Una veglia penitenziale oggi pomeriggio, nella chiesa di Sant’Ignazio, nel centro di Roma, durante la quale sette membri della Chiesa a nome di diversi gruppi domanderanno perdono a Dio e alle vittime per gli abusi pedofili e le colpevoli negligenze. Sarà questo il momento culmine del simposio internazionale Verso la guarigione e il rinnovamento, in corso all’Università Gregoriana di Roma. Sarà letto un testo molto profondo, molto chiaro ed esplicito, dice padre Hans Zollner, presidente del Comitato organizzativo del simposio, prima che una vittima chieda, da parte sua, a Dio la forza di perdonare. E oggi al simposio è stato il giorno in cui di fronte a vescovi e superiori religiosi di tutto il mondo ha preso la parola una vittima. Si tratta di Marie Collins, irlandese, vittima di abusi sessuali da parte di un cappellano in ospedale all’età di 13 anni, oltre cinquant’anni fa. Forse non saranno tutti d’accordo con me ha detto Marie Collins questa mattina ai giornalisti in conferenza stampa e sta a ciascuna delle vittime se concedere o meno la richiesta di perdono, ma il fatto che la Chiesa lo stia chiedendo, è importante. È segno di un tempo di cambiamento. Nelle sue risposte, Marie Collins usa spesso la parola speranza: apprezza il fatto che uno degli obiettivi del simposio sia quello di guardare al futuro e andargli incontro. Confessa ai giornalisti quanto sia stato difficile oggi prendere la parola di fronte ad una platea dove è rappresentata la leadership della Chiesa di tutto mondo. Ma che ne è stata comunque felice. Ora quello che Marie Colins ha più a cuore è il futuro e la volontà da parte della Chiesa di garantire la massima protezione dei bambini. Per questo motivo dice di guardare al simposio come ad una iniziativa positiva. Esprime anche gratitudine per il Papa. Il Papa ha detto è dietro a questo simposio. È stato il primo a dare l’esempio mettendosi lui stesso in ascolto delle vittime. Ai vescovi e ai superiori religiosi, Collins ha sottolineato quanto sia importante per le vittime essere ascoltate, considerando comunque che la vittima può arrivare a confessare di aver subito un abuso anche dopo molto tempo. È stata la sua esperienza: Il fatto che colui che abusava di me fosse un prete, aumentò la grande confusione che avevo in testa. L’affermazione fatta dal cappellano di essere un prete e che quindi non poteva fare nulla di male mi sembrava vera ha aggiunto Marie . Questo non faceva che aumentare il mio senso di colpa e la convinzione che quanto era avvenuto era colpa mia, non sua. Quando lasciai l’ospedale non ero più una bambina fiduciosa, spensierata e felice. Mi ero convinta di essere una persona cattiva e di aver bisogno di nasconderlo a tutti. (Sir)