Vita Chiesa

CEI: VERSO IL CONVEGNO DI VERONA, PRESENTATA TRACCIA DI RIFLESSIONE

“In un quadro culturale e antropologico inedito”, in cui “nulla appare veramente stabile, solido, definitivo”, occorre reagire al dominante “sentimento di fluidità” patendo dalla consapevolezza che la fede “non è un fatto privato”, ma ha un “rilievo pubblico” che chiede la presenza di cristiani “adulti”, capaci di testimoniare il Vangelo “con gioia e coraggio”. E’ quanto scrivono i vescovi, nella traccia di riflessione in preparazione al Convegno ecclesiale di Verona, in programma dal 16 al 20 ottobre 2006 sul tema “Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo”.

“In un tempo dominato dai beni immediati e ripiegato sul frammento – ricorda la Cei nel testo diffuso oggi – i cristiani non possono lasciarsi omologare alla mentalità corrente, ma devono seriamente interrogarsi sulla forza della loro fede nella risurrezione di Gesù e sulla speranza viva che portano con sé”. Tra gli ambiti privilegiati della testimonianza cristiana, il documento cita “l’esperienza della generazione e della famiglia”, come “primo luogo dove ciascuno può accogliere e far crescere il dono della vita, dell’altro, del mondo”. Una realtà, quella della famiglia, oggi “messa alla prova” al pari di tutte le “esperienze umane fondamentali: il rapporto uomo-donna, la sessualità e la generazione, l’amicizia e la solidarietà, la vocazione personale, la partecipazione alle vicende della società”.

La “tentazione radicale”, per la Chiesa italiana, è quella di “pensare la vita come una ricerca di possesso di beni”: una visione, questa, che mette in discussione “la possibilità stessa di un progetto di vita personale responsabile” e che mette in crisi “ogni forma di vocazione: quella al matrimonio e quelle di speciale consacrazione, come pure il rapporto con il lavoro e la professione”. Di qui l”‘urgente bisogno” di “coltivare cristiani adulti, consapevoli e responsabili, capaci di dedizione e di fedeltà”. “I cristiani devono sentirsi responsabili di fronte ai mondi della comunicazione, dell’educazione e delle scienze, per far sentire la presenza della Chiesa nella società e animare con intelligenza, nel rispetto della loro legittima autonomia, i diversi linguaggi dell’arena pubblica”. E’ la raccomandazione contenuta nella traccia di riflessione in preparazione al IV Convegno ecclesiale nazionale (Verona, 16-20 ottobre 2006), diffusa oggi. “Sensibilità, passione, intelligenza” i requisiti chiesti ai fedeli dai vescovi, partendo dalla presa di coscienza che “la missionarietà deve essere culturalmente attrezzata, se vuole incidere nelle mentalità e negli atteggiamenti”, pena la condanna della testimonianza cristiana “a un’inefficacia pratica”.

In un tempo come il nostro, che “ha una grande nostalgia di speranza, anche peri rischi insiti nelle rapide trasformazioni culturali”, ogni cristiano “è chiamato a collaborare con gli uomini e le donne di oggi nella ricerca e nella costruzione di una civiltà più umana e di un futuro più buono”, per reagire così alla “deriva individualistica” e all'”offuscamento del senso morale”.

“Una più condivisa identità cristiana”, secondo la Chiesa italiana, è anche “la base per il dialogo con i credenti di altre religioni e con gli uomini di buona volontà”, poiché “la cultura dell’accoglienza, del rispetto e del dialogo tra le civiltà e le religioni va sviluppata senza cedere all’indifferentismo circa i valori e senza trascurare la fisionomia culturale del nostro Paese e dell’Europa tutta”. “Il cammino di riconciliazione tra le varie famiglie cristiane”, per la Cei, “costituisce una svolta decisiva nell’orizzonte della piena comunione nell’unica Chiesa. Senza un convinto ecumenismo non è possibile una nuova evangelizzazione nei paesi europei di antica tradizione cristiana”.

Una “vita affettiva” che sappia dire no al “superficiale emozionalismo”; un lavoro che promuova una “piena e buona occupazione”; uno “stile di vita” che si faccia carico degli aspetti più “fragili” dell’esistenza; una fede in grado di coniugare la “tradizione” con la modernità di linguaggi come quello dei media. Sono alcune “priorità” indicate dalla Chiesa italiana nelle quattro “aree dell’esperienza personale e sociale” che saranno al centro del Convegno ecclesiale di Verona. Dopo aver messo l’accento sulla “dimensione affettiva delle relazioni sociali”, la traccia di riflessione pubblicata oggi dalla Cei auspica “forme di lavoro più rispettose delle persone”, che ne sviluppino la “creatività” e “coinvolgimento” tramite “la promozione della piena e buona occupazione, che non umilia cioè la persona, ma le consente di partecipare attivamente alla produzione del bene comune”.

La “flessibilità”, ammonisce in particolare la Chiesa italiana, “non deve significare precarietà e nemmeno cancellazione della festa”, che “non va confusa con il riposo settimanale” e “deve ritornare ai suoi aspetti di tempo dedicato al rapporto con Dio, con la famiglia e con la comunità circostante, non tempo ‘vuoto’, riempito con l’evasione, il disimpegno e lo stordimento”. “L’accoglienza del nascituro e del bambino, la cura del malato, il soccorso al povero, l’ospitalità dell’abbandonato, dell’emarginato, dell’immigrato, la visita al carcerato, l’assistenza all’incurabile, la protezione dell’anziano”: sono questi gli aspetti dell’esistenza n cui emerge di più la “fragilità umana”, e gli ambiti in cui la Chiesa è “maestra d’umanità” grazie al suo “stile di vita”. Ultimo ambito, quello della “tradizione” cristiana, intesa come “patrimonio vitale e culturale della società” da far dialogare anche con i media, oggi “strumenti potenti e pervasivi della trasmissione di idee e di valori, di formazione di opinione e di comportamenti, di modelli culturali”.Sir

«Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo». Il testo integrale del documento