La vita umana è un bene inalienabile e indisponibile e pur toccati e rispettosi per la drammatica condizione che ha colpito la vita di Eluana e dei suoi familiari, non possiamo far tacere la nostra intelligenza e la nostra coscienza. Così l’arcivescovo di Firenze, mons. Giuseppe Betori, ha aperto questa sera la sua riflessione durante la veglia di preghiera nella basilica della SS.ma Annunziata per Eluana Englaro. Non è ragionevole che la vita che palpita in questa giovane sia spezzata per mano d’uomo, anzitutto perché Eluana è una di noi, ha detto il presule. Nonostante la sua particolare condizione neurologica essa è viva e partecipa della nostra stessa vita. Il rispetto, l’attenzione e l’amore alla vita dell’uomo non può conoscere eccezioni. Se così fosse, si aprirebbe la strada alla più iniqua forma di discriminazione, quella basata sulla condizione psicofisica e sulle capacità della persona. Per mons. Betori non convince neppure l’insinuazione che si stia praticando una sorta di accanimento terapeutico, esclusa dalla stessa scienza medica. Per mons. Betori è infine estraneo alla retta ragione il tentativo di giustificare la morte per interruzione delle cure minime essenziali attraverso il ricorso a una presunta e remota volontà della paziente perché un’espressione di sconforto non dà a nessuno l’impensabile diritto di togliersi la vita o di chiedere che qualcuno ci privi di essa. La vita di Eluana è un bene prezioso che siamo chiamati ad amare e custodire contro ogni tentativo di strumentalizzazione o di squalificazione. La vita non ci appartiene; l’unico modo con cui possiamo, per dir così, disporne è quello di donarla agli altri, secondo quella logica del servizio e del dono di sé sul modello di Gesù sulla croce. Solo in questo senso, ha precisato Betori, essa può essere considerata un bene relativo. Relativo per l’appunto alla vita eterna. Non può essere invece considerata un bene relativo rispetto ad altri beni umani ha chiarito, né, tantomeno, si può pensare di creare delle gradualità al suo interno, per cui, in specie nei suoi momenti iniziali e finali, essa possa essere considerata in alcune condizioni meno degna, e al limite un bene disponibile e quindi anche sopprimibile. Ne va della dignità dell’uomo come essere personale, principio primo della convivenza umana e del quadro giuridico dei diritti umani che regge la nostra civiltà.La riflessione, a questo punto dal campo della fede si sposta a quello della ragione e si impone alla considerazione di credenti e non credenti, ha annotato l’arcivescovo di Firenze mettendo in guardia dai rischi di una deriva nella quale colpi di sentenze possono distruggere un quadro giuridico che finora ci ha salvaguardati dal conflitto degli interessi contrapposti e dalla babele dei desideri incontrollati. La chiarezza e la incontrovertibilità di queste convinzioni non ci rende ovviamente estranei alla sofferenza ha precisato, ma siamo convinti che la risposta alla sofferenza stia nel farsi «custode», secondo la parola della Genesi, cioè nel prendersi cura, nel condividere il peso della tragedia. Questo la Chiesa ha sempre fatto con i gesti della carità, ha detto il presule, ma anche e soprattutto mettendo in campo la risorsa più efficace che ha in suo possesso, vale a dire la preghiera. Di qui l’affidamento a Dio della vita di Eluana e della sua famiglia, chiedendo al Signore di illuminare menti e cuori di quanti devono prendere decisioni che potrebbero essere di incalcolabile portata non solo sulla vita di Eluana ma anche sul futuro della nostra società.Sir