Italia

Cattolici e impegno politico, si riparte dalle Settimane sociali

Sarà Trieste a ospitare la 50ª Settimana sociale dei cattolici italiani, sul tema «Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro». Il programma vedrà in apertura l’intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 3 luglio e in chiusura la Messa con papa Francesco domenica 7 luglio

A partire dall’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII, pubblicata il 15 maggio 1891, si assiste, non solo in Italia, a un deciso accentuarsi dell’impegno sociale e politico dei cattolici.

La caratteristica più importante di questo fenomeno è data dall’apporto del laicato, al quale la gerarchia, che non ha mai rinunciato al ruolo di ispirazione e discernimento, riconosce e affida la dimensione operativa e di testimonianza pratica.

In tutto questo possiamo dunque vedere il maturarsi di quella concezione del ruolo dei laici nella Chiesa e nella società, che troverà la sua definitiva consacrazione nel Concilio Vaticano secondo. La collaborazione tra gerarchia e laicato, nel reciproco riconoscimento della loro diversa e autonoma competenza, ha contribuito alla formazione di una organica dottrina sociale della Chiesa, aperta tuttavia a sempre nuovi approfondimenti.

È in questo contesto che nasce l’esperienza della Settimana sociale dei cattolici italiani, svoltasi per la prima volta a Pistoia nel 1907.

Contributo determinante alla nascita di tale esperienza fu il pensiero e l’opera del sociologo ed economista Giuseppe Toniolo (1845-1918), che avvertì l’esigenza di un momento storico che imponeva di superare il non expedit, ovvero la non partecipazione dei cattolici alla vita politica in seguito alle vicende risorgimentali. E questo, in un intellettuale come Toniolo, comportava disporre di criteri di analisi scientifica della realtà sociale ed economica per intervenire politicamente, al fine di risolvere le principali questioni a partire dalle grandi ingiustizie sociali. Tutto ciò rispondeva anche all’esigenza di far fronte all’avanzata dei movimenti socialisti e comunisti, di impronta fortemente antireligiosa e anticlericale.

Abbiamo avuto dopo il Concilio un’interruzione di quell’esperienza di circa un ventennio (1970-1991). Dovremmo capirne e valutarne le ragioni.

Una cosa è certamente sotto gli occhi di tutti. La fine dell’esperienza delle Settimane sociali ha coinciso con il progressivo allontanarsi dei cattolici dalla vita sociale e politica del Paese, fino a quella che alcuni giudicano una vera e propria irrilevanza.

Chiedersi quale sia la causa e quale l’effetto, cioè se la fine delle settimane abbia prodotto tale inconsistenza o viceversa, può aprire una discussione infinita. Sta di fatto che ad un certo punto, ossia nel 1991, che non a caso rappresenta la ricorrenza del centenario della Rerum novarum, si è avvertita l’esigenza di riprendere un cammino interrotto, anche con una diversa sia pur minima denominazione.

Non più le Settimane dei cattolici italiani ma dei cattolici in Italia, quasi ad indicare la dimensione di un impegno che parte dall’Italia per estendersi all’Europa e al mondo.

Quest’anno sarà Trieste ad ospitare la Settimana sociale dei cattolici in Italia, una sorta di riconoscimento dell’italianità di una città in cui sopravvivono ancora forti spinte autonomiste. Dopo le chiusure del Covid, il tema della democrazia chiama in causa il problema del calo della partecipazione che si sta verificando anche da noi in modo crescente negli ultimi anni.

Senza una diffusa partecipazione, la democrazia finisce per creare una casta degli addetti, chiusa nella difesa dei suoi privilegi e fortemente personalizzata e conflittuale nella lotta per il potere, allontanando i cittadini che non sentono rappresentati i loro bisogni fondamentali.

Alla Settimana di Trieste, a conferma della sua importanza, parteciperanno il Presidente Sergio Mattarella e Papa Francesco.

A proposito della partecipazione il mondo cattolico è chiamato a render conto della sua identità, e questo per la ricchezza del suo associazionismo, se lo consideriamo anche solo dal punto di vista numerico.

Negli ultimi tempi abbiamo assistito fortunatamente ad iniziative condivise, come testimonia l’appello «il dovere della politica è la pace», lanciato a Trieste, dove si erano riuniti i rappresentanti di una decina di associazioni cattoliche all’inizio di maggio in vista della prossima Settimana sociale. Si tratta di un segnale importante, che in un nuovo contesto ripete ciò che alla fine dell’Ottocento caratterizzò l’Opera dei congressi promossa, tra gli altri, da Medolago Albani e Giuseppe Toniolo.

Dobbiamo dunque guardare all’incontro di Trieste con fiducia e speranza. Sono finiti i tempi in cui ci si poteva accontentare di convegni magari di alto valore scientifico e culturale, ma animati da uno spirito eccessivamente intellettualistico e salottiero.

I problemi interni e internazionali, come la ricomparsa anche nel mondo occidentale di venti di guerra, impongono la ripresa di un impegno da parte di tutti.