Toscana
Castello, l’inutile «guerra» attorno alla Piana
di Marco Lapi
«La città contemporanea non ha più confini. È in corso a livello globale un processo di metropolizzazione che rende i limiti amministrativi del tutto deboli, se non alcune volte largamente inutili. E questa perdita dei confini può essere governata esclusivamente con forme di governance territoriale, soprattutto per quelle realtà territoriali ed urbane come Firenze, con macrofunzioni e ruoli storici consolidati».
Giuseppe De Luca, professore associato di Fondamenti di Urbanistica presso la facoltà di Architettura dell’Ateneo fiorentino e direttore della Fondazione Giovanni Astengo dell’Istituto nazionale di urbanistica, non ha dubbi in proposito. «Firenze, per tanti aspetti spiega potrebbe essere motore economico non solo per la realtà toscana ma anche per il resto del Paese. È una città che non appartiene alla Toscana e nemmeno all’Italia: è patrimonio mondiale e pertanto alcune macrofunzioni devono essere definite a questa scala». Già, ma come? Con nuovi ambiti amministrativi come la Città metropolitana, prevista per legge già nel 1990? L’urbanista non è esattamente di questo avviso. Ricorda gli accorpamenti comunali degli anni Venti e Trenta, che dettero vita per esempio alla «Grande Genova» ma che interessarono anche il capoluogo toscano, con l’inglobamento di comuni limitrofi quali Brozzi e il Galluzzo. La Città metropolitana riproporrebbe in forma diversa questa logica di accentramento di poteri in una situazione del tutto diversa, nella quale sarebbe appunto impossibile stabilire nuovi confini certi. «E poi aggiunge io ragiono in termini di legislazione attuale, perché parlando di qualsiasi scelta urbanistica dobbiamo rispondere a due elementi fondamentali, il costo e il tempo. Che non si ferma, e se altre realtà territoriali combattono con armi impari rispetto alle nostre vuol dire che si perde, punto e basta».
L’obiettivo è proprio questo: abbandonare la visione localistica che storicamente ci caratterizza per acquisirne una di tutt’altra scala. E agire di conseguenza. «La vera novità di molte altre esperienze a livello mondiale afferma De Luca è quella di attivare forme di governance territoriale. Che non sono solo dei tavoli di concertazione come quello del 12 ottobre per l’area di Castello, che è comunque una bellissima idea e un metodo assolutamente utile. Ma c’è anche da prendere sul serio l’articolo 11 del Piano di indirizzo territoriale della Regione Toscana 2005-2010, dove si parla di città policentrica toscana, cioè dell’idea che la Toscana non può proiettarsi nello scacchiere internazionale come piccole realtà urbane. Perché Firenze, paragonata a Monaco o a Berlino, è davvero un piccolo quartiere e Pisa addirittura scompare. Allora l’intera area forte della regione e buona delle città collegate hanno bisogno di costruirsi insieme un’agenda politica per quelle macrofunzioni che determinano sostanzialmente forme di concorrenza non all’interno del territorio regionale, ma al suo esterno. Per Firenze non ha senso, ad esempio, far la guerra con Pistoia, la guerra la fai, tra virgolette, con Monaco, Bruxelles o altre realtà del genere».
Anche per la risoluzione di alcuni macroproblemi aggiunge l’urbanista sono assolutamente necessarie forme di «meticciato decisionale» capaci di superare ogni diatriba tra localismi. «Per esempio spiega sono convinto che se l’aeroporto di Pisa si chiamasse Pisa-Firenze, il numero delle persone che lo userebbe potrebbe essere anche il doppio. Ma nella nostra microcultura di quartiere non ci accorgiamo che in altre realtà territoriali la stessa distanza che c’è tra Firenze e Pisa è considerata normale. Avrebbe più senso probabilmente un collegamento veloce di treno tra i due scali piuttosto che farsi la guerra. E la stessa questione dell’orientamento della pista di Peretola diverrebbe allora assolutamente secondaria: l’aeroporto internazionale resterebbe Pisa, e Peretola rivestirebbe il ruolo di vero e proprio aeroporto di città. Che senso ha la concorrenza? Le vere competizioni si fanno con le grandi strutture, ma non possiamo tenerle tutte nell’orticello di casa perché finiscono per ingolfare il sistema. Così come, per quanto riguarda l’Alta velocità, come stazione alternativa Castello ha molto più senso e, allo stato attuale, è molto più sostenibile di Campo di Marte».
Occorrono allora forme di partecipazione vera, come per la questione della cittadella sportiva, alla quale De Luca vedrebbe assai meglio abbinato un polo fieristico veramente degno di questo nome piuttosto che un nuovo polo commerciale, dato che il territorio è ormai saturo. «Oggi un sindaco non è più solo sindaco dell’istituzione in cui è stato eletto. Certo ne rende conto ai cittadini, ma le sue indicazioni devono per forza andare all’interno di altri ambiti territoriali e al tempo stesso deve accettare che altri ambiti territoriali entrino nei propri. Occorre porsi in un rapporto assolutamente di dialogo anche con il comune più piccolo, in un’ottica distributiva di benefici e criticità pensata all’interno di una prospettiva comune».
L’idea di Città della Piana comprendente i comuni di Signa, Campi, Sesto e Calenzano va in questa direzione? «Relativamente, perché nasce in modo quasi concorrenziale: visto che Firenze pesa tanto, se ci mettiamo insieme siamo più bilanciati. Che è un’ipotesi anche suggestiva, però di contrapposizione. E nel caso specifico della cittadella sportiva è assurdo ragionare sotto forma di competizione a questi livelli». Serve quindi un meccanismo decisionale in cui tutti si spoglino delle loro prerogative. «Ci vorrebbe un tavolo circolare, magari nella sede della Provincia, anche se per un’area come quella di Castello dovrebbero essere coinvolti altri enti locali e anche la Regione, perché qualsiasi tipo di decisione che può essere presa ha delle ripercussioni su territori ampissimi. Un tavolo circolare come quello voluto in tutte le strutture federali da Al Gore quando era vicepresidente degli Stati Uniti, per mettere sullo stesso piano i governi locali con quello centrale. E successivamente, per l’approvazione delle decisioni prese, piuttosto che un semplice accordo tra sindaci ci potrebbe anche essere una riunione congiunta dei consigli comunali interessati, assieme magari al consiglio provinciale. Sarebbe un’autentica rivoluzione culturale, il cittadino la percepirebbe immediatamente come una vera e propria novità. Si potrebbe essere anche in 350, ma proprio per dare l’idea dello stare insieme».
Andrea Barducci: «Vogliamo soluzioni condivise»
di Claudio Turrini
C’è grande attesa per il tavolo di concertazione di lunedì 12 ottobre tra Provincia, Comune di Firenze e Comuni della Piana. «Arbitro» dell’incontro sarà Andrea Barducci, 51 anni, esponente del Pd e presidente della Provincia di Firenze dal maggio scorso.
Presidente cosa si aspetta dall’incontro?
«Innanzi tutto la partecipazione di tutti, e una discussione serena. Credo molto nella capacità degli enti locali di trovare la strada per affrontare tutti insieme le questioni in ballo».
Su molte questioni aperte, come nuova pista dell’aeroporto e parco della Piana, la Provincia sembra essere schierata con i Comuni limitrofi contro Firenze. È così?
«Mi sembra un’assoluta semplificazione; la Provincia non è contro nessuno, anzi ci stiamo adoperando perché emergano al più presto soluzioni di concerto, e sempre con grande rispetto per le autonomie locali».
Matteo Renzi ha già avvisato di essere disponibile alla concertazione, ma in mancanza di accordi di voler procedere da solo. I sindaci della Piana sono contrari a molti dei progetti dell’amministrazione fiorentina. Non sembra che ci sia grande spazio per un modo nuovo di procedere uniti
«Penso che la questione più complessa sia quella dell’aeroporto, mentre su tutto il resto ci sono già accordi e sono già state fatte scelte maturate insieme, come ad esempio il piano provinciale di smaltimento dei rifiuti. Il presupposto fondamentale per andare avanti uniti è la chiarezza da parte di tutti; sicuramente quando ci si trova di fronte a questioni complesse, se poniamo delle linee del Piave, difficilmente si riesce ad andare avanti».
Poi c’è la Regione che ha già fatto sapere che non c’è spazio nella Piana per nuovi centri commerciali. Rischia di morire sul nascere anche la «Cittadella Viola»
«Certo mi parrebbe saggio interrogarci sull’utilità di moltiplicare i centri commerciali sul territorio, che potrebbero tradursi in un colpo pesante alla rete commerciale tradizionale. Non vedo però la ripercussione sul progetto Cittadella Viola, che mi risulta dover essere uno spazio dedicato allo sport».
Entro pochi giorni dovrebbe nascere la Città della Piana tra Sesto, Campi, Calenzano e Signa. Quali vantaggi può portare? Non sarà un ennesimo ente intermedio con il rischio di essere presto considerato inutile?
«Per come è stata pensata non dovrebbe affatto essere un ennesimo ente intermedio; a mio giudizio tutto ciò che rappresenta un’ulteriore aggregazione è un fatto positivo, ma sicuramente su questo possono dare maggiori informazioni i sindaci».
Che ruolo può avere la Provincia di Firenze nel governo della Piana?
«Ribadisco, il ruolo fondamentale è quello dei Comuni, la Provincia continuerà ad avere le sue funzioni di coordinamento e a riunire, quando ce ne sia la necessità, dei tavoli di concertazione».
Che fine ha fatto l’«area metropolitana» (prevista dalla legge 142 del 1990, riformata nel 2000 e delineata in quello stesso anno dalla Regione Toscana con le province di Firenze, Prato e Pistoia)?
«Quello che so è che la Provincia di Firenze sta lavorando, come abbiamo scritto nel nostro programma elettorale, per la Provincia metropolitana del territorio di Firenze, Prato e Pistoia, che dovrà andare a sostituire le tre province attuali».
Gianni Gianassi: «No alla pappa scodellata»
di Sandra Nistri
Annuncia di essere disponibile a discutere ma, sicuramente, sarà uno dei più «agguerriti» al tavolo convocato per il 12 ottobre che vedrà di fronte il primo cittadino di Firenze Matteo Renzi, i sindaci dell’area fiorentina, il presidente della Regione Claudio Martini e quello della Provincia Andrea Barducci nel ruolo, in qualche modo, di «mediatore». Già prima che la data dell’incontro fosse fissata infatti il sindaco di Sesto Gianni Gianassi ha animato il dibattito con alcune dichiarazioni roventi indirizzate soprattutto al capoluogo, in quella che è stata definita una sorta di «guerra della Piana» contro Firenze. «Ci sediamo al tavolo con assoluta disponibilità spiega ora Gianassi e con la volontà di discutere ma ribadisco quello che ho già detto anche all’indomani dell’intervento di Renzi in consiglio comunale. Ci sono scelte che, per la loro portata, non riguardano solo il capoluogo ma un’area molto più vasta: ecco ci aspettiamo che, su queste scelte, ci sia una condivisione dei problemi e che non ci sia servita la pappa scodellata».
Il riferimento, ad esempio, è al nodo dell’aeroporto: il primo cittadino sestese ha sempre ribadito di essere contrario all’ipotesi di una nuova pista per lo scalo di Peretola che comprometterebbe lo sviluppo del progetto del parco della Piana. No dunque alle cinque ipotesi per un diverso orientamento della pista e anche alla sesta, quella presentata, sia pure in maniera informale, da Renzi in consiglio comunale. Sì deciso, invece, al parco della Piana «progetto che ribadisce Gianassi era non solo nel mio programma elettorale ma anche in quello degli attuali presidenti di Provincia e Regione Barducci e Martini».
Sì anche al proseguimento dell’iter per il termovalorizzatore a Case Passerini: a metà settembre sono state aperte le buste per la scelta del partner privato di minoranza che dovrà affiancare Quadrifoglio nella «Newco», società mista che dovrà progettare, costruire e gestire l’impianto. Su tutta la discussione del 12 ottobre («in realtà puntualizza il sindaco sestese non si sa ancora bene che cosa si discuterà visto che l’ordine del giorno è molto generico») aleggia però decisamente la «presenza» della «Città della Piana»: secondo un recente documento della direzione del Pd della Piana entro la fine dell’anno i rispettivi consigli comunali dovrebbero approvare lo statuto dell’Unione fra i Comuni di Sesto, Campi, Calenzano e Signa. Un «colosso» da 120mila abitanti con una enorme valenza economica: «Non si tratta assolutamente sottolinea il sindaco di Sesto di una prova di forza nei confronti di qualcuno né tanto meno del Comune di Firenze. Crediamo che per tutti e quindi per il capoluogo sarà più facile confrontarsi con un unico soggetto. Non si tratta di un ente inutile, né di un soggetto con nuove cariche, che non ci saranno, ma un organismo che permetterà di semplificare perché consentirà di gestire in maniera associata, ad esempio, politiche e servizi».