Vita Chiesa

CINA: COLLOQUIO EUROPEO, PRETI E SUORE CINESI, RISVEGLIO DI VOCAZIONI MA TANTE DIFFICOLTÀ

Suore e preti in Cina, oppure a studiare in Europa, per avere una migliore formazione spirituale e umana. Vite ed esperienze non facili, nonostante il forte risveglio delle vocazioni: tante storie raccontate in questi giorni durante il VII Colloquio europeo dei cattolici in Cina, promosso dal Pime (Pontificio istituto missioni estere) a Triuggio (Milano). Suor Mary (il nome vero è omesso per sicurezza) ha detto che “il fermento religioso nei conventi è così grande che, incrociandosi con i vecchi stili di vita, si rischia la rottura”. Questa infatti è “la prima generazione di religiose completamente cinesi”: al 2004 erano 5.200 in 60 diocesi, di cui 1.600 novizie. Ma i problemi riguardano soprattutto i rapporti con il vescovo (a cui spettano le decisioni sulle congregazioni, tutte nate di recente), la “mancanza di un carisma e di una identità” perché non volute da un fondatore ma dalle diocesi, e le lacune nella formazione umana e spirituale. “Molte vengono da zone rurali e non sanno bene cosa sia la vita consacrata – spiega – alcune pensano sia un modo per salire la scala sociale o per studiare”.

Altro problema sentito è che “nella cultura cinese la leadership femminile non è presa sul serio”. Ma nonostante ciò, conclude, “la testimonianza di queste giovani sorelle ci invita a guardare alla fede non come a un sistema di leggi e credenze ma attraverso un’etica di amore, cura e relazioni umane”.

In Europa, invece ci sono 387 studenti cinesi in teologia (provenienti sia dalla Chiesa ufficiale sia dalla non ufficiale), come citato da padre Jean Charbonnier, che si occupa a Parigi della loro formazione. Anche padre Charbonnier non nasconde le difficoltà, soprattutto di tipo culturale e relazionale, che scaturiscono dall’impatto con uno stile di vita occidentale secolarizzato e libero. Tanti abbandonano, ma la maggior parte continua gli studi, anche se “sarebbe meglio che prima di venire in Europa avessero almeno delle conoscenze a livello universitario, altrimenti non sono pronti a diventare agenti di scambio interculturale, utili per fare da ponte tra le Chiese europee e le numerose comunità di migranti cinesi”. Un esempio curioso tra i tanti, che evidenzia le differenze culturali: “Il modo in cui i docenti europei presentano le conoscenze è critico e interrogativo. Gli studenti cinesi – racconta – non capiscono perché il professore pone loro delle domande quando il loro compito è quello di sapere le risposte!”. Per il futuro, p. Charbonnier suggerisce alle Chiese europee “di aprire alla presenza di preti cinesi che sappiano parlare la lingua del Paese di accoglienza, abbiano un’apertura mentale e abilità comunicativa, in modo da creare un legame tra le due culture”. Sir

Cina, speranze e fatiche della Chiesa «clandestina»