, per polemica contro l’allora sindaco di Firenze, Giorgio La Pira lo trovo davvero squalificante per chi lo usa. Oggi che il comunismo non attrae più le masse, non vedo almeno nel nostro paese cattolici che teorizzino la convergenza tra Cristo e Marx. Se poi con quell’epiteto si vuole dire che siamo di fronte ad un cattolico sensibile ai problemi sociali… allora anziché un’offesa, mi sembra quasi un merito come osserva giustamente il signor Calcagnini. Impressione rafforzata da quanto è successo pochi giorni fa a Milano. Commentando l’ampio «discorso alla città» dell’arcivescovo Dionigi Tettamanzi, in occasione della festa del patrono Sant’Ambrogio, il ministro per la semplificazione, il leghista Roberto Calderoli, non ha trovato di meglio che definire il cardinale «uno degli ultimi baluardi del cattocomunismo», colpevole secondo lui «in un momento in cui la Chiesa di Roma è tornata alla sua missione di guida spirituale e di salvaguardia delle tradizioni» di non spendere «parole quando si tolgono i crocifissi dalle scuole» e di farsi «oggi paladino delle moschee».