Italia

Caso «Avvenire», la ricostruzione dei fatti e le reazioni dei cattolici

Quello che è successo in questi giorni ci sconvolge e ci preoccupa per le conseguenze, sia per quelle personali su Dino Boffo, il direttore di Avvenire, sia per quelle più generali sulla stampa cattolica, sia, ancora di più, per quelle sulla Chiesa italiana. Detto questo, senza farsi prendere dalle fregole di innocentisti e colpevolisti, cerchiamo di ricostruire i passaggi salienti di una vicenda, che comunque vada a finire lascerà ferite profonde, e che è stata provocata venerdì 28 agosto da il Giornale, di proprietà della famiglia Berlusconi, diretto da Vittorio Feltri, richiamato di recente alla direzione del quotidiano milanese dopo alcuni anni alla guida di un altro giornale.

Il presunto scoop«Incidente sessuale del direttore di “Avvenire”. Il supermoralista condannato per molestie». Titolava così, a «9 colonne», in prima pagina il Giornale venerdì 28 agosto. Nel suo «editoriale», Vittorio Feltri chiariva subito l’obiettivo. A lui non piace il gossip e ci tiene a precisare che non ha niente contro gli omosessuali. Ma «se il livello della polemica è basso, prima o poi anche chi era abituato a volare alto (…) è destinato a planare per rispondere agli avversari». Ora, «Si dà il caso che Boffo, con i suoi scritti aspramente critici sulla condotta del Cavaliere, sia diventato nella considerazione di parecchia gente l’interprete del pensiero della Chiesa a proposito dello scandalo che tiene banco dall’inizio dell’estate. Ebbene, se i vescovi hanno affidato al direttore Boffo il compito di loro portavoce si sono sbagliati di grosso, non perché lui non abbia capacità tecniche bensì perché privo dei requisiti morali per fare il moralista o per recitarne la parte». E Feltri proseguiva con le sue «prove». «Ecco cosa risulta dal casellario giudiziale»: «Il dottor Dino Boffo è stato condannato con sentenza definitiva con patteggiamento a una ammenda per molestie alle persone ai sensi dell’art. 660 c.p.». E la citazione continuava, senza interruzioni, come se fosse nello stesso documento, con le motivazioni della condanna: « (…) a seguito di intercettazioni telefoniche disposte dall’Autorità Giudiziaria, si è costatato il reato. Il Boffo è stato a suo tempo querelato da una signora di Terni, destinataria di telefonate sconce e offensive e di pedinamenti volti a intimidirla onde lasciasse libero il marito con il quale il Boffo aveva una relazione omosessuale». In realtà queste frasi non sono contenute in un atto giudiziario, ma in una goffa lettera anonima, piena di imprecisioni, spedita anche a molti vescovi italiani. I fattiCosa c’è di certo al momento in cui scriviamo (mercoledì 2 settembre)? C’è un decreto penale di condanna, emesso nel 2004 dal Tribunale di Terni, nei confronti di Dino Boffo per molestie telefoniche verso una giovane del posto. Dal documento si apprende che nelle presunte ingiurie, nel periodo dall’agosto 2001 al gennaio 2002, si faceva cenno anche a questioni sessuali che riguardavano la ragazza e il suo fidanzato.

Fin qui il documento reso pubblico nei giorni scorsi dallo stesso tribunale della città umbra. E quindi, rispetto a quanto scritto inizialmente da il Giornale, non c’è stato nessun patteggiamento perché non c’è stato alcun processo. Boffo ha semplicemente rinunciato a presentare opposizione al provvedimento pensando che la vicenda si sarebbe chiusa così senza bisogno di trascinarla oltre nel tempo e nelle aule giudiziarie. In questo, forse, è stato un po’ incauto. Probabilmente sarebbe stato meglio andare fino in fondo. Ma non è certo un’ammissione di colpa. Lo stesso giudice per le indagini preliminari, nel consegnare il documento ai giornalisti (martedì 1 settembre) ha confermato che «il diretto interessato ha sempre contestato qualsiasi addebito nei suoi confronti», dichiarando da subito che le telefonate giudicate moleste dalla querelante non erano state fatte da lui «ma da un’altra persona». Il giudice a questo non ha creduto, ma Boffo ha ritenuto questo un caso come tanti altri che ogni giornale si trova ad affrontare al punto di non nominare nemmeno un difensore di fiducia e accettando il decreto penale di condanna.

Altra questione importante, rispetto a quanto scritto da il Giornale, nel documento di Terni non c’è riferimento a relazioni di tipo sessuale, se non (incidentalmente) a quelle della querelante con il suo fidanzato. Non ci sono intercettazioni telefoniche, ma solo tabulati con numeri telefonici. Non c’è una sentenza di condanna, ma soltanto, come detto, un decreto penale che dispone il pagamento di un ammenda.

Tutte le altre questioni, a partire da un’infamante definizione di «noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni», sono tratte, come accennato, da una sconclusionata e sgrammaticata lettera anonima, inviata qualche tempo fa anche ad alcuni vescovi e che Feltri ha fatto passare come «informativa», mentre l’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, già segretario della Cei, l’ha bollata come «spazzatura» al pari di tutte le lettere anonime.

La difesa di BoffoIl 28 agosto, giorno dell’attacco da parte de il Giornale, Dino Boffo ha risposto con un comunicato: «La lettura dei giornali di questa mattina mi ha riservato una sorpresa totale» riguardo «alla mia vita personale. Evidentemente il Giornale di Vittorio Feltri sa anche quello che io non so, e per avallarlo non si fa scrupoli di montare una vicenda inverosimile, capziosa, assurda. Diciamo le cose con il loro nome: è un killeraggio giornalistico allo stato puro, sul quale è inutile scomodare parole che abbiano a che fare anche solo lontanamente con la deontologia. Siamo, pesa dirlo, alla barbarie».

«Sia chiaro – ha proseguito Boffo – che non mi faccio intimidire, per me parlano la mia vita e il mio lavoro».

Su Avvenire di domenica 30 agosto, Boffo sottolinea come il «fantomatico documento» a cui si riferisce Feltri sia una vera «sòla». Infatti, spulciando riga per riga si può «controbattere, e far emergere di quel testo anzitutto l’implausibilità tecnica, poi magari quella sostanziale. Lo faremo, se necessario. Fin d’ora però, a me non interessa polemizzare istericamente con Feltri, per allertare invece l’opinione pubblica su qualche altra porcata che puntualmente verrà fuori, e che magari Feltri stesso ha “prudentemente” tenuto per un eventuale secondo tempo. Poi, si sa, una perla cattiva attira l’altra, come le ciliegie». Dunque, il documento sbandierato da il Giornale, per Boffo, è «una patacca che, con un minimo appiglio, monta una situazione fantasiosa, fantastica, criminale».

Giovedì 3 settembre, il quotidiano Avvenire, oltre a pubblicare altre lettere di solidarietà, pubblica nello spazio consueto della riposta del Direttore un mini dossier («Dieci falsità: le deformazioni del Giornale e la realtà dei fatti) dal quale riportiamo ampi stralci.«1) Boffo “noto omosessuale” e protagonista di una “relazione” con un uomo sposato segnalata in atti del Tribunale di Terni. Questo – scrive Avvenire – è stato affermato dal Giornale sulla base di una lettera anonima diffamatoria, definita falsamente “nota informativa” di matrice giudiziaria e fatta altrettanto falsamente assurgere addirittura alla dignità di risultanza “dal casellario giudiziario” che in realtà, come ogni altro atto del procedimento, non conteneva alcun riferimento alle “inclinazioni sessuali” e a “relazioni” del direttore di Avvenire. Lo ha confermato il gip di Terni Pierluigi Panariello il 31 agosto: Nel fascicolo riguardante Dino Boffo non c’è assolutamente alcuna nota che riguardi le sue inclinazioni sessuali«2) Boffo “attenzionato” dalla Polizia di Stato per le sue “frequentazioni”. Anche questa affermazione, grave e ridicola al tempo stesso, è tratta non da atti giudiziari ma dalla stessa lettera anonima che il Giornale ha utilizzato per il suo attacco a Boffo. La schedatura è stata smentita dal ministro dell’Interno dopo pronta verifica fatta compiere nella struttura centrale e periferica della pubblica sicurezza.«3) Boffo “querelato” da una signora di Terni. A Terni fu sporta denuncia/querela non contro Boffo, ma contro ignoti da soggetti che ben conoscevano Boffo e la voce di Boffo e che, quando hanno scoperto che era stato ipotizzato il coinvolgimento del cellulare in uso al suo ufficio, hanno rimesso la querela.«4) Ci sono “intercettazioni” che accusano Boffo. Solo la lettera anonima parla di intercettazioni. Agli atti, invece, ci sono tabulati dai quali emergono telefonate partite da una delle utenze mobili che erano nella disponibilità di Boffo. Il gip di Terni Panariello lo ha confermato il 31 agosto.«5) Boffo ha dichiarato di “non aver mai conosciuto” la donna di Terni colpita da molestie telefoniche. Come già detto, Boffo conosceva i destinatari delle telefonate, i quali, dunque, conoscevano la sua voce. Il Giornale non può, tuttavia, nella sua montatura accettare un elemento antitetico alla sola idea della colpevolezza di Boffo.«6) Boffo si è difeso indicando un’altra persona come coinvolta in una storia a sfondo “omosessuale”. L’omosessualità in questa vicenda è stata pruriginosamente tirata in ballo dall’estensore della famigerata “informativa” anonima e dal Giornale che ha coagulato l’attacco diffamatorio proprio su questo punto. Boffo ha solo e sempre dichiarato ai magistrati di essere arrivato alla conclusione che quel telefono cellulare, che era nella disponibilità sua e del suo Ufficio, fosse stato utilizzato da una terza persona che si trovava nelle condizioni lavorative per farlo. Il gip di Terni ha dichiarato che tale pista sul piano giudiziario non è stata “approfondita” perchè non “ritenuta attendibile da chi indagava”, il quale evidentemente non conosceva i tempi e gli orari della professione giornalistica.«7) Nelle telefonate attribuite a Boffo ci sarebbero state “intimidazioni” e “molestie” a sfondo “sessuale”, anzi “omossessuale”. E sarebbero state accompagnate da “pedinamenti”. Le affermazioni del Giornale sono prive di fondamento. Boffo si è sempre dichiarato estraneo a una vicenda nella quale, anche presa solo come è stata presentata, sul piano giudiziario non include “pedinamenti” nè molestie legate alla sfera “sessuale”. L’appiglio per chi ha cercato di far circolare un’idea opposta giace nel fatto che agli atti c’è un riferimento ad “allusioni” a “rapporti sessuali” Ma, ha specificato il gip di Terni il primo settembre, ‘tra la donna e il suo compagno”.«8) Boffo in qualche modo ammise di essere colpevole e diede incarico al suo legale di “patteggiare” la pena. Boffo non ha patteggiato alcunchè e ha sempre rigettato l’accusa di essere stato autore di telefonate moleste. Ha considerato a lungo la questione giudiziaria ternana senza sostanziale importanza, in particolare successivamente alla remissione di querela sporta dalle persone interessate, tanto che in occasione della ricezione del decreto penale di condanna – lo si ribadisce: successivamente alla remissione di querela da parte delle interessate – non si rivolse ad alcun legale. Boffo non aveva dato soverchio peso al decreto in questione, in quanto l’aveva ritenuto una semplice definizione amministrativa, conseguente agli effetti della remissione.«9) Boffo ha reso pubbliche “ricostruzioni” della vicenda. Boffo non ha reso pubblica alcuna ricostruzione della vicenda e ciò che Avvenire ha pubblicato è sotto gli occhi di tutti. Nessun’altra persona, nessun particolare, nessun ente e istituzione è stato indicato, citato o chiamato in causa dal direttore di Avvenire. Boffo nonostante il pesantissimo attacco diffamatorio del Giornale non intende consegnare niente e nessuno al tritacarne mediatico generato e coltivato dal Giornale. Sul Giornale anche a questo proposito si scrive il contrario. È l’ennesima dimostrazione di come su quella testata si stia facendo sistematica e maligna disinformazione.«10) La “nota informativa” non è una lettera anonima diffamatoria e una “patacca” ma il contenuto del decreto penale relativo alla vicenda di Terni. La cosiddetta “informativa” è un testo gravemente diffamatorio contro Boffo di incerta (per ora) origine, ma sicuramente non scritto in sede giudiziaria nè per sede giudiziaria e non attinente alla vicenda ternana alla quale è stato surrettiziamente “appiccicato” all’interno di una missiva anonima dopo essere stato ideato allo scopo. Sul Giornale i giornalisti autori dell’aggressione contro il direttore di Avvenire continuano, persino dopo i chiarimenti intervenuti, a sostenere la sua autenticità. Dire che è una “patacca”, secondo costoro, sarebbe una “bugia”. E questo è comprensibile visto che la campagna diffamatoria incredibilmente ingaggiata dal Giornale si basa, sin dall’inizio, sulle gravissime affermazioni e deformazioni contenute in quel testo anonimo».

Nella tarda mattinata di giovedì l’Ufficio comunicazioni sociali della Cei dava notizia che il «cardinale Angelo Bagnasco, prende atto, con rammarico, delle dimissioni irrevocabili del dottor Dino Boffo dalla direzione di Avvenire, TV2000 e RadioInblu» (La Lettera di dimissioni di Boffo .pdf)). Nel dare notizia delle dimissioni di Boffo, il sito de il Giornale scrive: «Vittorio Feltri vince la sua prima “battaglia” da quando ha preso le redini del quotidiano di via Negri». 

LA NOTA DI FISC E SIR. La Federazione italiana settimanali cattolici (Fisc), che riunisce 186 testate del territorio, e l’agenzia Sir, della stessa Federazione, si uniscono alle redazioni di Avvenire, Sat2000 e Radio inBlu nell’esprimere solidarietà piena al direttore Dino Boffo e nel ribadire la più ferma condanna dell’«inqualificabile attacco mediatico» scatenato contro di lui. Questa intimidazione non riuscirà certo a zittire le voci di giornalisti che, come Boffo, intendono tenere vigile la loro coscienza e libera la loro professione.

Le reazioniL’attacco che è stato fatto al dott. Boffo direttore di “Avvenire” è un fatto disgustoso e molto grave», ha detto l’arcivescovo di Genova e presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, il 29 agosto, prima di celebrare la Messa per la festa del santuario della Madonna della Guardia, in riferimento all’attacco rivolto al direttore di “Avvenire” da il “Giornale”. «Rinnovo al dott. Boffo tutta la stima e la fiducia mia personale e quella di tutti i vescovi italiani e delle comunità cristiane», ha aggiunto Bagnasco. Il giorno precedente, l’Ufficio per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana aveva diffuso questo comunicato: «In merito alle accuse sollevate oggi da un quotidiano, si intende confermare piena fiducia al dott. Dino Boffo, direttore di Avvenire, giornale da lui guidato con indiscussa capacità professionale, equilibrio e prudenza».

Sulla questione, come detto, è intervenuto anche monsignor Giuseppe Betori: «Quale sia la mia stima e fiducia nei confronti del dottor Boffo – ha dichiarato – lo mostra la collaborazione con lui instaurata negli anni del mio servizio alla Cei. Quanto ai fogli anonimi che circolano in questi giorni, assurti al rango di informativa, li ho sempre ritenuti – come ogni missiva anonima – degni del cestino della spazzatura, quella spazzatura da cui provengono e devono tornare».

«Il plateale e ripugnante attacco a Dino Boffo – recita un comunicato del Cdr di “Avvenire”, diffuso il 28 agosto – è una chiara intimidazione al direttore di “Avvenire” e a tutta la redazione del quotidiano. A cui Vittorio Feltri e il suo editore non perdonano l’indipendenza di giudizio e il richiamo ai valori cristiani espressi in questi mesi. Un attacco personale al direttore di “Avvenire” ma anche un attacco alla libertà di pensiero e di stampa: esprimendo piena e affettuosa solidarietà a Dino Boffo, la redazione tutta assicura che proseguirà come al solito nel proprio lavoro di informazione puntuale dei lettori esercitando sempre e comunque il diritto di critica oltre a quello di cronaca».

Sempre il 28 agosto, Sir e Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici, che riunisce oltre 190 settimanali diocesani) hanno diffuso un comunicato nel quale «fanno proprie le dichiarazioni dell’Ufficio comunicazioni sociali della Cei e del Comitato di redazione di «Avvenire» ed esprimono piena solidarietà e immutata fiducia nel direttore del quotidiano d’ispirazione cattolica». Hanno espresso solidarietà al direttore di «Avvenire», condannando l’attacco a lui rivolto, molti esponenti della politica, di tutti gli schieramenti, e dell’associazionismo e tantissimi lettori.

Solidarietà a Boffo è stata espressa direttamente per telefono anche del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, mentre il Papa ha telefonato al cardinale Bagnasco per testimoniare «stima e gratitudine» per la Conferenza episcopale italiana e per il suo presidente.

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I documenti pubblicati da Avvenire

La deriva della stampa a rimorchio della politica

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