Italia
CHIESA E SHOÀ: RELIGIOSE ED EBREI, 4300 FURONO ACCOLTI IN 133 ISTITUTI FEMMINILI
Catacombe trasformate in rifugi, soffitte e sottoscala occultate da porte cieche o da armadi, cunicoli sotterranei e antiche porte romane utilizzate come vie di fuga, dopo l’allerta dato da segnali stabiliti come la campanella del convento, che avvisava dell’arrivo delle perquisizioni dei tedeschi: sono alcuni degli espedienti usati dalle religiose romane per ospitare migliaia di ebrei perseguitati durante la seconda guerra mondiale.
Una ricerca storica seria e documentata è stata fatta da suor Grazia Loparco, della Pontificia facoltà Auxilium di Roma, e illustrata oggi al convegno dell’Associazione italiana dei professori di storia della Chiesa su Le donne nella Chiesa in Italia. In quel periodo le case religiose femminili a Roma erano 475, appartenenti a 274 istituti. I religiosi possedevano invece 270 comunità, che facevano capo a 146 istituti maschili. La documentazione disponibile riguarda un terzo dei 745 istituti totali, cioè 200 comunità, di cui 133 femminili. Questi ospitarono 4300 ebrei, ma c’è ancora incertezza sui numeri. La religiosa ha raccontato che la Santa Sede incoraggiò l’ospitalità degli ebrei e la maggioranza delle case religiose spalancò le porte di fronte a questa assurda ingiustizia. Il governo italiano le accusò anche di nascondere ebrei e disertori in nome di una malintesa carità’.
Fu così che le comunità religiose cambiarono i loro ritmi di vita, modificando gli ambienti (ad esempio le aule scolastiche di notte si trasformavano in dormitori) e le abitudini (sistemi di controllo continuo 24 ore su 24 e inventarono nuovi lavori e occupazioni per gli ospiti). Vennero superati anche “i vecchi pregiudizi” e nacquero molte belle amicizie. Gli ospiti ebrei, compresi i bambini, venivano nascosti o mischiati con altri, magari attribuendo loro anche identità false. “Alcune donne si vestirono da suore o da postulanti – ha detto -. Oppure passavano per infermi, educande o poveri”.