Vita Chiesa

Cei: Consiglio permanente, «una società che accetta l’eutanasia si condanna al suicidio»

«In un contesto che assolutizza il principio di autodeterminazione, chi sostiene il rispetto della vita rischia paradossalmente di non venire compreso o di essere considerato come incapace di rispetto per l’altro; ma una società che accettasse di essere coinvolta nella volontà eutanasica di alcuno, condannerebbe se stessa al suicidio». È quanto scrivono i vescovi, nel comunicato finale del Consiglio permanente della Cei, svoltosi a Roma nei giorni scorsi. I presuli esprimono, in particolare, «preoccupazione per la deriva antropologica, che impregna la cultura del Continente», e condividono «la necessità di approntare una riflessione che muova dall’esperienza umana per riuscire a proporre a tutti il messaggio di vita di cui la Chiesa è portatrice». Quello auspicato dalla Cei è «un approccio laico, non confessionale, attento a sviluppare un’antropologia integrale, che valorizzi alcuni punti essenziali: la natura relazionale della persona, la cui libertà ‘chiama’ all’incontro; la sua unicità, che non diventa però mai possibilità incondizionata di disporre di sé; la fragilità intrinseca dell’uomo, destinata a rivelarsi la condizione che interpella prossimità, cura, condivisione dei momenti della malattia come di quelli della festa». Su questa via, la Chiesa italiana «avverte la possibilità di accompagnare alla responsabilità della testimonianza personale una chiara opera educativa e missionaria, che aiuti la gente a non subire passivamente la cultura dominante».

«No» a tutte le mafie. «Ritrovarsi nella cultura del Mediterraneo e, quindi, prestare più attenzione a chi cerca di attraversarlo». È l’invito dei vescovi italiani all’Unione europea, mentre ci si appresta a celebrare il 60° anniversario dei Trattati di Roma, «in un clima appesantito da movimenti populisti e spinte disgreganti». «Rilanciare il cammino intrapreso», l’esortazione contenuta nel comunicato finale del Consiglio permanente della Cei, in cui i vescovi indicano l’anima del nostro Continente «nell’ispirazione originaria – spirituale – dei padri fondatori e la condizione nel concepirsi come casa dei popoli e delle Nazioni, evitando omologazioni di pensiero e di tradizioni». «La Chiesa italiana tale responsabilità continua a viverla in prima fila», assicurano i presuli: «Nelle migliaia di progetti di formazione e sviluppo sociale che – grazie ai fondi dell’otto per mille – sostiene nei Paesi impoveriti; nella politica dei corridoi umanitari, che intende incrementare con il coinvolgimento di parrocchie, diocesi, Congregazioni religiose, Caritas e Migrantes; nell’accoglienza e nell’integrazione di quanti dimostrano di voler coniugare domanda di futuro e impegno a operare per il bene comune». Su questo fronte, il Consiglio permanente ha espresso «la volontà di costruire rapporti più significativi e continuativi con le Chiese del Nord Africa e, più in generale, dei Paesi di provenienza dei migranti». I vescovi, inoltre, manifestano «particolare vicinanza ai pastori e alle comunità delle regioni maggiormente interessate da fenomeni mafiosi: nella consapevolezza che questi non conoscono frontiere, ribadiscono l’impegno per la giustizia e la legalità, patrimonio comune che porta a rigettare ogni forma di malavita organizzata».

Riorganizzare i media diocesani. «Un progetto editoriale coordinato, unitario, capace d’integrare e valorizzare i media diocesani; una proposta rispettosa, che possa accompagnare il discernimento delle Chiese particolari». Questa la consegna emersa dal Consiglio permanente, «nella volontà di affrontare l’ambito delle comunicazioni sociali in prospettiva pastorale, con attenzione privilegiata alla dimensione educativa». «L’analisi dei vescovi – si legge nel comunicato finale – ha preso le mosse dalla situazione di difficoltà che interessa il settore nel suo complesso e che, di conseguenza, coinvolge settimanali diocesani di ampia e preziosa tradizione, come pure emittenti radiofoniche e televisive riconducibili alla famiglia dei media ecclesiali. Attraverso di essi passa in filigrana la vita, la cronaca e la storia delle comunità e del territorio, della Chiesa e del Paese. Una presenza significativa è assicurata anche dalle Sale della Comunità, autentici presidi pastorali e culturali che favoriscono l’aggregazione e l’integrazione». Nel confronto in Consiglio permanente «è emersa la consapevolezza dell’importanza di poter disporre, in un contesto di pluralismo ideologico e religioso, di strumenti con cui assicurare voce e chiavi di lettura autorevoli, al fine di contribuire alla formazione dell’opinione pubblica». «È avvertita la necessità di attraversare questa stagione di transizione riorganizzando le proprie forze, secondo criteri che coniughino ‘il campanile e la Rete’, come pure investimenti e sostenibilità», la linea della Chiesa italiana, che guarda «con fiduciosa attesa al Decreto attuativo della recente Legge 198, che introduce il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, destinato al sostegno dell’editoria e dell’emittenza radiofonica e televisiva locale». Nel decennio dedicato dalla Chiesa italiana all’educazione, i vescovi sottolineano «il valore di riscoprire e attualizzare il Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa» e ribadiscono «la necessità di percorsi formativi che aiutino – non soltanto i ragazzi – a crescere nel tempo degli schermi digitali», attraverso appositi «momenti di approfondimento».

Il tema del lavoro, «nella sua centralità per il Paese», è stato ampiamente ripreso nei lavori del Consiglio permanente, anche in vista della 48ª Settimana sociale dei cattolici in Italia (Cagliari, 26-29 ottobre 2017), si legge ancora nel comunicato finale del Consiglio permanente della Cei. «La volontà della Chiesa di farsi prossima a quanti soffrono la disoccupazione e le sue conseguenze, di alzare la voce contro gli ostacoli all’accesso dei giovani, il lavoro nero e le vittime del lavoro, si unisce all’impegno per l’apertura di processi che si traducano in proposte e soluzioni per il mondo del lavoro», scrivono i vescovi: «Interessano sia il rapporto tra il momento formativo e quello lavorativo, sia il ruolo e la condizione della donna; a far da sfondo, il cambiamento continuo veicolato dalla rivoluzione tecnologica ed espresso in stili di vita e modelli etici». Quattro i «registri comunicativi» attorno ai quali si articola l’itinerario verso la Settimana sociale, in programma da ottobre a Cagliari e di cui il Consiglio permanente ha approvato le linee di preparazione: «La denuncia delle troppe zone di discriminazione, disagio e sfruttamento; l’ascolto e la narrazione dell’esperienza lavorativa contemporanea; la raccolta e la condivisione di buone pratiche, che già oggi creano nuove occasioni occupazionali; la formulazione di proposte capaci di incidere sui contesti giuridici, istituzionali e organizzativi, tanto a livello locale che nazionale».