Lettere in redazione
Chiese blindate contro i poveri
Mi chiedo se questo «segno dei tempi» non vada contro il messaggio evangelico dell’accoglienza: «Venite benedetti dal Padre mio, perché ero povero, emarginato e mi avete accolto» (Mt. 25, 34-36). Nella mia città, addirittura, si sta blindando il Duomo. Oltretutto ciò avviene nella «vacatio episcopalis».
Il rapporto sulla criminalità in Italia, presentato recentemente dal Ministro Amato, al di là dei numeri, che non possono non preoccupare, evidenzia che più di un italiano su quattro ha la sensazione di essere in pericolo. E non è questione di Nord o Sud. L’aumento dei reati, soprattutto di quelli che a torto qualcuno si ostina a chiamare «minori», viene molto spesso attribuito agli «altri», identificati per lo più negli immigrati, anche se la percentuale di devianza è uguale a quella dei cittadini italiani.
Il discorso è ovviamente molto diverso sono sempre parole di Amato in ordine «ai flussi migratori clandestini, in cui si concentrano irregolarità e devianza».
È indubbio comunque che «la nostra società è diventata più timorosa, che la fiducia è scomparsa, che la paura ci è compagna quotidiana, che il sospetto ci fa trepidare». Sono queste le considerazioni con cui Giuseppe Anzani commentava sul n. 25 del nostro Settimanale i dati emersi e concludeva che la strada lunga, ma vincente, è il recupero di una cultura della legalità, che purtroppo si è molto attenuata nel sentire comune. Reprimere non basta, anche se è necessario. Ma preoccupa e impensierisce anche il crescente degrado delle nostre città, che coinvolge spesso i monumenti più significativi, fatti segno di autentici sfregi, comprese le nostre Chiese, soggette sempre più frequentemente a furti, mentre i sacrati diventano bivacchi, non certo di poveracci che non sanno dove andare a dormire.
Questo costringe a delle restrizioni anche dolorose, come una apertura delle Chiese limitata allo svolgimento delle funzioni ed anche a ricorrere a protezioni esterne che ne proteggano la sacralità e il decoro.
L’importante però, e qui concordo con lei, caro Jardella, è che la paura non chiuda il nostro cuore e che le cancellate non ci separino da chi ha veramente bisogno di aiuto. Il rischio c’è, anche se è più a livello di singoli perché la Comunità cristiana in quanto tale non è certo insensibile alle povertà vecchie e nuove e la sua Diocesi ne dà prova, al di là della cancellata, oggetto della sua disapprovazione.