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Cei, la prolusione di Bagnasco al Consiglio permanente
Cari Confratelli,
è motivo di gioia accogliervi a Genova. Il Consiglio Episcopale Permanente, secondo una recente prassi, usa celebrare una sua sessione nella Diocesi scelta per ospitare un evento della Chiesa Italiana: dal 15 al 18 settembre, infatti, Genova avrà l’onore di ospitare il Congresso Eucaristico Nazionale. Sono certo che lo spettacolo sul mare e sulla città con il suo porto, aiuti i nostri lavori a mantenere vivo lo slancio missionario per uscire al largo, nel mare aperto dell’evangelizzazione cosicché – come scriveva Emmanuel Mounier – la nostra Chiesa sempre più «metta la vela grande dell’albero maestro e, uscendo dai porti, salpi verso la stella più lontana senza badare alla notte che l’avvolge» (E. Mounier, L’avventura cristiana).
Nel recente viaggio in Messico ha offerto alla Chiesa e al mondo parole e gesti di grande densità e significato, predicando il Vangelo della grazia e della gioia. Tutto, infatti, parte da Gesù Cristo e a Lui ritorna, così come è emerso chiaro e appassionato nell’incontro coi giovani: «Mi avete chiesto una parola di speranza: quella che ho da dirvi, quella che è alla base di tutto, si chiama Gesù Cristo. Quando tutto sembra pesante, quando sembra che ci caschi il mondo addosso, abbracciate la sua croce, abbracciate Lui e non staccatevi mai dalla sua mano. (…) Insieme a Lui è possibile credere che vale la pena di vivere, che vale la pena di dare il meglio di sé, essere fermento, sale e luce tra gli amici, nel quartiere, nella comunità, nella famiglia» (Papa Francesco, Discorso ai giovani, Messico 16.2.2016).
Tenendo fisso lo sguardo su Gesù, possiamo guardare il mondo e l’umanità, a cominciare dai più indigenti e deboli: i lavoratori, gli anziani, le famiglie, i malati e i carcerati… quel popolo umile che si è affollato attorno al Papa nel segno dell’abbraccio e della gioia. Su tutti era evidente scorgere il sacramento dell’umanità sofferente di Cristo, ma anche i forti pericoli per la dignità umana: «Questa povertà, questa emarginazione sono il terreno più favorevole per cadere nella spirale del narcotraffico e della violenza» (Discorso al mondo del lavoro, Messico 17.2.2016). Non è forse vero anche per la nostra società? Non tocchiamo forse la medesima logica perversa?
Un momento particolare, storico e commovente, desiderato da secoli e denso di promessa, è stato l’incontro con il Patriarca Kirill di Mosca e di tuttala Russiaa Cuba, diventata simbolico epicentro tra nord e sud, tra est e ovest.La Dichiarazionecongiunta è ricca di verità e di speranza, di storia e di futuro: i cuori dei due uomini di Dio si sono allargati dalla Chiesa al mondo tormentato, invocando fede, libertà, giustizia e pace.
Accanto alle sanguinarie persecuzioni religiose, continua il tragico esodo di migranti e rifugiati che si sono messi in marcia verso il nord del pianeta e, come il povero Lazzaro, bussano alla porta dei Paesi ricchi. Dall’inizio del 2015 sono morte 4.200 persone, di cui 330 bambini solo nel Mar Egeo! Che spettacolo dà di sé l’Europa? Dobbiamo confrontarla con i volti sfatti e terrorizzati dei bambini e dei vecchi, di questa gente che si sottopone a indicibili fatiche, stenti, pericoli, disposti a sparire fino a perdere la vita. E che spesso non vuole o non può più tornare indietro. Può l’Europa, culla di civiltà e diritti, erigere muri e scavare fossati? La vigilanza intelligente è doverosa – e le nostre Forze dell’Ordine ne hanno dato prova anche in questi giorni – la strategia di integrazione non è facile, mala Casaeuropea e le stesse Nazioni Unite stanno affrontando tale cataclisma umanitario con lungimiranza ed efficacia? Nessuno può negare che il nostro Paese è sempre stato in prima linea, non solo perché è la «porta d’Europa», ma soprattutto perché ha mostrato da subito generosità e prontezza, pur dentro a situazioni talmente inedite che nessuna Nazione sembra essere capace di affrontare senza rifugiarsi nei soliti slogan irreali.
Come già abbiamo avuto occasione di dire, davanti a queste tragedie di violenza e di ingiustizia crescono timori, resistenze e, soprattutto, l’indifferenza nell’opinione pubblica mondiale. Noi Vescovi, insieme alle nostre comunità, ci facciamo eco dei gemiti di tante vittime innocenti. Facciamo nostra la voce di popolazioni stremate dalle stragi, dalle rovine, dalla totale incertezza. E ripetiamo che l’indifferenza globale è qualcosa che grida vendetta al cospetto di Dio.La Chiesaitaliana continua a portare il proprio contributo attraverso Parrocchie, Istituti religiosi, organizzazioni come le Caritas Diocesane e gli Uffici per i migranti. Le ondate della povera gente – quando riescono a raggiungere le nostre spiagge – sono continuo spettacolo di dolore, paura, sfinimento: si continua a fare tutto il possibile, cercando anche di aumentare le possibilità di ospitalità. Con questo spirito nelle nostre comunità sono circa quarantacinquemila gli immigrati accolti, compresi quanti in questi giorni arrivano a noi attraverso i corridoi umanitari. Ormai, però, è chiaro che si impone la fase dei processi di vera integrazione, processi che richiedono onestà, tempi rapidi, regole, buona volontà e fiducia da parte di tutti.
Con questo spirito a Firenze, in clima di sinodalità e di gioia fraterna, ci siamo chiesti come aiutare l’uomo moderno a ritrovare il suo volto, volto a volte deturpato. Ancora una volta, abbiamo constatato che, sotto la superficie che schiuma, la vita brulica silenziosa e umile. Abbiamo onorato questa vita fatta di famiglia, lavoro, fierezza di guadagnarsi il pane, di onestà senza prezzo, di amore fino al sacrificio, di eroismi senza notizia. Abbiamo onorato un’umanità vera e solida, segnata da immense nostalgie e possibilità.
Ma non abbiamo potuto non rilevare anche quella specie di bolla, quel clima che tutti respiriamo e che vuole cambiare le categorie elementari dell’umano, categorie che non sono confessionali e che – nella loro sostanza – appartengono all’umanità intera. Si vuole ridefinire – così si dice – i fondamenti non solo del vivere insieme, ma anche del vivere con se stessi, del pensarsi come persone, come libertà e amore, come famiglia e società, come vita e morte nel loro naturale intreccio. Questo clima, aggressivo nei confronti di chi la pensa diversamente, esalta a gran voce democrazia e libertà, ma a condizione che nessuno esca dalle righe stabilite, come se esistesse un diritto di cittadinanza condizionata. Le leve di questo clima vengono da lontano, sono le ricchezze esorbitanti di alcuni, che esercitano il loro spropositato potere per cambiare il modo di pensare della gente, spinti solo da un’insaziabile avidità di profitto: «Quando il cuore si allontana dal bene e dalla verità (…) rimane privo di orientamento e rischia di chiamare bene il male e male il bene. (…) Dobbiamo stare attenti alle nuove colonizzazioni ideologiche che subentrano nel pensiero umano, anche cristiano, sotto forma di virtù, di modernità, di atteggiamenti nuovi» (Papa Francesco, Discorso alla Pontificia Accademia per la vita, 3.3.2016).
A Firenze il Santo Padre ha ripetutamente affermato che «possiamo parlare di umanesimo solamente partendo dalla centralità di Gesù, scoprendo in Lui i tratti del volto autentico dell’uomo. (…) Gesù è il nostro umanesimo» (Papa Francesco, Discorso al Convegno Ecclesiale di Firenze, 10.11.2016). I tratti dell’umano – umiltà, disinteresse, beatitudine – se li apriamo nella loro ricchezza sono criteri di universale umanità, di cui la comunità cristiana è chiamata ad essere profezia serena e inquieta.
In questo contesto, vogliamo aprire il cuore ai nostri amati sacerdoti: essi sono ogni giorno vicini alle loro comunità con discrezione e dedizione. A loro siamo profondamente grati, in attesa della prossima Assemblea di Maggio nella quale ritorneremo a confrontarci sulla vita e la formazione permanente del Clero. Uniti nel vincolo sacramentale, Vescovi e Preti, sono in ascolto e dialogo con tutti, consapevoli che il mistero di ognuno è il pascolo di Dio, e che spesso solo lo sguardo può tradurre il nostro pensiero, può riscattare la debolezza delle nostre labbra.
Alla luce di alcune recenti circostanze, ogni volta che si accerta un caso di pedofilia si rinnova in noi il dolore e la vicinanza alle vittime e ai familiari; insieme ribadiamo la condanna dei colpevoli, mentre cresce la preoccupazione per lo scandalo delle anime. Com’è noto, i Vescovi italiani sono stati tra i primi a mettere in essere con rigore le indicazioni della Santa Sede in ordine all’accertamento degli addebiti e all’erogazione delle pene, e hanno rafforzato le strutture di recupero nonché i criteri di prevenzione. Fermo restando tutto questo, riconosciamo e condividiamo la generosità del nostro Clero, che si spende ogni giorno accanto a tutti e a ciascuno con disinteresse e trasparenza.
Ormai è sotto gli occhi di tutti, e oggetto di frequenti analisi culturali, il fatto che la potenza dell’uomo sulla natura e su se stesso è entrata nella sua fase critica. Mentre l’uomo moderno aveva davanti a sé la sfida di conquistare potere sulle forze della natura, oggi l’uomo postmoderno ha il problema di dominare il suo potere perché il potere non distrugga l’uomo stesso. In questa sfida troviamo un primo campo di dialogo per creare ponti. Solo una forte coscienza morale, infatti, può dominare il potere e può impedire che l’uomo cada in sua balia. La struttura etica riguarda lo spirito, e lo spirito può perdere di lucidità, corrompersi. Si ammala non solo quando sbaglia, o mente, o è ingiusto: «Ciò avviene (anche) quando la verità perde il suo significato; quando il successo si sostituisce alla giustizia e al bene; quando ciò che è santo non viene più avvertito e non se ne sente neppure la mancanza. Ciò che allora accade non riguarda più la psicologia, ma la scienza dello spirito e le misure che si possono prendere non sono misure terapeutiche, ma è la conversione delle idee» (Romano Guardini, Il Potere). Nella sensibilità media, c’è ancora qualcosa che si concepisca «intangibile»?
Esiste un secondo fenomeno che interpella tutti: è il progressivo sgretolamento del tessuto sociale, così che ognuno, anziché sentirsi ascoltato e partecipe, facilmente si sente «vittima della cultura dello scarto» (Papa Francesco, Discorso alle Autorità civili, Messico 13.2.2016). Le nostre comunità cristiane hanno anche questo compito: nei quartieri anonimi della nostre città essere delle piccole luci di riferimento, dei luoghi di accoglienza, dei punti di riferimento dove, prima di fare, ricevere o dare, ognuno possa sentirsi se stesso, possa incontrare una comunità di ideali, uno spazio di relazioni benevole, respirare un orizzonte alto e ampio. Sì, bisogna ritessere i rapporti umani perché ognuno si senta a casa anche oltre il suo tetto. E i rapporti umani si creano non con il collante degli interessi individuali e delle convenienze, ma della gratuità, di cui Gesù è sorgente e criterio.
Infine, allarghiamo lo sguardo poiché nessun Paese vive isolato. Il Medio Oriente, come le vicine coste africane, vivono confusione, tumulto e violenze: emblematici, al riguardo, i sanguinosi attentati di ieri in Turchia e in Costa d’Avorio. Gli interrogativi che si affacciano non sono immotivati: suggeriscono – anche alla luce delle responsabilità passate – non avventure sconsiderate, ma prudente ponderazione. Assicuriamo la nostra preghiera perché tutte le parti in causa, a cominciare dai più fragili ed esposti, possano trovare strade di giustizia, sicurezza e pace.
Sul piano generale, la situazione appare complessa, spesso anche litigiosa e distratta. E’ l’ora di una grande responsabilità, perché i germogli possano diventare presto raccolto abbondante, perché l’occupazione, la famiglia e lo stato sociale siano a portata di tutti, specialmente dei giovani che hanno diritto di farsi la propria famiglia. I beni materiali sono certamente necessari per vivere con dignità, ma esiste un patrimonio invisibile che non ha prezzo e che non si può comprare: è la fiducia, la speranza.
La prossimità della Chiesa al popolo è quotidiana: è la vita e la missione di noi Vescovi insieme al nostro Clero. Da sempre cerchiamo di fare, senza chiasso, il nostro dovere di solidarietà evangelica, attraverso innumerevoli interventi e organizzazioni, per rispondere a bisogni antichi e nuovi. Non vogliamo sbandierare nulla né ricevere medaglie; desideriamo solo di avere la grazia di poter continuare – e se possibile intensificare – l’aiuto a quanti – sono moltitudini – bussano fiduciosi alla porta delle Parrocchie. Qualche ombra, che a volte dolorosamente si constata, non deve oscurare né screditare l’operato limpido e generoso di moltissimi operatori – sacerdoti, consacrati e laici – che servono con gratuità e sacrificio di energie, tempo, denaro.
Un fenomeno al quale abbiamo rivolto la nostra attenzione da tempo e ripetutamente è l’inverno demografico. I dati ISTAT sono chiari: quelli del 2015 sono i dati peggiori dall’Unità d’Italia: lo scorso anno, a fronte di 653.000 decessi, le nascite sono state 488.000, mentre 100.000 italiani hanno lasciato il Paese. E’ il sintomo di una crisi più profonda di quella economica. La famiglia, grembo della vita, e l’occupazione, sono le cose concrete a cui il popolo guarda con preoccupazione crescente. Ed è su queste emergenze che la gente vuole vedere la politica impegnata giorno e notte per misure urgenti e concrete. Sono questi i veri passi con cui presentarsi in Europa a testa alta!
Come è stato detto altre volte, la deriva individualista, radicale e liberista, non intende fermarsi: mentre riaffermiamo con tantissima gente che avere dei figli è un desiderio bello e legittimo, così è diritto dei bambini non diventare oggetto di diritto per nessuno, poiché non sono cose da produrre. Tanto più che certi cosiddetti diritti risultano essere solo per i ricchi alle spalle dei più poveri, specialmente delle donne e dei loro corpi. Così, fa parte di un umanesimo umano il fatto che l’amore non giustifica tutto, che i bambini hanno diritto a un padre e una madre, come anche recentemente il Tribunale dell’Aia ha affermato. A questo riguardo, è necessario semplificare e accelerare le procedure di adozione, perché possano avere risposta le migliaia di richieste a fronte di alcune centinaia di bambini dichiarati «adottabili». Fa parte dell’umanesimo pure la constatazione che la vita nessuno se la può dare e quindi togliere; che mai, in nessuna sua fase, può essere manipolata e distrutta; che sempre deve essere rispettata e mai può essere soppressa anche quando l’intenzione appare buona; che l’accanimento terapeutico è una cosa, mentre l’eutanasia e il suicidio assistito sono tutt’altro. Fa parte dell’umanesimo la convinzione che «la famiglia è la pietra angolare della costruzione di una grande nazione» (Papa Francesco, Incontro con giovani, Messico 16.2.2016); che «la prima natura da custodire, affinché porti frutto, è la nostra stessa umanità» (Papa Francesco, Discorso alla Pontificia Accademia della Vita, 3.3.2016).
Infine, non possiamo tacere l’ennesimo segno del profondo disagio educativo che serpeggia e miete vittime: il recente, raccapricciante delitto perpetrato per «curiosità» – non dunque per una qualche «causa» passionale, economica, antagonista, pur assurda e inammissibile – ma per «curiosità», «per vederne l’effetto»! Emerge un inquietante, assoluto vuoto interiore, una disperata noia di vivere che esige un insaziabile bisogno di sensazioni forti, per cui la tortura e il delitto sono pensati, voluti e vissuti per se stessi. Come società siamo talmente accecati di fronte ai segni della decomposizione culturale da continuare a mettere energie, tempo, risorse in tutt’altro? Siamo preoccupati che non si sia aperto un serio, corale dibattito pubblico; che si continui a mostrare colpevole superficialità o vile rassegnazione di fronte alla cultura dello «sballo» con droghe, alcool, azzardo, fino al disprezzo totale della vita propria e altrui. Quale tipo di educazione la società offre alle giovani generazioni? In questione ci sono loro ma anche, e molto, noi adulti. Non solo la famiglia e la scuola, ma la società intera: quali valori, quali ideali, quali capacità di raziocinio, di governo delle proprie emozioni, quale idea di libertà e di amore, quale valore delle regole e della legalità… stiamo presentando? A proposito di scuola, lascia perplessi che si invochi l’esempio dell’Europa per molte cose, non sempre le migliori, ma poi, circa il sostegno strutturale alle scuole paritarie, si prescinda dall’esempio virtuoso dei Paesi europei che, in questo caso, sono semplicemente giusti.
E’ certamente necessario chiedersi quale mondo lasceremo ai nostri giovani, ma è altrettanto urgente chiederci quali uomini lasceremo al nostro mondo! I Vescovi italiani si sono dati come meta pastorale del decennio proprio la sfida dell’educazione: vorremmo che questo ideale venisse percepito assolutamente prioritario, e innervasse la coscienza di tutta la società per creare un clima educativo alto e sostanzioso che non istilli miti, desolazione, vuoto e noia, ma lucidità di pensiero, passioni nobili, forza d’animo, spirito di dedizione e sacrificio… consapevoli che «quando non si è ben chiusi e saldi nella propria pelle, non si ha nulla da dare, non si può tendere la mano né servire d’appoggio e di bastone» (E. Mounier, Il personalismo).
Grazie, cari Confratelli, per la vostra benevolenza: ci affidiamo alla Madonna, Regina di Genova dal 1637, a San Giovanni Battista Patrono della Diocesi e della Città, a San Giuseppe da cui invochiamo umiltà e saggezza.