Prato

Chiamati alla santità

«Santo è colui che crede nell’amore di Dio e cerca di vivere nell’amore». È tutto «giocato» sull’invito antico e sempre nuovo alla santità il pellegrinaggio delle stazioni penitenziali che si svolge nelle zone pastorali durante questo periodo di Quaresima. Il messaggio del Vescovo ai cristiani pratesi è proprio questo: «Talvolta, quando ci spazientiamo, sentiamo dire dalla nostra gente: “Non sono mica un santo”. Ebbene: la piena realizzazione della vita è farsi santi». L’invito risuona fin dall’inizio della celebrazione nel momento detto «stazionale», subito prima della processione che porta i fedeli in chiesa: «Questo dono di santità – viene affermato con un passo della Lettera apostolica di Giovanni Paolo II Novo Millennio Ineunte – è offerto a ciascun battezzato. Ma il dono si traduce a sua volta in un compito, che deve governare l’intera esistenza cristiana: “Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione”».Ma questa speciale vocazione che riguarda tutti i battezzati si realizza inevitabilmente in un permanente cammino di conversione. Ecco allora il significato del carattere penitenziale della celebrazione: in occasione del 350° dell’istituzione della Diocesi «vogliamo ancora una volta lasciarci salvare dalla Misericordia del Padre per mezzo di Cristo nostro Salvatore».Buona è stata la partecipazione alle due stazioni che, dopo la messa delle ceneri in duomo, si sono già tenute in questo scorcio di Quaresima: la prima, venerdì 27 febbraio, è stata quella a San Giusto; poi è stata la volta della zona pastorale Prato nord 1, con la celebrazione tenutasi in Galcetello. Sfidando il freddo pungente circa quattrocento persone nelle due serate hanno percorso processionalmente il cammino verso le due chiese dove poi hanno sostato. Qui, dopo la lettura della Parola di Dio, la rinnovazione delle promesse battesimali e un inusuale, prolungato momento di esame di coscienza personale, un uomo, una donna, un bambino, un anziano, un ragazzo, una ragazza, una coppia, una suora e un sacerdote hanno, a nome di tutti, proposto alcune richieste di perdono. Particolarmente significativo l’intervento del sacerdote: «Perdonaci, signore, per tutte le volte – dice l’invocazione – che invece che servire il tuo popolo ci siamo fatti servire; perdonaci ogni volta che il nostro attivismo ci porta a presumere di noi stessi e a non fidarci fino in fondo di te».G.R.