Vita Chiesa

Cei, una “Lettera ai curanti” per esprimere gratitudine e stima

Lettera ai Curantiin occasione della celebrazione della XXX Giornata Mondiale del MalatoLa gratitudine e la riconoscenza, il rispetto e la stima sono solo alcuni dei sentimenti chevogliamo esprimere a voi Curanti che da sempre, e negli ultimi tempi in modo decisamente piùintenso, vi prendete cura dei malati e dei sofferenti.Ciò che abbiamo vissuto negli ultimi due anni, e continuiamo a vivere, vi vede impegnatifino all’estremo delle vostre risorse. Lo stress accumulato, il peso e la fatica, il disorientamento ela sensazione di impotenza di fronte ad una situazione globale, solo immaginata, hanno messo adura prova la vostra dimensione professionale e personale.La XXX Giornata Mondiale del Malato, con il tema «Siate misericordiosi, come il Padrevostro è misericordioso (Lc 6,36). Porsi accanto a chi soffre in un cammino di carità», metteal centro la persona malata e le persone curanti ed è l’opportunità per indirizzarvi un pensierograto e rendervi onore. Le nostre parole sono appena sufficienti per esprimere e apprezzare ilvostro impegno.Già lo aveva evidenziato san Giovanni Paolo II quando nel 1992 istituì questa Giornata:«La celebrazione annuale della “Giornata Mondiale del Malato” ha quindi lo scopo manifestodi sensibilizzare il Popolo di Dio e, di conseguenza, le molteplici istituzioni sanitariecattoliche e la stessa società civile, alla necessità di assicurare la migliore assistenza agliinfermi; di aiutare chi è ammalato a valorizzare, sul piano umano e soprattutto su quellosoprannaturale, la sofferenza; a coinvolgere in maniera particolare le diocesi, le comunitàcristiane, le Famiglie religiose nella pastorale sanitaria; a favorire l’impegno sempre piùprezioso del volontariato; a richiamare l’importanza della formazione spirituale e moraledegli operatori sanitari e, infine, a far meglio comprendere l’importanza dell’assistenza religiosaagli infermi da parte dei sacerdoti diocesani e regolari, nonché di quanti vivono edoperano accanto a chi soffre».1In mezzo alla complessità preoccupante in cui siamo immersi sorge il desiderio di cercareinsieme, nell’ascolto reciproco delle sofferenze, delle attese e delle prospettive, un segnale disperanza.SITUAZIONEMolti di voi sottolineano come la specializzazione medico-sanitaria sia diventata semprepiù tecnologica e sempre meno umana; come la riduzione dell’umanesimo in medicina abbiacomportato la quasi scomparsa della carità medica; come il dilagare di una pandemia abbiamesso in luce alcune fragilità ormai consolidate del nostro sistema sanitario. Tra tutte, l’evidentemancanza di un numero adeguato di professionisti sanitari e un forte carattere di regionalizzazioneche genera grandi differenze nell’offerta dei servizi.Vi è inoltre una netta separazione tra la sanità vissuta nelle zone rurali e nelle periferie e leforme maggiormente organizzate come nei centri metropolitani. Un modello che sembra generareuna nuova categoria, che potremmo definire degli irraggiunti: coloro che, pur avendone diritto,non riescono o non vengono messi in condizione di accedere al Servizio Sanitario Nazionale.Vogliamo inoltre rivolgere uno sguardo particolare a chi si occupa di salute mentale, un’areadi intervento che richiederà sempre più attenzione e sensibilità.La pandemia ci ha colpito nella salute, ci ha impoverito nelle relazioni e ha compromessoanche la situazione economica. Il mondo sanitario e la pastorale della salute incrociano quotidianamentequeste situazioni: non solo ne prendono atto, ma se ne prendono cura.La pazienza, non passiva, ma capace di rispondere alle domande della vita, è oggi chiestanon solo al curato ma anche al curante. Fratelli tutti di fronte ad un’inedita malattia globale.Ogni professionista sanitario è una persona chiamata a riconoscere i propri limiti e fragilitàfisiche, psichiche e spirituali. Ogni operatore vive le preoccupazioni per la salute non solo di séstesso, ma anche dei suoi affetti, della sua famiglia e di chi si è affidato alle sue cure. La quotidianavicinanza con il dolore, con la domanda di senso che emerge nella malattia, assorbe molteenergie sul piano umano.Di fronte alla pandemia abbiamo riscoperto l’amore e l’attaccamento alla vita. Non soloquella biologica, ma quella fatta di relazioni, di vicinanza, di attenzione a tutti, di sofferenze epreoccupazioni condivise. Abbiamo vissuto insieme i lutti e per anni dovremo rielaborare quelliinespressi.GRATITUDINEEsprimiamo assoluta gratitudine a ciascuno di voi per la disponibilità e abnegazione con cuivive, in scienza e coscienza, la propria professione.Guardiamo con gratitudine ai moltissimi medici, infermieri e professionisti sanitari cheoperano nelle strutture, come pure ai medici di medicina generale e ai pediatri, agli operatoridell’assistenza domiciliare, ai farmacisti, che sono presenti capillarmente sul territorio. Tutti voisvolgete non solo un fondamentale e irrinunciabile ruolo sanitario, ma anche sociale.È sempre più apprezzabile quell’atteggiamento di cura che non disgiunge mai l’aspettoumano da quello sanitario, anzi, che cura il corpo e rincuora lo spirito, in una vicinanza empaticache illumina le giornate della persona malata.La nostra riconoscenza e la nostra preghiera si estendono allora a coloro che a casa vi attendono,vi sostengono e con voi condividono le fatiche quotidiane.Con voi guardiamo con gratitudine al Padre della vita. Ci testimoniate dedizione e capacitàdi sacrificio. Noi ringraziamo i Curanti, invitiamo ogni malato a ringraziare chi lo cura conrispetto, e con tutti voi ringraziamo il Dio dell’amore.PREOCCUPAZIONII continui episodi di aggressione, in particolare nei pronto soccorso, generano nel personalesanitario un senso di solitudine e di abbandono che umilia sia la dimensione umana chequella professionale. In coloro che sono in prima linea vengono individuati obiettivi da colpireper responsabilità che non appartengono a loro. I decenni di tagli e mancata programmazionehanno contribuito a sortire anche questo effetto.Una preoccupazione che ci avete rappresentato è il crescente peso delle procedure burocratiche,che non sempre paiono essere a tutela della persona, ma piuttosto a protezione di specificiinteressi.Ci manifestate, inoltre, una tensione che incrocia la dimensione personale con quella professionale:l’agire della collettività, della narrazione massmediatica e dei social, soprattutto quandoassume caratteristiche aggressive o rivendicative, epiche o apocalittiche, ha una ricaduta anchesulla dimensione personale del professionista.Il vostro lavoro – a qualunque dimensione sanitaria appartenga, comprendendo anche icompiti direttivi, amministrativi e gestionali – talvolta vi vorrebbe regolati da impietose leggi delmero commercio. Il recupero della dimensione umana e spirituale della persona non è quindisecondario, ma costitutivo della realtà che voi siete.Infine, l’illusione che ogni farmaco e ogni terapia fossero facilmente a portata di mano siè scontrata con la necessità di riconsiderare il senso umano del limite. La fatica della ricercascientifica, tecnica e tecnologica, che richiede costanza, viva intelligenza, geniale curiosità erisorse adeguate, viene sostenuta da tutti noi con piena fiducia e speranza perché tale impegno,pienamente orientato al bene dell’uomo, porti gli auspicati successi.SPERANZANonostante tutto, nell’ascoltarvi constatiamo come una delle costanti del vostro lavoro sia lasperanza. Speranza nell’umano, speranza in Dio.Un primo segnale di speranza viene dai giovani, che scelgono le professioni sanitarie, nuovamentechiamati a coniugare scienza e fede. La loro credibilità professionale si misurerà sul beneche faranno e che vorranno realizzare. Per sostenere la loro crescita umana e professionale saràopportuno integrare nei percorsi formativi quelle dimensioni etiche, umane e relazionali, oggiscarsamente presenti.Una delle legittime attese del mondo dei Curanti è il miglioramento delle condizioni globaliin cui svolgere il proprio ruolo professionale. Sicuramente parte delle aspettative sono ripostenegli interventi che vengono progettati nelle strutture e nei luoghi sanitari, così come nelle strumentazionie negli aggiornamenti tecnologici.Ancor di più, a nostro avviso, sarebbe opportuno investire in una rinnovata attenzione allecondizioni sociali ed economiche in cui voi, i nostri Curanti, operate; così come merita una seriariflessione il ripensamento della programmazione del numero di coloro che possono accedere aipercorsi formativi accademici. Il Paese ha bisogno di più professionisti della salute che vedanoriconosciuto il loro ruolo e siano messi nelle condizioni di operare al meglio, per garantire unastabile sostenibilità del sistema universalistico di cura.La speranza, poi, nasce anche dall’incontro con i testimoni, con quanti mettono a disposizioneun patrimonio spirituale che arricchisce chiunque li incontri. I santi della sanità sono santidella bellezza, della speranza e della cura.Oltre la dimensione fisica e psichica, sappiamo che la condizione di malattia facilmenteinvade la sfera spirituale. Ogni persona è chiamata a prendersi cura della propria anima. Neicorridoi degli ospedali come nel domicilio del malato la presenza testimoniante dei cappellanie degli assistenti spirituali assicura il necessario completamento della presa in carico di tutti ibisogni della persona sofferente, comprendendo la dimensione spirituale. Anche questi operatoridi pastorale della salute, per competenza e ambito, li consideriamo Curanti.Questo ringraziamento è esteso anche ai Curanti della porta accanto che in tante case deisofferenti svolgono concretamente un compito di cura: sono nascosti e silenziosi portatori di bene.Ogni credente, ogni fedele cristiano è chiamato a testimoniare nella diaconia la propriacoerenza di fede. Ciascun battezzato, ci ricorda san Paolo, è membro di quella Chiesa checontinua a testimoniare l’amore per la vita, ed è portatore del dono dello Spirito Santo, di unagrazia particolare che accoglie, cura, accompagna con la materna tenerezza della Chiesa.La speranza cambia lo sguardo: non si vede più la frammentazione della persona delpaziente, talvolta ridotto a codice sanitario, non si vede più soltanto la patologia o l’organo malato.La speranza trasforma lo sguardo e permette di accogliere la persona come una totalità unificata.Quando si incontrano due persone, il curante e il curato, nasce la vera presa in carico.Il paradosso della cura è che il paziente diventa strumento di realizzazione umana, non soloprofessionale, e di esperienza di grazia per il Curante.A tutti voi Curanti il nostro grazie: un ringraziamento fatto di preghiera e di attenzione, neiconfronti vostri, dei vostri affetti e delle vostre famiglie, e di chi è affidato alle vostre cure. Siamofratelli tutti, perché figli di un unico Dio.Ufficio Nazionale per la pastorale della saluteIl Direttoresac. Massimo Angelelli