Opinioni & Commenti

Cinquant’anni dopo cosa resta di De Gasperi

di Pier Antonio GrazianiLa voce di De Gasperi pare giungere fioca dal passato di una repubblica che, formatasi nella libertà democratica, è poi appassita per difetto di crescita. Non che manchino commemorazioni paludate, e finanche tentativi di appropriazione indebita. Ce ne sono. Quel che manca è una riflessione sulla cultura politica che De Gasperi espresse al livello più alto dello Stato. Non tuttavia solitario: De Gasperi non era, né si considerava, un demiurgo. Aveva alle spalle un lungo e faticoso processo che aveva portato il movimento cattolico a ridosso, e poi al livello, della politica: laico nel programma ma ancorato ad una ispirazione cristiana che gli dava nome e cognome e lo rendeva visibile di fronte alla cultura collettivista della sinistra e a quella di una destra che nel dopoguerra (l’Uomo Qualunque) predicava, peregrina, lo stato amministrato da un ragioniere in servizio annuale. De Gasperi non recitò, quindi, un monologo su un copione, così come capita a chi guida, a destra o a sinistra che sia, un partito-verità ideologica o più semplicemente un partito con la verità del capo. La cultura democratico cristiana che egli esprimeva non era una camicia di forza, piuttosto il terreno comune di confluenza di esperienze anche diverse ma non contraddittorie; rivoli che venivano da lontano per confluire senza disperdere la loro forza nell’alveo di una comune cultura politica che diede ad un partito di cattolici il ruolo di spina dorsale della repubblica democratica.De Gasperi e i vecchi popolari, La Pira, sindacalisti come Grandi, Giuseppe Dossetti, le giovani generazioni della Fuci (Moro), i professorini della Cattolica (Fanfani, Lazzati).

Gli atti della Costituente fotografano l’articolarsi di questa cultura. La sapiente e lungimirante guida del governo e del partito nelle mani di De Gasperi, mentre i tratti fondamentali della Costituzione recano l’impronta visibile delle giovani generazioni. Una maturità, la loro, formata nell’Azione cattolica, nella Fuci, nelle aule universitarie. Il laicato che usciva dalla minore età e giungeva al livello della politica. Più tardi, il Concilio riconoscerà e stimolerà il laicato all’impegno nel civile e nel politico sotto sua autonoma responsabilità, liberandolo da formali e antiche sudditanze alla gerarchia. Ma anche i Concili non nascono dal nulla. Uno storico laico, Giovanni Spadolini, parla con sorpresa (il Papato socialista) di un ceto politico e amministrativo sbucato apparentemente dal niente dopo il fascismo, in realtà formatosi – riconosce – «in quei centri operosi e fervidi di vita delle associazioni cattoliche».

Non era tuttavia tutto oro quel che riluceva. Fare delle retrovie, e in qualche caso anche delle avanguardie, del mondo cattolico la solida base della democrazia non era impresa proprio scontata. C’era, sì, una sensibilità democratica diffusa ma anche la paura del salto nel buio di chi, temendo il comunismo, poteva essere attratto da scorciatoie illiberali. Come c’erano frange attratte dal comunismo: sarebbe bastato liberarlo dal materialismo dialettico di Marx, dall’ateismo, per farne una comunione laica possibile se non addirittura auspicabile. Il personalismo come fondamento ed antitesi sia all’individualismo sia al collettivismo, la giustizia sociale nella libertà, il solidarismo furono la cultura vincente. E allora perché la voce di De Gasperi giunge oggi fioca? Forse perché è mutato l’habitat in cui quella cultura si sviluppò? Il fatto è che manca nel laicato una lettura aggiornata della lezione di De Gasperi. Che oggi va rapportata all’individualismo liberista, alla globalizzazione lasciata a se stessa e alle disfunzioni e ingiustizie che così provoca, alla società dei due terzi che vive e di un terzo che sopravvive, agli equilibri internazionali in funzione della pace, all’Europa che si blocca.

Anche i maestri – va ricordato – diventano muti se non hanno eredi alla loro altezza, o giù di lì. De Gasperi non fa eccezione. Più che devozione al santo – si teme – a cinquant’anni dalla sua scomparsa, si veneri la sua statua.

De Gasperi, l’artefice della ricostruzione