Lettere in redazione
Chiesa-impresa? Gesù non lo voleva
Solo una malattia mi ha impedito di mandarvi subito un’email appena letta la lettera di Giuseppe Bronzi dal titolo «La Chiesa gestisce con spirito imprenditoriale» (male, aggiungo io, Gesù non l’aveva di certo fondata per questo). Già il titolo mi aveva fatto rizzare i capelli. Poi leggendo la vostra risposta mi sono aumentati quelli bianchi.
Io nelle sue condizioni a tutti avrei telefonato fuorché ad un organismo della Chiesa per tentare d’avere una casa con un affitto più basso, ma pazienza, si vede che quel signore ha nella Chiesa un’immensa fiducia che io non ho. Meglio telefonare ad un’assistente sociale ed alla fine anche al sindaco. A tutti fuorché alla Chiesa.
La cattiva ed assai maleducata risposta è poi la quintessenza di come certi organismi la facciano da padrone e se la prendano con arroganza proprio con i più deboli. Un NO detto con garbo e comprensione non risolve il problema, ma per lo meno non offende e non mortifica.
Quello che più mi ha profondamente ferito è la vostra difesa d’ufficio della Chiesa nel settore amministrativo-economico. Li leggete i giornali? Siete conoscenza delle storie su Propaganda Fide? Di quanti immobili possiede questo ente solo nella città di Roma e di come li gestisce a suo piacimento anche a prezzi molto bassi se gli è simpatico l’eventuale inquilino o se spera che detto inquilino gli dia qualcosa in cambio? Ed in fatto di «mantenere i sacerdoti» le racconto qualche fattarello. Da anni qui da noi in parrocchia sono venuti a dare una mano, soprattutto in estate e durante le feste di Natale sacerdoti neri africani che stanno finendo di studiare in qualche università teologica di Roma ed ultimamente anche di Firenze. Ebbene uno di loro, il primo che arrivò qui fu un giovane prete del Mozambico. Io ho per amico e direttore spirituale da quando ero una ragazzina di soli 16 anni don Renzo Rossi, che lo conosceva bene mi disse se con altra gente della parrocchia o a livello personale gli avessi messo insieme qualche soldino «perché è poverisimo, non ha un soldo nemmeno per comprarsi un libro o un paio di calzini». E così fu fatto, anche dopo, durante l’anno con l’aiuto della mia numerosa famiglia.
Tempo fa ne venne uno invece che proveniva dal Rwanda. Aveva guai fisici agli occhi, ai denti ed alla schiena. Impedita io a muovermi fra Usl e dottori e farmacie ci fu in parrocchia, grazie al cielo chi provvide almeno per occhi e denti. Noi ed altre brave persone ci divertimmo invece a portarlo in giro per la nostra terra perché non la conosceva neanche un po’. Ricordo la sua felicità di quando lo portammo a Vinci del quale egli sapeva solo essere la terra natia del grande Leonardo.
Ora io non dico che la chiesa istituzionale diventi un’agenzia di viaggi per portare in giro i preti africani, indiani, vietnamiti e neppure che diventi un ambulatorio medico per sacerdoti studenti a Roma o Firenze, ma sapendo le condizioni economiche di questi ragazzi così ristrette sia in patria e di più all’estero mi domando se con la vendita di uno dei famosi palazzi di Propaganda Fide, invece che affittarli o venderli ai politici con il ricavato non potrebbe provvedere almeno alle cure fisiche? Dalla vostra risposta emerge proprio la Chiesa come un’azienda vedi Propaganda Fide ed i suoi traffici che deve per forza far quadrare il bilancio. Me ne dispiace molto. Ribadisco con molta amarezza che io credevo fosse un’altra cosa.
La sua lunga lettera, che ho dovuto un po’ riassumere, testimonia, cara Luigia, il disagio di tanti credenti di fronte agli scandali veri o presunti che in questi ultimi tempi hanno lambito anche la Chiesa e che hanno trovato ampia eco sui media. L’indignazione e lo smarrimento ci portano a fare di ogni erba un fascio e a vedere il male ovunque. Si arriva a dire, come fa lei, che se uno ha bisogno, fa bene a rivolgersi a chiunque «fuorché alla Chiesa». Dimenticandosi che la Chiesa sono anche i tanti volontari che in nome di Gesù assistono i malati, gli anziani, gli handicappati, chi è in situazioni di abbandono, chi si è perso per la droga o l’alcol. Sono Chiesa i tanti sacerdoti che spendono la loro vita per il Vangelo, che muoiono per testimoniarlo con la loro vita, anche in terre lontane. Preti come don Renzo Rossi, che lei cita e che anch’io ho avuto la grazia di avere per parroco per qualche anno. Sono Chiesa le religiose o i monaci che hanno scelto di consacrare la loro vita al silenzio e alla preghiera. La Chiesa è anche lei, quando con la sua comunità si è presa carico di un sacerdote africano. È un corpo mistico in cui il bene fatto da chiunque dei suoi membri arricchisce tutti, come al contrario il male commesso anche da uno solo impoverisce tutti.
Detto questo, veniamo al «nocciolo» del suo ragionamento. Da sempre la Chiesa, che non è stata voluta per gestire i beni della terra e su questo, ovviamente, sono d’accordo con lei si è interrogata sul rapporto che deve avere con il denaro e i beni terreni. Ne troviamo conferma fin dagli Atti degli Apostoli. E nei secoli i cristiani si sono divisi e persino combattuti per questo motivo. Il discorso sarebbe molto lungo e complesso. Ma non c’è dubbio che come ci ricorda la «Gaudium et Spes» (88) «Lo spirito di povertà e di amore è (…) la gloria e la testimonianza della Chiesa di Cristo». Conciliare questo con il possesso e l’amministrazione di beni terreni non sempre è facile, anche se necessario. Proprio il caso che lei cita ne è la riporova. Se «Propaganda Fide» ha amministrato male il suo patrimonio ce lo diranno speriamo le inchieste sia della magistratura che interne alla Chiesa. Ma quel patrimonio, assieme alle offerte raccolte in tutto il mondo nella Giornata missionaria mondiale, ha un’unica ragion d’essere: serve a sostenere l’opera di evangelizzazione e la cooperazione tra le Chiese. I seminari dell’Africa vanno avanti anche grazie a quei fondi, che permettono anche ai sacerdoti stranieri come quelli che lei ha conosciuto e aiutato di venire qua in Italia a studiare. Non scandalizziamoci allora perché l’istituzione Chiesa è proprietaria di case e palazzi. Chiediamo però, da fratelli nella fede, che lo faccia con trasparenza e «spirito di povertà e di amore».