Vita Chiesa

Castellano, un vescovo protagonista del Concilio

di Riccardo RossiNella significativa ricorrenza dell’ottava di Pasqua, si sono svolte a Siena le esequie di mons. Mario Ismaele Castellano, Arcivescovo emerito di Siena-Colle Val d’Elsa-Montalcino. La salma era rimasta esposta per due giorni alla visita deferente e alla preghiera di centinaia di persone che hanno voluto ricambiare il loro amore al Vescovo che per 28 anni, dal 1961 al 1989, fu il Pastore di questa comunità e che fino alla sua morte, avvenuta a 93 anni aveva scelto di continuare a rimanere vicino al suo popolo con una presenza affettuosa e discreta.

L’Arcivescovo Antonio Buoncristiani ha presieduto la solenne liturgia in Cattedrale, concelebrata con mons. Gaetano Bonicelli, primo successore di mons. Castellano, con molti Vescovi della Toscana, con mons. Francesco Lambiasi, Assistente Generale dell’ Azione Cattolica Italiana, con mons. Luigi Bettazzi, già Presidente di Pax Christi e con una schiera interminabile di Sacerdoti, venuti anche da altre Diocesi. Il Duomo era pieno di fedeli commossi. La presenza delle autorità, tra cui numerosissimi Sindaci accompagnati dai Gonfaloni e, in particolare, degli alfieri e i dei dirigenti delle 17 Contrade di Siena, hanno testimoniato la sintesi del legame profondo con la sua comunità religiosa, con il territorio e con il suo tessuto sociale e civile.

Il ministero episcopale di mons. Castellano a Siena ha coinciso con gli anni del Concilio e del post-Concilio e, per la mia generazione, con gli anni della giovinezza. Forse anche per questo, il legame con mons. Castellano è stato di quelli che hanno segnato la vita sia per il modo con cui ha guidato la comunità ecclesiale sia per i rapporti personali e familiari che si erano stabiliti. Era nato nel 1913 in Liguria, ad Oneglia, e, come ci raccontava spesso, per farci coraggio di fronte ad iniziative poco frequentate, dopo la laurea in giurisprudenza, decise di accogliere la chiamata del Signore mentre partecipava ad un corso di esercizi spirituali a cui avrebbero dovuto essere presenti molti giovani ed invece erano soltanto in due: lui e suo fratello.

Entrò, così, nell’Ordine Domenicano laureandosi in Diritto Canonico che insegnò per alcuni anni all’Angelicum. Aveva fatto parte del Corpo degli Alpini, partecipando come Ufficiale alla tragica campagna di Russia. Nominato Vescovo di Volterra nel 1954, vi rimase per un breve periodo essendo stato nominato nella difficile seconda metà degli anni ’50 assistente generale dell’Azione Cattolica Italiana fino al 1961, anno in cui, il 15 agosto festa dell’Assunta, patrona di Siena, fece il sua ingresso in città come Arcivescovo.

Dopo qualche mese iniziava il Concilio al quale mons. Castellano partecipò attivamente facendo parte della commissione sulle «Comunicazioni Sociali», di quella su «La Chiesa e il Mondo Contemporaneo» e della commissione che elaborò il decreto sull’«Apostolato dei laici». Sono ancora vive nella memoria di molti le riflessioni sui temi affrontati nelle sessioni conciliari che, di ritorno da Roma, sovente proponeva e che erano sempre lezioni di ecclesiologia conciliare. Era questo quello che più gli premeva: dare il senso della comunità, del popolo di Dio che, nella Chiesa particolare, intorno al Vescovo, ha la missione di testimoniare nella carità l’amore di Dio per il mondo per portare la sua salvezza agli uomini. Al termine del Concilio curò personalmente un’edizione commentata dei documenti conciliari pubblicata in tre volumi dall’editore Cantagalli di Siena.

È stato per molti anni Presidente di Pax Christi Italiana e il primo Presidente della Caritas Italiana. Fu, per due mandati, Vice Presidente della Cei e per molti anni anche Vice Presidente della Conferenza Episcopale Toscana. Partecipò alla revisione del Codice di Diritto Canonico quale componente dell’apposita commissione Pontificia.

Penso si possa affermare senza ombra di dubbio che la maggior parte delle sue energie sono state dedicate ad attuare il rinnovamento conciliare: sovente diceva che forse non sarebbero bastati 50 anni per attuare il Concilio perché si trattava di cambiare mentalità e a tal fine spronava ad un forte impegno specialmente sul versante formativo. A questo proposito, quello che qui mi preme evidenziare come laico impegnato nell’associazionismo cattolico, è la sua coerenza: alla declamazione sulla necessità di una valorizzazione dell’apporto dei laici alla missione salvifica della chiesa, assunto come uno dei punti essenziali del rinnovamento conciliare, seguiva, da parte di mons. Castellano, la pratica di dare fiducia ai laici attribuendo loro responsabilità e coinvolgendoli nell’azione pastorale. Per quanto possibile e certamente non senza difficoltà, valorizzava la responsabilità e l’autonomia laicale nel trattare le cose temporali per ordinarle a Dio, teneva in debito conto l’apporto delle sensibilità e competenze dei laici nella elaborazione delle iniziative pastorali, faceva emergere la missione e la specificità del ministero coniugale, invitava a proporre e a sostenere l’Azione Cattolica intesa, secondo la visione conciliare, come ministerialità laicale volta alla plantatio ecclesiae, utilizzava la corresponsabilità dei laici negli organismi di partecipazione. Sicuramente le risposte non erano sempre adeguate alle esigenze e all’altezza delle sue attese, ma penso di poter ipotizzare che questo fosse previsto nel suo «programma formativo» per la crescita del laicato. La particolare attenzione per l’Azione Cattolica non derivava soltanto dalla sua storia personale, ma dalla convinzione che il frutto della riflessione dei Padri conciliari sull’Ac e sulle caratteristiche che connotano questa modalità di partecipazione in forma associata ed organica dei laici alla vita della Chiesa, fosse una risposta adeguata alle esigenze di formazione di un laicato maturo, in grado di poter esercitare, con la necessaria consapevolezza e preparazione, la tanto invocata corresponsabilità.

Non è certamente questa la sede per elencare tutte le molteplici iniziative e gli organismi a cui dette vita o di sottolineare adeguatamente l’impegno per la formazione dei sacerdoti e il suo amore per il Seminario al quale cercò di dedicare le risorse migliori. Non posso, infine, non ricordare la fondazione dell’Associazione Internazionale dei Caterinati come espressione del grande amore e della devozione di mons. Castellano per la sua consorella domenicana Santa Caterina. Dovette impegnarsi fortemente, ma riuscì a far proclamare la Santa Senese, già Patrona d’Italia, anche copatrona d’Europa e, prima ancora nel 1970, Dottore della Chiesa. È stato un altro suo grande capolavoro di valorizzazione delle risorse spirituali della Chiesa Senese.

È stata messa in evidenza, non soltanto dopo la morte, la sua apertura e la sua disponibilità a capire le esigenze degli altri, la sua tolleranza anche verso chi non apprezzava o condivideva le sue idee e la sua fede. Penso che si possa di nuovo fare riferimento alla sua coerenza con gli insegnamenti conciliari sul rapporto chiesa-mondo pur se tale atteggiamento personale trovava certamente fondamento nell’esercizio continuo della Carità, anche materiale. È, forse, in questa chiave che si riesce a comprendere il reciproco rispetto e il legame profondo che era riuscito a stabilire anche con la comunità civile e le sue varie espressioni, comprese anche quelle ritenute, di norma, più ostiche per i non senesi quali lo spirito delle Contrade che dà vita alla particolarissima festa, religiosa e civile, del Palio.