Volontariato
Cesvot: un fiorentino su quattro si sente solo
E' uno dei dati che emergono dall'indagine “Disponibilità al dono in Toscana e nuovi bisogni sociali a Firenze” di Sociometrica per Cesvot: soffre la solitudine quasi un terzo delle donne
Sono in buona salute, ma due su tre, soprattutto anziani, hanno difficoltà ad accedere a servizi. Più della metà non partecipa a eventi e iniziative culturali, in genere per ragioni economiche. Gli uomini sono più soddisfatti delle donne delle proprie relazioni interpersonali e sociali ma una persona su quattro si sente sola. E a soffrire sono in prevalenza le donne: quasi un terzo sente il peso della solitudine.
E’ la fotografia dei fiorentini che emerge dall’indagine demoscopica “I bisogni emergenti nella popolazione dell’area fiorentina” realizzata su un campione rappresentativo della popolazione residente nell’area della Città metropolitana. I risultati sono stati tratti dall’indagine demoscopica “Disponibilità al dono in Toscana e nuovi bisogni sociali a Firenze” realizzata da Sociometrica.
Lo studio (https://www.cesvot.it/node/22607) pone l’attenzione su tre tipi di povertà: sanitaria, educativa relazionale. Il report è stato presentato oggi alla Fondazione Franco Zeffirelli alla presenza di Sara Funaro, assessora educazione, welfare e immigrazione del Comune di Firenze, Marco Esposito, presidente Delegazione Cesvot Firenze, Antonio Preiti, direttore Sociometrica e autore del report, Eva Paoli della Società della Salute di Firenze, Nicola Armentano, consigliere Metropolitano con delega Promozione sociale e sport.
Se la povertà sanitaria si esprime soprattutto nelle difficoltà di accesso ai servizi, la povertà educativa consiste in particolare nella difficoltà a partecipare alla vita culturale, mentre la povertà relazionale si traduce nel crescente senso di solitudine.
“Ringrazio Cesvot per l’indagine svolta – ha detto l’assessore a Welfare e presidente della Società della salute di Firenze Sara Funaro – perché ci fornisce una fotografia aggiornata e dettagliata dei fiorentini, dei loro bisogni, che diventano sempre più complessi, e delle povertà, anche nuove, con le quali si trovano a fare i conti tutti i giorni, a livello sanitario, economico, educativo e relazionale. Purtroppo, anche a Firenze, è in aumento il numero delle persone in soglia di povertà e la loro qualità della vita ne risente. Lo vediamo dalle numerose richieste di aiuto che riceviamo. Come Comune siamo impegnati per fare fronte ai bisogni di vita, cura e benessere dei cittadini più fragili e portiamo avanti un lavoro importante in sinergia con il Terzo settore e con il volontariato, che sono preziosi elementi del nostro tessuto sociale e della nostra società solidale. Tutti insieme, grazie a un lavoro sinergico e di rete, diamo sostegno e sollievo ai cittadini che hanno più bisogno”.
“Abbiamo scoperto un mondo, anzi una faccia della luna che è nascosta alla pubblica percezione, anche se coinvolge, nelle sue conseguenze, un’ampia fetta della popolazione” commenta Antonio Preiti, direttore Sociometrica. “Le povertà oggi si scontano su un piano più personale, meno clamorosamente di quel che i dati farebbero pensare. Le persone sono colpite nella sfera più intima, perciò spesso le tensioni rimangono confinate in questo spazio mentale e non si manifestano con evidenza pubblica e tuttavia creano una condizione, nella somma delle situazioni individuali, di dimensione sociale che avvolge buona parte della collettività.”
“Queste nuove povertà, che non riguardano la disponibilità economica in senso stretto, hanno un impatto sulla qualità della vita dei singoli cittadini ma anche sulla coesione sociale e sul benessere collettivo” afferma Marco Esposito, presidente delegazione Cesvot di Firenze. “Insieme alle istituzioni, il mondo del volontariato deve continuare a impegnarsi per migliorare il sistema sanitario e l’accesso all’educazione e rafforzare la rete sociale e comunitaria che già nel nostro territorio è molto presente”.
I dati
Povertà sanitaria
Il 29,1% della popolazione dell’area fiorentina sostiene di aver sempre ottenuto i servizi sanitari di cui ha o ha avuto bisogno. Il resto ha dovuto a volte rinunciare: tra le motivazioni i tempi d’attesa molto lunghi (48,2%) e la mancanza di mezzi economici (14,5%). La massima soddisfazione si registra per i residenti sotto i 29 anni, quando, evidentemente, la domanda è più bassa. L’eccesso di attesa che fa rinunciare al servizio pesa per il 41,0% nelle classi più giovani, ma per il 54,1% in quelle più anziane. L’8,2% è del tutto soddisfatto della qualità dei servizi, il 56,9% è abbastanza soddisfatto. La parte non soddisfatta rappresenta il 21,9% (suddivisa nel 14,8% di poco soddisfatti e del 7,1% per nulla soddisfatti), il restante 13,1% non è “né soddisfatto, né insoddisfatto”. Alla domanda sullo stato di salute di ciascuno, il 66,0% si dichiara in “buona salute” e l’11,0% in “ottima salute”, il che porta al 77% la fetta di popolazione che sta bene. Il 22,4% accusa, invece, qualche difficoltà di vario genere rispetto alle condizioni personali di salute e lo 0,6% ritiene il proprio stato di salute precaria. Per il 48,1% il volontariato potrebbe essere di supporto al servizio pubblico in particolare per i servizi di assistenza domiciliare.
Povertà educativa
Ci sono due elementi quando si affronta il tema della povertà educativa: il primo è rappresentato dal flusso di fruizione della cultura, cioè quanto e in quali modalità le persone siano “esposte” alla cultura, in quale modo la grande varietà di risorse culturali entra in relazione con loro; il secondo elemento è la soddisfazione rispetto ai titoli educativi raggiunti e il loro complessivo livello di istruzione o educazione.
L’analisi evidenzia che il 21,1% della popolazione fiorentina in due anni non ha “mai” preso parte a un evento culturale e il 17,2% è stato coinvolto da eventi culturali “raramente”, solo il 7,9% vi ha partecipato “almeno una volta alla settimana”. Le donne sono culturalmente più attive rispetto agli uomini: chi “consuma” intensamente eventi culturali è il 3,9% degli uomini, ma arriva all’11,5% fra le donne. Simmetricamente, quanti non partecipano mai, o solo raramente, ad eventi culturali, nella loro somma, rappresentano il 41,8% fra gli uomini e il 35,2% fra le donne. I più partecipi sono i cittadini tra i 30 anni e i 54 anni (10,9% ), circa il doppio rispetto a tutte le altre classi d’età. Tra i più giovani sono pochissimi coloro che non hanno mai partecipato o lo hanno fatto solo raramente agli eventi culturali, mentre la metà dei residenti oltre i 64 anni (48,8%) non partecipa o lo fa raramente agli eventi culturali.
Il 21,8% degli intervistati giudica come “ottimo” il proprio livello di istruzione e il 51,9% lo valuta “abbastanza buono”. Solo lo 0,7% lo considera “pessimo”, il 6,5% “insufficiente”.
Tra gli elementi che non consentono una maggiore fruizione degli eventi culturali ci sono il “costo economico” (35,4%), “la mancanza di un supporto pubblico” (22%), le responsabilità date dagli impegni familiari (12,6%), la mancanza di opportunità (5,7%) e la scarsa qualità degli eventi (10,7%).
Povertà relazionale
Il 6,9% delle persone intervistate sostiene di essere “molto soddisfatto” delle relazioni interpersonali che ha, il 36,4% si dichiara “abbastanza soddisfatto”, il 50,3% “né soddisfatto, né insoddisfatto”, il 6,4% “abbastanza insoddisfatto” e “molto insoddisfatto”. Esiste una differenza di genere rispetto al grado di soddisfazione delle loro relazioni sociali o interpersonali: mentre è “molto soddisfatto” il 10,3% degli uomini, lo è allo stesso modo solo il 3,8% delle donne. Se si sommano a questi dati anche quelli di coloro che si dichiarano “abbastanza soddisfatti”, si arriva per gli uomini al 47,8%(quasi la metà dell’intero numero degli intervistati) mentre per le donne l’indicatore si ferma al 39,3%. Da notare anche la concentrazione maggiore tra gli uomini di quanti si dichiarano abbastanza e molto insoddisfatti: 8,4% contro il 4,8% della controparte femminile.
Un quarto della popolazione, il 25,6% si senta “costantemente” sola, oltre un terzo (33,5%) sperimenta “frequentemente” la solitudine, quasi un terzo (27,9%) la avverte “occasionalmente”. Solo il 13% non la sperimenta “mai”. Anche qui emerge la differenza di genere: il 30,1% delle donne si sente “sempre sola” (a fronte del 20,6% fra gli uomini) e il 33,9% si sente “spesso” sola. Simmetricamente, solo il 7,9 % delle donne non si sente “mai” sola; nella stessa condizione si dichiara il 18,6% degli uomini, più del doppio.
Il 4,9%, si sente fortemente legato alla propria comunità, la maggior parte degli intervistati (41,5%) si sente “abbastanza coinvolto”, quasi la metà dei partecipanti (46,1%) percepisce un basso livello di coinvolgimento con la propria comunità, il 7,5% si sente completamente disconnessa dalla propria comunità.
Tra gli ostacoli che impediscono, o rendono più difficoltosa la costruzione di forti legami sociali e interpersonali ci sono la “mancanza di interessi comuni” (31,3%), la mancanza di “tempo” (29,5%), una certa “timidezza e ansia sociale” (23,6%), la “mancanza di opportunità” (23,3%) , le responsabilità familiari (14,2%) e le difficoltà economiche (13,8%), la diversità linguistica o culturale (11,6%), esperienze passate negative (8,3%), problemi di salute (7,7%), distanza geografica (7,2%).
Il 15,5% degli intervistati percepisce un elevato livello di supporto da parte di amici e della comunità, il 51,2% si sente abbastanza supportato, il 25,2% percepisce un supporto limitato da amici e conoscenti, l’ 8,1% non percepisce alcun supporto.