Toscana
Ciminiere spente in Toscana così soffre la grande industria
Il resto è minutaglia (lo diciamo con rispetto, non con disprezzo). Una minutaglia che comprende aziende con migliaia di dipendenti e fatturati milionari, ma che non riescono ad andare oltre le dimensioni medie. Nel corso degli ultimi anni si è quindi ridotto ulteriormente il peso dell’industria con la conseguenza che la crisi non ha fatto altro che accelerare quel processo di trasformazione del sistema toscano, già avviato negli anni precedenti, e che era alla base delle preoccupazioni sul futuro dell’economia regionale.
Molte speranze erano riposte, e in parte lo sono ancora, nei distretti industriali dove sono presenti in larga parte le piccole e medie imprese (specializzate spesso in produzioni tradizionali), le principali protagoniste del “miracolo economico” toscano. Questo modello di sviluppo è riuscito a fare dell’elasticità della piccola e media impresa l’arma vincente, ma negli ultimi anni (ancora prima della recente crisi) è apparso in difficoltà suggerendo l’ipotesi di un loro presunto declino.
Si può invertire il processo di deindustrializzazione? Secondo Stefano Casini Benvenuti, direttore dell’Irpet (l’istituto per la programmazione economica) è possibile, costruendo condizioni più favorevoli per investire nell’industria, e favorire la nascita di nuove imprese.
Si possono riaccendere le ciminiere dalla Toscana industriale, ma se non si interverrà si prospetta un futuro non proprio esaltante per la Toscana, che corre il rischio di perdere rami importanti in alcuni settori strategici per l’industria del futuro. Anche perché le alternative, seppure importanti, non possono essere solo la moda, i porticcioli o gli agriturismo.