Non c’è opposizione tra virtuale e reale. Il contrario del virtuale non è il reale ma piuttosto ciò che è attuale. Il virtuale rappresenta dunque una forma potenziale, nel senso che può lievitare fino a stabilire un legame sociale. Questa una prima conclusione del convegno nazionale, promosso dall’Ufficio per le comunicazioni sociali e dal Servizio informatico della Cei, sul tema Chiesa in rete 2.0. A tracciare un bilancio dei lavori che si sono conclusi ieri a Roma è don Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio Cei per le comunicazioni sociali. In un’intervista al SIR, Pompili spiega che la prima acquisizione emersa durante l’incontro è che non bisogna scegliere tra virtuale e reale ma semmai integrare. Sono due esperienze che, in qualche modo, si completano a vicenda; l’importante è che dalle connessioni telematiche si giunga a delle relazioni compiute. A questo dato, prosegue il direttore dell’Ufficio Cei, si aggancia una seconda conclusione: l’individualismo networkizzato (secondo la definizione del sociologo Castells) dice che certamente la fruizione quotidiana di Internet è fatta da singoli individui ma paradossalmente questa produce relazioni. L’individualismo può essere superato attraverso una trama di socialità che è propria dei social network, come avviene con Facebook, dove più che lo scambio di semplici contenuti ci s’incontra personalmente. La terza conclusione del convegno, prosegue Pompili, è che, in ambito ecclesiale, bisogna curare l’identità, ma anche i linguaggi. Ancor prima di navigare occorre avere un’identità precisa e, per questo, riconoscibile. Questo vuol dire utilizzare tutti i linguaggi che la tecnologia oggi offre. La disanima dei siti presenti nelle diverse realtà ha mostrato una ricchezza impressionante di linguaggi. C’è una grande creatività diffusa: attualmente sono in Rete circa 12 mila siti cattolici. Questo dà la misura di quanta ricchezza ci sia”. La Chiesa, quindi, è presente nel Web con diverse iniziative: secondo un’indagine sulle parrocchie italiane e Internet, commissionata dall’associazione webcattolici (www.webcattolici.it) e presentata durante il convegno, il 16% delle 26 mila parrocchie ha un proprio sito e 7 su 10 hanno una connessione ad Internet. La Chiesa spiega il direttore dell’Ufficio Cei intende abitare il nuovo territorio virtuale. Nella Rete vogliamo «starci» e non «capitarci». La Rete è una scelta e non semplicemente un caso. Per Pompili, il virtuale rappresenta il luogo dove poter incontrare molte persone, in particolare i giovani. Prescindere da Internet conclude il direttore vorrebbe dire precludersi di dialogare con le generazioni più digitali.Sir