«Riaffermare i valori non negoziabili», ma anche «rigettare le basi dell’unità», «rifondare il welfare», «rilanciare il ruolo e la testimonianza dell’Italia in Europa », «ripensare i modi della convivenza » nel segno dell’accoglienza, «ridare voce agli ultimi nella società», vale a dire a coloro che sono preda del disagio ma anche a chi, secondo il pensiero dominante, è «indegno di vivere». Sono queste le priorità dei cattolici italiani, dopo l’ultima settimana sociale, per Marco Tarquinio. Il direttore di Avvenire è stato ospite, a San Giovanni Valdarno, del circolo del Collegamento sociale cristiano. L’appuntamento, organizzato in collaborazione con l’ufficio per la pastorale sociale e del lavoro delle diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro e di Fiesole, rientrava all’interno degli incontri formativi «per ascoltare, pensare, dialogare e confrontarci, per dare» e nel terzo ciclo nel 150esimo dell’Unità d’Italia. «Per superare lo stato di emergenza continua ha spiegato il presidente del circolo del Valdarno, Edo Pierallini, nel saluto iniziale è necessario che i cattolici tornino a spendersi per il bene comune», ribaltando quel «senso di rinuncia all’esperienza politica che è seguito alla fine della Dc». Un appello che il direttore di Avvenire ha fatto proprio chiedendo di «avere coraggio», di «incalzare la politica sui fatti».Con uno stile specifico, però: «Va rifiutata la logica degli anatemi, figlia di diciassette anni di bipolarismo». Ma al tempo stesso occorre dare «giudizi chiari». Quindi il richiamo: «Come cattolici abbiamo il dovere di pretendere da chi ci rappresenta linearità e pulizia nelle idee, nei comportamenti e nel rapporto con i cittadini». «Occorre assicurare la rappresentatività», ha sottolineato il direttore che ha anche criticato l’assenza della preferenza nel sistema elettorale per il Parlamento. Significativa è la riforma federale che, sottolinea Tarquinio, «avvicina le istituzioni alla gente». Ed è anche urgente «mettersi dalla parte dei giovani non garantiti quando si affacciano sul mondo del lavoro». Altra sfida è quella dell’integrazione: «Siamo capaci di inglobare le diversità». Insomma, ha concluso Tarquinio, c’è bisogno di «non rassegnarci».