Lettere in redazione

Chiesa e Islam, dialogo necessario

Caro Direttore,il discorso di Benedetto XVI a Ragensburg e le conseguenti proteste da parte del mondo musulmano, che si è sentito offeso dalle parole papali, ha portato prepotentemente, per certi versi positivamente, alla ribalta il tema del rapporto tra i cristiani, in particolare cattolici, e l’Islam; ne sono testimonianza le numerose lettere, alcune ragionevoli, altre dal tono apocalittico, pubblicate nella rubrica della posta (n° 34).

Il dialogo cristiani-islamici, a mio modo di vedere, si presenta non solo indispensabile, ma addirittura inevitabile per la costruzione di un mondo, come dice lo stesso Santo Padre, in cui la persona umana sia al centro delle scelte di tutti. Nessuno può negare, infatti, che lo stesso Corano esalti la sacralità dell’uomo. Il nostro interrogativo, quindi, non è se sia opportuno o meno istaurare delle relazioni con i musulmani, ma come e seguendo quali strade tali relazioni siano concretizzabili. Uno scontro di civiltà, così come i soliti «falchi» vorrebbero fomentare, non è assolutamente auspicabile, perché condurrebbe al caos più totale. Perciò, cerchiamo di aprire le nostre menti, evitiamo gli inutili allarmismi, le manie di persecuzione e di «invasione», le dichiarazioni più o meno esplicite di nuove crociate e, invece, prendiamo coscienza di quella che è la nostra storia di cristiani, gli errori, tragici, che abbiamo compiuto nei secoli passati, rinnegando il Vangelo.

In questo modo, comprenderemo certe reazioni da parte di un mondo, quello dei seguaci di Maometto, che ha ancora bisogno di compiere quella sofferta maturazione che noi cristiani abbiamo eseguito (sebbene barlumi nefasti d’odio permangano e si manifestino ciclicamente), un’evoluzione verso la tolleranza e il rispetto di chi professa altre religioni. Non sono la teologia o le sacre scritture in sé e per sé che portano i fedeli di una religione a disprezzare gli altri; è l’ignoranza, la mancata conoscenza di chi sta loro vicino. Chissà che la nostra missione di cristiani del Terzo millennio non sia proprio quella di farci testimoni di pace e di concordia aiutando il mondo islamico a uscire da certe chiusure e dalla nefasta presenza dei «falchi».Alessandro RiccomiUzzano (Pt) Le polemiche sul discorso del Papa a Ragensburg (o Ratisbona) – spesso strumentali e ingiuste e sulle quali ho già espresso il mio pensiero nel fondo sul n. 34 – hanno comunque riportato alla ribalta il tema del rapporto tra Cristianesimo e Islam con la consapevolezza che l’incontro e non lo scontro è la via per «favorire la pace e la comprensione tra i popoli e tra gli uomini». Di qui la necessità del dialogo, perseguito con ferma costanza, con apertura di mente e di cuore, unite però – come ha ricordato Benedetto XVI nella catechesi di mercoledì 11 ottobre – «al dovere di ripensare e di evidenziare sempre con altrettanta forza le linee maestre e irrinunciabili della nostra identità cristiana».Perché tutto questo avvenga c’è però una sfida, che il mondo musulmano deve affrontare e che lei, caro Ricconi, ben evidenzia e consiste «nella sofferta maturazione e nell’evoluzione verso la tolleranza e il rispetto per chi professa altre religioni». È quel cammino faticoso – e per certi aspetti, doloroso – che anche i cristiani hanno compiuto nel tempo.Ma è proprio questo che gli integralisti islamici non vogliono e temono, anche se qualche segno di questa riflessione già si può cogliere, soprattutto in alcuni intellettuali. Ma, a giudizio di molti, ne saranno protagoniste, soprattutto le donne che, con l’accesso – non sempre facile e non ovunque possibile – agli studi superiori e alle professioni, si mostrano sempre più insofferenti a norme che attengono più alla tradizione che al Corano. Compito nostro è anche aiutare e facilitare questo cammino che non sarà facile, ma che non potrà essere a lungo rimandato.

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