Vita Chiesa

CCEE/KEK: CARD. ERDÖ, URGENTE TESTIMONIANZA ECUMENICA DEI CRISTIANI IN EUROPA

“Viviamo momenti della storia nei quali la nostra consultazione, riflessione e preghiera ecumenica è veramente urgente”. Con questa consapevolezza si è aperto questa mattina a Belgrado l’incontro annuale del Comitato Congiunto della Conferenza delle Chiese Europee (KEK) e del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE). All’incontro che si concluderà il 20 febbraio stanno prendendo parte le delegazioni dei due organismi europei guidate rispettivamente dal Metropolita Emmanuel di Francia, Presidente della Kek (Patriarcato Ecumenico) e dal card. Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest e presidente del Ccee. “In questa città di Belgrado – ha detto il cardinale arcivescovo cattolico – è particolarmente evidente l’importanza dei segni che i cristiani possono e devono dare per manifestare come sia possibile perseverare sul cammino della riconciliazione, della pace e verso l’unità voluta dal nostro Signore, Gesù Cristo”. L’incontro di Belgrado si concentra quest’anno sul tema della pace e sul contributo che i cristiani sono chiamati a dare per la sua piena realizzazione. La pace – ha detto il card. Erdő – “non è un abuso del termine, non è una mera assenza di guerra o una superficiale tolleranza passiva”.La pace che i cristiani oggi in Europa sono chiamati a costruire parte dall’impegno a “scoprire la bellezza e la ricchezza delle varie forme dell’identità e della comunione”. A riconoscere cioè e rispettare “il valore delle nazioni come comunità di lingua, storia, cultura, di esperienze storiche, di tradizioni religiose”. E’ un impegno particolarmente importante e urgente “in un mondo che tende a dimenticare le sue radici e finisce nel confluire in una massa indistinta di consumatori uniformati, oppure che si rifugge, sentendosi minacciato, nel nazionalismo o nell’estremismo”. “Credo – ha poi proseguito l’arcivescovo – che la nostra presenza qui sia a Belgrado un segno importante di questo nostro desiderio di pace. Mi pare però che per molti dei nostri contemporanei questa nostra pace non sia facilmente comprensibile. Bisogna ricordare che l’unità delle Chiese cristiane non può essere costruita solo attraverso un ‘accordo di pace’ confessionale sul minimo denominatore comune!”. I cristiani devono essere “riconoscenti” del cammino ecumenico fatto negli ultimi anni” e consapevoli “di quello che manca ancora, e che noi, responsabili e membri di organismi che lavorano per l’unità visibile delle chiese cristiane, non possiamo tralasciare”.Sir