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Cina, internet censurato

“La Cina ha messo in atto la censura ‘più vasta e dispendiosa di tutti gli altri Paesi del mondo’ contro numerosi siti web di contenuto religioso con base all’estero, ai quali l’accesso è bloccato da un organo speciale di vigilanza”. Lo ha riferito nei giorni scorsi AsiaNews (www.asianews.it), l’Agenzia d’informazione del Pontificio Istituto missioni estere (Pime), rilanciando un’indagine condotta, tra la metà di maggio e la metà di luglio, dal gruppo cristiano d’informazione on-line Forum 18 (www.forum18.org) – un’organizzazione per la difesa dei diritti religiosi con sede in Norvegia – sui controlli esercitati dal governo cinese sulle informazioni religiose via Internet.

Nel periodo preso in esame, fa sapere AsiaNews, in Cina è emerso “un controllo capillare e serrato di Internet, in particolare dei siti che trattano di persecuzione di gruppi cristiani e altre minoranze nel Paese e che per il governo possono implicare questioni politiche, compromettere la stabilità sociale e alimentare tendenze separatiste”. Per padre ANGELO LAZZAROTTO, missionario del Pime, esperto del mondo cinese, “la ricerca fatta da Forum 18 è un prezioso servizio reso alla causa delle libertà individuali. L’aver scoperto che in Cina il sistema di censura rappresenta l’operazione ‘più vasta e dispendiosa di tutti gli altri Paesi del mondo’ non deve far meraviglia, se si ricorda che la Cina è il più grande Paese del mondo, per cui tutto raggiunge proporzioni per noi impensabili”. A padre Lazzarotto abbiamo rivolto alcune domande. Perché controllare siti web di contenuto reli gioso? “Quando ci si chiede perché controllare siti web di contenuto religioso, ci si trova di fronte a un problema che non è solo cinese ma di molti regimi totalitari, compresi quelli di Paesi islamici dominati dal fondamentalismo. Si tratta di scelte politiche, dettate prevalentemente da ragioni pratiche di controllo della società. Come rilevato da Forum 18, il governo cinese si preoccupa specialmente di siti che evidenziano la persecuzione di gruppi cristiani e di altre minoranze nel Paese, in quanto a loro avviso questo potrebbe compromettere la stabilità sociale o favorire forze di opposizione”. Internet è il sistema di telecomunicazioni che permette di ottenere servizi e informazioni in tempo reale. Questa censura è una forma di limitazione della libertà e, in specifico, della libertà religiosa… “Si sa che nella Repubblica popolare cinese, la costituzione approvata nel 1982 prevede anche la libertà di credenza religiosa. Ma, nella logica dell’ideologia che soggiace anche al dettato costituzionale, non si tratta di diritti naturali e inviolabili, bensì di ‘concessioni benigne’ che il potere politico offre ai cittadini, secondo le opportunità e gli interessi dello Stato. Non fa, quindi, meraviglia che anche la libertà religiosa sia limitata e controllata. Nel fatto specifico dell’uso di Internet, di fronte alla iniziativa e vivacità di molti gruppi cristiani che avevano recentemente aperto dei siti di informazione e formazione di carat tere religioso, ci si era illusi forse che fosse sbocciata una nuova primavera di più ampia libertà. Ma, purtroppo, in un regime così, tutti i nodi vengono al pettine della logica autoritaria. C’è solo da augurarsi che intervenga finalmente una decisione politica che riconosca che è tempo di cambiare indirizzo”. Nel mese di giugno il Vaticano ha nuovamente espresso il proprio “dolore” per la custodia da parte della polizia dell’84enne vescovo di Xuanhua e del vescovo coadiutore di Xiwanzi. Perché vengono adottate queste misure nei confronti della Chiesa cattolica? “Per lo stesso motivo! Per controllare le attività religiose, il governo cinese si serve di strutture ‘patriottiche’ fatte nascere all’interno di ciascuna delle cinque religioni riconosciute. Gli individui o le comunità che non accettano quel controllo e che non sono, quindi, riconosciuti dall’autorità (i cosiddetti ‘clandestini’), sono spesso fermati dalla polizia e sottoposti a pressioni o ‘corsi di studio’ per convincerli a seguire le indicazioni del governo e del partito. Sono numerosi anche i gruppi protestanti che subiscono queste misure repressive”. Come vivono le altre comunità religiose in Cina? “Per i buddisti e i taoisti i problemi di questo genere sono meno evidenti, trattandosi di dottrine che non hanno un codice di cre denze così ben definito come il cristianesimo. Nel caso dell’Islam ci sono non poche difficoltà, che trovano espressione specialmente nelle Regioni del Nord-Ovest, come nel Xinjiang. Qui vivono varie minoranze etniche che tradizionalmente professano l’islamismo. Il governo di Pechino è preoccupato di possibili tendenze separatiste di qualche gruppo, raggiunto magari dalla propaganda integralista di certi Paesi arabi”. Dal 7 al 9 luglio si è tenuto a Pechino l’incontro nazionale dei Rappresentanti cattolici cinesi. Di cosa si tratta? “Questa assemblea nazionale convocata a Pechino all’inizio di luglio è stata, secondo l’impostazione giuridica che il regime tenta di dare alla Chiesa in Cina, la suprema autorità per i cattolici. Si tratta del settimo di questi solenni incontri nazionali (era stato posposto lo scorso anno a causa della Sars), e aveva all’ordine del giorno l’emendamento degli statuti dell’Associazione patriottica e della Conferenza episcopale cinese, oltre all’elezione del nuovo vertice dei 2 organismi per i prossimi 6 anni. Su 262 rappresentanti venuti da tutto il Paese, i vescovi presenti erano circa 40. Le autorità cinesi vorrebbero imporre una ‘gestione democratica’ alla Chiesa, che non corrisponde ovviamente alla volontà di Gesù per la Sua Chiesa, affidata a Pietro e ai successori degli apostoli, cioè ai vescovi. I discorsi che le supreme autorità politiche si sono premurate di fare all’assemblea hanno evidenziato ancora una volta la precaria situazione della Chiesa in Cina. Il governo comunista mira a staccare la Chiesa dall’autorità del Papa. Per questo, vorrebbe controllare completamente la nomina e la consac razione dei vescovi, mentre continua ad accusare il Papa di ‘interferire negli affari interni’ del Paese quando esercita la sua responsabilità di pastore supremo. Occorre pregare affinché si possa presto aprire un vero negoziato tra Pechino e la Santa Sede, che porti le autorità di quel Paese a riconoscere la vera natura della Chiesa e a convincersi che non hanno nulla da temere riconoscendo ai cattolici cinesi la stessa libertà di cui godono nel resto del mondo”.C.V.