Lettere in redazione
Cattolici e laici in piazza in difesa della donna
La manifestazione organizzata da gruppi femminili il 13 febbraio, offre spunti di riflessione. Non organizzata da partiti, ha visto una larga e composita partecipazione di donne e uomini. Ha segnalato la presenza qualificata di cattolici e laici. Ha introdotto temi etici e sociali di grande rilievo e mostrato un generale disagio morale e politico. Certamente è stato un evento di massa, non di élite, su cui il mondo cattolico può riflettere. Molte parole chiave sono in consonanza con la nostra sensibilità: dignità della persona, valorizzazione delle sue qualità morali e intellettuali e non solo della bellezza, importanza del suo ruolo nella società e nella politica. Certamente questa difesa di valori si presenta in modo composito e contraddittorio, ma sarebbe un errore da parte nostra non guardare con discernimento alla generalizzata rivolta morale contro un costume etico e politico veramente degradati. Noi cattolici siamo chiamati, insieme ad altri, a contribuire a questo risveglio etico, qualunque sia lo schieramento politico che abbiamo liberamente scelto.
Confesso di avere avuto molti dubbi sull’opportunità di questa manifestazione. Intendiamoci, l’«appello alla mobilitazione delle donne italiane» era ampiamente condivisibile, specie là dove si denunciava come «non più tollerabile» la «ripetuta, indecente, ostentata rappresentazione delle donne come nudo oggetto di scambio sessuale, offerto da giornali, televisioni, pubblicità». Una denuncia che i cattolici ripetono da tempo. Ma il rischio che si trasformasse o in una riedizione dei cortei femministi del secolo scorso o nell’ennesimo tentativo di «spallata politica» contro Berlusconi, camuffata però da iniziativa della «società civile», era davvero alto.
Qualcosa di stonato si è sentito lo stesso, ed è lecito dubitare della coerenza di alcuni dei personaggi che hanno animato la protesta. Ma dobbiamo dare atto agli organizzatori di aver portato in piazza in 230 città italiane e in 30 straniere, e senza insegne di partito, un milione di persone, per lo più donne. Tra loro anche tanti che per la prima volta partecipavano ad una manifestazione pubblica, segno di un forte «disagio» per il decadimento morale e politico del Paese, che dovrebbe far riflettere tutti, anche nel centrodestra. E fa piacere che a Roma, uno degli interventi più applauditi sia stato quello di una religiosa, presentatasi sul palco con il suo «abito»: suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata e responsabile dell’Ufficio «Tratta donne e minori» dell’Usmi (Unione superiore maggiori d’Italia).
«Sono qui per dare voce a chi non ha voce ha esordito la missionaria , alle nuove schiave, vittime della tratta di esseri umani per sfruttamento lavorativo e sessuale, per lanciare un forte appello affinché sia riconosciuta la loro dignità e ripristinata la loro vera immagine di donne, artefici della propria vita e del proprio futuro».
Suor Eugenia ha fatto notare che «l’immagine che viene trasmessa in tanti modi e forme, dai media, dalla pubblicità e dagli stessi rapporti quotidiani tra uomo-donna è l’immagine del corpo della donna inteso solamente come oggetto o strumento di piacere, di consumo e di guadagno, misconoscendo invece l’essenziale che lo stesso corpo umano racchiude: una bellezza infinita e profonda da scoprire, rispettare, apprezzare e valorizzare». «In questi ultimi tempi sono ancora parole di suor Eugenia si è cercato di eliminare la prostituzione di strada perché dava fastidio e disturbava i sedicenti benpensanti. Abbiamo voluto rinchiuderla in luoghi meno visibili, pensando di aver risolto il problema, ma non ci rendiamo conto che una prostituzione del corpo e dell’immagine della donna è diventata ormai parte integrante dei programmi e notizie televisive, della cultura del vivere quotidiano».