Dalla collaborazione tra il Ministero per i Beni culturali e la Santa Sede è nato un progetto triennale di grandi esposizioni dedicate alle origini della pittura cristiana in Occidente. Prima tappa: Cimabue a Pisa.La pittura pisana del Duecento da Giunta a Giotto. La serie di esposizioni Alle origini della pittura sacra in Occidente, hanno luogo quest’anno a Pisa (Museo nazionale di San Matteo), nel 2006 nella Città del Vaticano (Braccio di Carlomagno) e successivamente in altre sedi in Italia meridionale e nelle Venezie.L’opportunità di avere in prestito a Pisa un’opera prestigiosa e sinora poco nota di Cimabue la Madonna in trono con Bambino e santi conservata alla National Gallery di Londra offre l’occasione di presentare le più recenti novità scientifiche sulla pittura pisana della seconda metà del Duecento.Questa fu un’epoca cruciale per la pittura in genere e specialmente per la città di Pisa, in cui il grande artista fiorentino lavorò più volte e vi morì nel 1302, mentre realizzava il mosaico della Cattedrale. Non va dimenticato che questa è la sola opera documentata di Cimabue, grazie alla quale è stato ricostruito il catalogo dell’artista.Restauri e studi recenti hanno di fatto raddoppiato il numero di opere note compiute a Pisa o dai Pisani, ritrovando nuovi dipinti sia in città e nel territorio, sia in collezioni pubbliche o private, come si è verificato anche nel campo della scultura lignea medievale (Sacre Passioni. Scultura lignea a Pisa dal XII al XV secolo ). L’esposizione sulla scultura lignea, tenutasi nel Museo nazionale di San Matteo tra il 2000 e il 2001, ha contribuito a orientare l’attenzione della critica e del più vasto pubblico, non solo a livello nazionale, sul patrimonio artistico della città e su quanto si conserva nei suoi Musei.La mostra Cimabue a Pisa. La pittura pisana tra Giunta e Giotto intende presentare quanto resta della feconda e raffinata produzione pittorica in città in un arco cronologico di circa 50 anni, vale a dire da Giunta Pisano il più grande e innovativo pittore della prima metà del Duecento fino all’arrivo dell’opera di Giotto, raffigurante San Francesco che riceve le stigmate (oggi conservata al Museo del Louvre), eseguita per l’omonima chiesa cittadina. Un panorama, questo, che appare ricchissimo, basti pensare che nella medesima chiesa pisana si trovava un’opera di Cimabue, oggi anch’essa al Museo del Louvre, e numerose altre opere a fondo oro attestate da fonti antiche.Ad essere esposte nel Museo nazionale di San Matteo un centinaio di opere di altissima qualità, provenienti da chiese, musei e biblioteche di Pisa e provincia, ma anche opere pisane rinvenute in collezioni straniere. Innanzitutto il dittico, recentemente attribuito a Cimabue, composto dalla piccola tavola della National Gallery di Londra sopra citata e dalla Flagellazione conservata alla Frick Collection di New York. Sarà questa la prima volta in cui il dittico verrà ricomposto e presentato al grande pubblico. Altri inediti saranno il Crocifisso del Cleveland Museum of Art con la firma frammentaria di un sinora ignoto Michele di Baldovino e il terminale di Croce dipinta che si trova al Museu de Baleas Artes di Rio de Janeiro. Dalla Gemäldegalerie di Berlino giungeranno due tavolette di Deodato Orlandi, dal Lindenau-Museum di Altenburg un’altra tavola del pittore lucchese, mentre dai Musei Vaticani il dossale con San Francesco e storie di Giunta Pisano . Per la prima volta queste opere si ripresenteranno in Italia dopo la loro dispersione.Importanti dipinti giungeranno inoltre da chiese e musei nazionali: dalla Basilica di San Giovanni in Laterano l’affresco staccato raffigurante Bonifacio VIII che indice il Giubileo di Giotto, dai Musei fiorentini un’opera di Giotto, dal Museo del Bargello la Madonna col Bambino e storie mariane, dal Museo di Brera il San Verano con storie, dal Duomo di Piazza Armerina la Madonna delle Vittorie e dal Palazzo Arcivescovile di Oristano il Polittico di Memmo di Filippuccio .Di particolare rilevanza saranno inoltre i collegamenti con: la cattedrale, dove il catino absidale conserva il grandioso mosaico completato da Cimabue nel 1301; a quest’opera aveva lavorato il grande, sebbene ancor oggi poco noto, Francesco da Pisa e in seguito Vincino da Pistoia le chiese dell’immediato interland della città, che conservano cicli a fresco di recente o per l’occasione restaurati: ad esempio l’Annunciazione del tardo Duecento e il grande ciclo con le Storie di San Pietro realizzato da Deodato Orlandi nella Basilica di San Piero a Grado, quello con la Crocifissione e Santi da poco affiorato nella chiesa di San Giovanni a Ghezzano (San Giuliano Terme), quello rinvenuto sulle pareti della chiesa di San Michele in Borgo e quello, per la gran parte riportato alla luce in questi anni, sulle pareti della pieve di Vicopisano; le pressoché inedite pagine di pittura, costituite dagli affreschi staccati da edifici civili ed ecclesiastici conservati nei depositi del Museo nazionale di San Matteo o ancora in situ all’interno dell’edilizia civile della città, in gran parte facilmente accessibile perché pervenuta in proprietà pubblica.Si intende esporre anche un’ampia documentazione della produzione artistica nel settore delle arti applicate e della miniatura: la grande croce reliquiario in cristallo, i corali e gli Exultet miniati provenienti dalle chiese di San Nicola, di San Francesco, di Santa Caterina e dal Duomo di Pisa, e una copiosa serie di sigilli in bronzo di Confraternite e della città di Pisa, per la maggior parte inediti e oggetto di recenti restauri. Si tratta di preziose testimonianze di un’attività pittorica pisana che, anche nell’ambito della miniatura e degli arredi sacri, raggiunse punte di altissimo livello.La mostra potrà perciò evidenziare il ruolo nodale svolto dalla cultura artistica pisana nel secondo Duecento, ruolo abbastanza noto ai più per quanto riguarda la scultura nei suoi aspetti salienti, meno per la pittura. Eppure, è proprio grazie alla presenza di Giunta di Capitino e dei numerosissimi pittori che secondo i documenti hanno popolato in gran numero le botteghe della città nel periodo esaminato, che Pisa si configura come un punto di riferimento per il formarsi e lo svolgersi dell’attività pittorica in vari centri italiani e, per alcuni aspetti, per le ricerche dello stesso Cimabue, condotte in parallelo con quelle del così detto Maestro di San Martino, che di recente si tende a identificare con il pisano Ugolino di Tedice . Pisa si configura quindi come uno dei centri più importanti e precoci nella tramitazione in Italia ed in Toscana delle più aggiornate ricerche dell’arte bizantina, anche in conseguenza delle sue intense frequentazioni commerciali, politiche e militari nell’area, ma anche per l’arrivo di artisti (scultori e pittori) costantinopolitani agli inizi del Duecento.In collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure, la mostra intende anche collegarsi con le ricerche che si sono avviate sulle tecniche di esecuzione dei dipinti dell’epoca e suoi loro supporti. A latere della mostra si sta organizzando, in collaborazione con la Società storica pisana, un convegno di carattere storico, scientifico e letterario, che illumini la cultura pisana dell’epoca da vari punti di vista; in quell’epoca, infatti, il ruolo di Pisa fu non marginale nell’ambito letterario (poesia, trattatistica religiosa e filosofica, ecc.) e scientifico.Nell’ottica di presentare le opere in tutti i loro aspetti connotativi, si sono anche sviluppate ricerche per altro già avviate in occasione della mostra Sacre Passioni sull’uso delle opere d’arte intese come oggetti di culto, indagandone le relazioni con i fondamenti teoretici e teologici del tempo attraverso gli specialisti del settore individuati dalla Pontificia Commissione per i Beni culturali della Chiesa. La Santa Sede ha così aderito sia al Comitato promotore sia al Comitato scientifico della mostra. È stato chiesto l’Alto patronato della Presidenza della Repubblica, ed il patrocinio della Regione Toscana, della Cei e dell’Università di Pisa.La schedaCenni di Pepo, detto Cimabue, nacque a Firenze nel 1240 circa. Non si hanno notizie certe della sua giovinezza e difficile risulta ricostruire la cronologia delle opere da lui realizzate, ma dalle quali è possibile disegnare un chiaro profilo della personalità di questo artista. Cimabue opera in una corrente artistica ancora legata al classicismo bizantino, elaborando però un suo personale linguaggio nel quale la rappresentazione degli eventi sacri avviene in maniera più vicina la mondo reale.Tra le prime opere da lui realizzate abbiamo il Crocifisso di San Domenico ad Arezzo probabilmente dipinto tra il 1265 e il 1268 e il Crocifisso di Santa Croce a Firenze, entrambi ancora legati alla rappresentazione bizantina delle immagini sacre, nei quali però vi è già un intento di rappresentazione drammatica della scena che supera gli schemi bizantini.Nel 1270 circa, dipinse la Maestà che oggi si trova al Louvre, nella quale ancora chiaro appare l’intento di superare l’astrazione formale delle immagini bizantine, anche se la figura della Madonna appare come sospesa più che seduta sul trono, avvolta in panneggio a pieghe sottili.Tra il 1277 e il 1280 lo troviamo ad Assisi dove esegue nella basilica superiore, gli affreschi delle volte e delle pareti del transetto; più precisamente: Evangelisti nella volta della crociera, Storie della Vergine nel coro, Scene dell’Apocalisse, Giudizio e Crocifissione nel braccio sinistro del transetto, Storie di S. Pietro nel braccio destro. Coevi sono l’affresco della Madonna, San Francesco e angeli , che si trova nella Basilica inferiore e il San Francesco che si trova al museo della Basilica di Santa Maria degli Angeli. Probabilmente datata al 1279 è la Maestà di Santa Trinità che oggi si trova agli Uffizi. La composizione del dipinto è frontale e simmetrica, la figura della Madonna però assume un aspetto più umano perdendo il valore astratto tipico delle rappresentazioni bizantine.Posteriore a questo dipinto è la Maestà della chiesa dei Servi a Bologna e il mosaico del San Giovanni del Duomo di Pisa eseguito nel 1301.Cimabue morì a Pisa nel 1302.