Prato

Cintola, settecento anni fa il furto di Musciattino

«Aprite Pistoiesi, ecco la Cintola de’ Pratesi». Chi non conosce il grido di Musciattino davanti alle porte della cinta muraria di Pistoia? Quella frase fa parte dell’immaginario collettivo dei pratesi, dice la storia e l’identità di un popolo, costruite intorno alla reliquia della Cintura di Maria.

La leggenda popolare ha sempre voluto che Musciattino, che era pistoiese, intendesse vendere la reliquia ai suoi concittadini. Si narra infatti che il ladro sacrilego, entrato nell’allora Pieve di Santo Stefano (l’attuale duomo), «Sconficcato l’usciolino che chiudeva la Reliquia» e afferrata la Cintura, cercò di fuggire. Antiche cronache narrano come egli divenisse improvvisamente cieco – per divina punizione – mentre tentava di uscire dalla chiesa e come, girando intorno ai muri del duomo, ma credendo di essere alle mura di Pistoia, gridasse «Aprite Pistoiesi, ecco la cintola de’ Pratesi!».

Acciuffato dai canonici della pieve, a nulla valsero l’immediata restituzione della Cintola e la confessione amara del furto. L’enormità del delitto suscitò nella popolazione sentimenti di orrore e di sdegno e Musciattino fu condannato ad una pena orribile.

In realtà, come ci spiega lo storico don Renzo Fantappiè nell’articolo nel numero di Toscana Oggi di questa settimana, Musciattino – in base agli atti del processo – avrebbe voluto vendere la reliquia ai fiorentini.

Quella vicenda è rimasta nei secoli emblema delle dispute con Pistoia e Firenze.

(dal numero 29 del 29 luglio 2012)