Arezzo - Cortona - Sansepolcro

Casi di aborto:  le condizioni  per l’assoluzione.

Essendo giunta presso la nostra redazione la richiesta di chiarimenti circa le condizioni per l’assoluzione del peccato di aborto, abbiamo girato la domanda a monsignor Vittorio Gepponi, docente di diritto canonico presso l’Istituto superiore di scienze religiose di Arezzo.

La disciplina canonica della Chiesa, fin dai primi secoli, è sempre intervenuta sanzionando penalmente coloro che in qualunque modo ricorrevano alla pratica dell’aborto e tale prassi ha trovato conferma nei vari periodi storici. Il Codice di diritto canonico del 1917 comminava per l’aborto la pena della scomunica e anche la rinnovata legislazione canonica del 1983 ribadisce che «chi procura l’aborto ottenendo l’effetto incorre nella scomunica latae sententiae», cioè incorre automaticamente nella scomunica. Al riguardo però è bene chiarire due questioni: innanzitutto che la scomunica colpisce coloro che sono a conoscenza della pena e non coloro che la ignorano; inoltre la pena della scomunica riguarda tutte le persone che si rendono complici dell’aborto senza la cui opera esso non potrebbe essere realizzato. Il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2272 è altrettanto chiaro: «La cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa sanziona con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana… La Chiesa non intende in tal modo restringere il campo della misericordia. Essa mette in evidenza la gravità del crimine commesso, il danno irreparabile causato all’innocente ucciso, ai suoi genitori e a tutta la società». Risulta alquanto evidente dunque che la Chiesa ritiene questo delitto come uno dei più gravi, ma la sua azione è volta a far ritrovare sollecitamente la strada della conversione a chi lo commette. Nella Chiesa, infatti, la pena della scomunica è finalizzata a rendere pienamente consapevoli della gravità di un certo peccato e a favorire quindi un’adeguata conversione e penitenza. Detto questo arriviamo al punto che ci è stato sottoposto: a chi è demandata la potestà di assolvere dal peccato di aborto? La normativa canonica prevede che tale assoluzione è riservata al Vescovo o al canonico penitenziere, ma lo stesso Vescovo diocesano può concedere che tale facoltà sia esercitata anche da altri presbiteri per un certo periodo di tempo o anche a tempo indeterminato. Ora, nella diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, è a tutt’oggi in vigore una «Nota Pastorale sull’assoluzione del peccato di aborto» che fu promulgata il 21 maggio 2001 dal vescovo monsignor Gualtiero Bassetti. In tale documento, dopo alcune opportune riflessioni sul ministero del confessore, viene emanata una norma al fine di rispondere con sollecitudine alle necessità dei fedeli e curare la loro santificazione e salvezza. Pertanto viene concesso «a tutti i sacerdoti incardinati in questa diocesi e ai sacerdoti religiosi… la facoltà di rimettere in foro interno sacramentale la censura latae sententiae relativa all’aborto, prevista dal can. 1398 Cjc». Come in precedenza accennato, la norma è ancora vigente in quanto il Vescovo conclude il documento con queste parole: «Tale facoltà avrà valore ed effetti giuridici a nostro beneplacito», e fino ad oggi non è stato reso pubblico alcun atto vescovile con il quale venga revocata tale facoltà. Mons. Vittorio Gepponi