Cultura & Società
Chi salverà le «Giubbe Rosse»? Lo storico caffè di Firenze rischia la chiusura
Firenze è la città dove vivo da oltre quarant’anni e ci sono luoghi pieni di ricordi, che hanno contribuito ad arricchire la mia vita. Alcuni di essi sono scomparsi, pur essendo punti di riferimento della cultura e storia cittadina. In via de’ Tornabuoni ho visto chiudere il Gran Caffè Doney nel 1986, con la splendida sala delle colonne all’interno, un ristorante dove ho vissuto momenti felici. Era novembre del 2002, quando con Paolo Coccheri avevamo fatto una protesta per la cessazione in via de’ Tornabuoni della Libreria Seeber, fondata nel 1861, meta obbligata per fiorentini e stranieri, un luogo in cui trascorrevo il tempo libero a sfogliare libri, trovando anche edizioni ormai esaurite. Stessa sorte per il raffinato negozio di Pinaider, dove acquistavo la carta da lettere color turchese, con le buste foderate di velina bianca, oppure quella avorio elegantissima, con il bordo irregolare, in carta d’Amalfi. Poi il bar Giacosa dove era nato l’aperitivo Negroni, creato per soddisfare la richiesta del conte Negroni al barman: “vorrei un Americano un po’ più forte”. Sparita anche l’antica profumeria Inglese… ed ora rischia di chiudere i battenti il caffè artistico letterario le Giubbe rosse, in piazza della Repubblica. Lo frequento da sempre per le interessanti conferenze, mostre d’arte o anche solo per prendere un caffè e stare al tavolino col piano di marmo, nell’angolo delle riviste, dove era solito sedersi il poeta Eugenio Montale.
Il locale, inaugurato nel 1896, è celebre perché vi si radunavano i futuristi Marinetti, Carrà, Boccioni e Russilo, che collaboravano nel 1913 alla rivista “Lacerba” di Giovanni Papini. Erano clienti anche Ardengo Soffici e Palazzeschi. Dopo la prima guerra mondiale lo frequentavano i poeti Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo, Mario Luzi, letterati come Carlo Emilio Gadda, Elio Vittorini e i pittori Primo Conti, Pietro Annigoni, Baccio Maria Bacci, Felice Carena, Ottone Rosai e Giovanni Colacicchi. Con la seconda guerra mondiale inizia un lungo periodo in cui perde la fama di un tempo. Solo a partire dagli anni ’90, quando divenne proprietario Fiorenzo Smalzi, iniziò il periodo di rinnovamento che favorì il riannodarsi delle Giubbe Rosse alla tradizione di caffè artistico letteraio. Abbiamo intervistato Jacopo Chiostri, giornalista e scrittore, legato al locale come avventore dalla fine degli anni ‘80, poi a partire dal 2010 in veste di responsabile degli eventi culturali.
Ci racconti la vita culturale delle Giubbe Rosse dagli anni ’90?
«Con Fiorenzo Smalzi e Riccardo Ghiribelli abbiamo organizzato, dagli anni ’90, circa 800 eventi in vari campi: pittura, poesia e letteratura, fotografia, dibattiti, serate teatrali… Il Comune di Firenze da cinque anni ha dato il patrocinio alle nostre iniziative culturali. Grazie a Smalzi il caffè le Giubbe rosse era diventato un cenacolo di artisti, galleristi… che tutti i giorni si ritrovavano, era un’aggregazione di “nicchia”. La parte poetica, all’epoca, era affidata a Massimo Mori».
Com’è la situazione attuale?
«Dopo Smalzi la proprietà è passata ai fratelli Catalani ed Ermes Pistolesi, che hanno tenuto il locale fino all’autunno del 2016. A ottobre di quell’anno si è insediata la nuova gestione, che purtroppo per varie problematiche, fra cui il protrarsi dei lavori che avevano trasformato la piazza in un cantiere, dopo due anni a dicembre 2018 è stata costretta a dichiarare il fallimento, con decreto del tribunale. Da allora il locale è affidato ad un curatore fallimentare, il commercialista Valerio Pandolfi. Si sono tenute due aste giudiziarie, il 16 aprile ed il 14 maggio scorso, entrambe andate deserte. A questo punto il tribunale ha già prorogato due volte la normale gestione del locale, la terza asta è già stata fissata per il 20 giugno prossimo, speriamo che si presenterà un compratore».
Ma la tutela dei locali storici fiorentini è intervenuta?
«La tutela dei locali storici è una frase fatta per riempirsi la bocca, essere nella lista non porta ad alcun privilegio o difesa. Le spese di gestione sono altissime a cominciare dall’affitto di 25.000 euro mensili, più l’esoso contributo per l’occupazione del suolo pubblico. Chiedere una tutela non avrebbe senso, perché anche gli altri caffè di piazza della Repubblica sono locali storici. Poi alcuni marchi blasonati in via Calzaioli, come l’argentiere e gioielliere Mossa, o il guantificio Pusateri fornitore delle star, hanno chiuso i battenti per le ottime offerte ricevute se liberavano i locali».
Fra le cause del fallimento c’e anche l’aumento della concorrenza?
«Certo la concorrenza è schiacciante. Negli ultimi 3-4 anni sono sorti a Firenze 33.000 posti a sedere nella ristorazione. In piazza della Repubblica, ai tempi di Sbalzi, ad avere il ristorante erano solo Giubbe rosse, Fiorino D’Oro, Paszkowski e l’Hotel Savoy, ora sono più che raddoppiati con Gilli, Pesce rosso, Donnini, Libreria Red e da ultimo la Rinascente. L’hotel Savoy ha rinnovato completamente il ristorante ed anche l’hotel Helvetia&Bristol. Con tanta offerta però occorre tenere comunque prezzi esagerati, perché siamo in una vera anarchia dove affitto, suolo pubblico e concorrenza ti schiacciano. Poi tutte le strade limitrofe si sono trasformate in una grande “mangiatoia”, con pochi veri ristoranti e tanti posti di pessima qualità, gestiti da stranieri. L’amministrazione di Firenze ha fatto la scelta di escludere i fiorentini dal centro. Quartieri come il mercato di San Lorenzo, le vie vicine a piazza Duomo, via dei Neri… sono invase da kebab, ristoranti cinesi, coreani, paninoteche a prezzi accessibili,aperte anche da italiani come le gelaterie, per il turismo mordi e fuggi. D’altra parte si sta creando una forbice tra il turismo low cost e quello di lusso, con la vocazione di via De’ Tornabuoni a fashion street».
Qual’è il vostro impegno culturale in questo periodo?
«Nonostante le difficoltà economiche, il modello del caffè artistico e letterario va avanti benissimo, perché per i pittori aver esposto alle Giubbe rosse fa curriculum. Anche le presentazioni dei libri vanno alla grande, con nomi famosi: Corrado Calabrò, poeta garante delle comunicazioni, Pino Roveredo vincitore del Campiello, il poeta De Carlo, Daniela Quieti scrittrice e poetessa, vincitrice di numerosi premi, la poetessa Roberta Degl’Innocenti, grande promotrice della poesia, Paola Lucarini, cui a Roma la Giuria della Laurea Apollinaris ha assegnato la Laurea classe poetica 2014, Diego De Nadai, Presidente della Giuria del premioEuropeo Clemente Rebora, il poeta e scrittore Luigi Fontanella, vincitore del premio Pascoli e premio Viareggio Giuria, Enzo Cordasco, poeta, scrittore e regista teatrale che ha portato Marguerite Yourcenar…
Per la pittura, fotografia ed arte la lista dei nomi è lunghissima, cito solo Angelo Vadalà, pittore e scultore di fama internazionale e Barbara Rosental creatrice di oltre cento video, installazioni, libri artistici. Segnalo un progetto rivolto al sociale con la creazione, da circa un anno, della rete artistica Giubbe rosse Arte Fuori. Un gruppo di venti pittori si sono mobilitati per portare l’arte fuori dai luoghi deputati, rivolgendosi in particolare alle persone deboli, così sono entrati nelle RSA per incontrare gli anziani, nelle strutture per ragazzi disabili… L’intento è quello di avvicinare le persone all’arte, che può essere “curativa”. La città cinese di Ningbo, che è gemellata con Firenze, ha invitato gli artisti a fare una mostra collettiva e ad organizzare dei workshops che sicuramente avranno un grande successo di pubblico.
Da ultimo faccio presente che, nell’aprile 2014, è stato inaugurato a San Roberto, un paese in provincia di Reggio Calabria, nell’Aspromonte, un museo di arte moderna e contemporanea, Telesia Museum, che è stato allestito con 200 opere donate da artisti che hanno come riferimento le Giubbe Rosse. Il museo ha recuperato gli spazi di un palazzo storico istituzionale ed il restauro, finanziato dalla CEE, ne ha fatto un gioiello che sta richiamando turisti nella zona e favorisce l’indotto, in un luogo dove ci sono poche opportunità di lavoro».
Si è fatto tardi a intervistare Jacopo Chiostri, seduti al tavolino di Montale, ci salutiamo cordialmente fiduciosi entrambi che l’impegno delle Giubbe Rosse a favore della diffusione della cultura possa proseguire. Ci rattristerebbe molto veder chiudere una pagina così gloriosa di storia fiorentina.