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CHIESA E UNIVERSITA’: CONVEGNO CEI, L’IDENTIKIT DEGLI STUDENTI TRA DISAGIO E SOLITUDINE

Residenti in famiglia nella sede dell’ateneo, “pendolari quotidiani”, studenti a tempo pieno o a tempo parziale con lavori saltuari, a totale o a parziale carico delle famiglie… L’“identikit” dello studente universitario medio di oggi è molto variegato, ha fatto notare Alessandro Cavalli, docente di sociologia dei processi culturali all’Università di Pavia, intervenendo questo pomeriggio al Convegno Cei su “Chiesa e università: comune impegno per l’uomo”, in corso a Montesilvano (Pescara) fino al 14 maggio. ”Nella situazione attuale delle università italiane – ha aggiunto il relatore – si manifestano evidenti segnali di disagio”, tra cui l’elevato tasso di abbandono (“si calcola che siano circa 4 milioni i cittadini italiani che negli ultimi vent’anni si sono iscritti ad un corso universitario senza concluderlo”) o il prolungamento eccessivo dei percorsi di studio “non giustificati dalla condizione lavorativa”. Secondo il sociologo, “c’è una quota di studenti che incontra difficoltà di adattamento e vive un’esperienza di abbandono e di solitudine”, ad esempio per “scelte di corsi di studio fatte senza un’adeguata valutazione delle proprie capacità” e per l’assenza nel nostro ordinamento di “un canale di istruzione superiore di tipo tecnico-professionale”.

In una società che “non è più capace di mediare i codici, i valori e i comportamenti che strutturano la libertà”, è necessario “ritrovare una concezione non paternalistica dell’autorità educativa”. Ne è convinto mons. Franco Giulio Brambilla, docente di antropologia teologica al Seminario arcivescovile di Venegono Inferiore, che si è soffermato sul concetto di “buona autorità”.Sir