Toscana
Casa Rider, a Firenze un’oasi di pace per i ciclofattorini
Aperto (dal lunedì al venerdì dalle 15 alle 18:30) il primo spazio dedicato al riposo e all’aiuto dei ciclo-fattorini, un punto di riferimento in un mondo lavorativo incerto diventato per molti insostenibile. Le testimonianze di Muhammad e Konstant
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«Prima ci andavamo a riposare al parco. Aspettavamo sotto le tettoie, riparati, quando pioveva, in posti di fortuna dove poter ricaricare il telefono tra una consegna e l’altra. Questo progetto è stato una svolta». Forse è la prima volta che Muhammad si siede su un divano durante il suo momento di pausa. Originario del Pakistan, vive a Firenze dal 2021 e lavora da tre anni come ciclo-fattorino. Il suo nuovo punto di riferimento, aperto da poco nel centro storico fiorentino, in via Palmieri, si chiama Casa Rider ed è il primo spazio di supporto in Italia dedicato ai lavoratori del mondo delle consegne alimentari.
Il progetto, promosso dalla Cgil insieme a L’Altro diritto, Cat, Oxfam e Nosotras, è stato realizzato grazie a una raccolta fondi con i contributi di oltre 200 donatori. Lo spazio, di proprietà del Comune di Firenze, è stato assegnato alle organizzazioni che si sono incaricate della sua ristrutturazione ed è aperto, per il momento, dal lunedì al venerdì dalle 15 alle 18:30.
«Quest’iniziativa è parte di un percorso nato dalla lotta per i diritti dei rider. Vogliamo offrire loro un luogo di riposo, ma anche servizi di consulenza lavorativa e sociale», spiega Ilaria Lani, sindacalista della Cgil e operatrice di Casa Rider. In viaggio per ore da una parte all’altra della città, qui i trasportatori trovano una zona sicura con divanetti, una connessione internet, uno spazio ristoro, la possibilità di accedere a servizi igienici e anche una ciclo-officina per riparare le bici e ricaricarne le eventuali batterie. Alcuni operatori sono a disposizione dei rider per fornire loro consulenza sindacale e assistenza: «Cerchiamo di aiutarli a cambiare lavoro – specifica Lani – e a ottenere le documentazioni richieste: dallo Spid alla carta di soggiorno».
I dati del sindacato informale di categoria, Deliverance, riportano che nel centro-nord l’80% dei lavoratori del settore è di nazionalità straniera. Il mondo delle consegne alimentari rappresenta per loro un guadagno facile in cambio di un lavoro semplice, ma allo stesso tempo estenuante e spesso privo delle dovute tutele. Aiutarli a superare le barriere linguistiche per far valere i propri diritti è una delle priorità di Casa Rider.
La pausa è finita e Muhammad si alza dal divano. «Oggi consegno da mezzogiorno fino alle tre di notte – ci spiega – ma presto cambierò vita». Da qualche sera ha iniziato a lavorare part-time in un ristorante, mentre la mattina continua a fare il rider. Spera di voltare pagina al più presto. «I pagamenti – racconta – si sono abbassati rispetto a prima. Una consegna a Gavinana dal centro era retribuita con quasi cinque euro, adesso neanche quattro per più di tre chilometri di strada da fare». Sul piano economico, la domanda di consegne alimentari a domicilio, esplosa durante gli anni del Covid, è continuata ad aumentare, ma allo stesso tempo è cresciuto anche il numero dei rider (più di 30mila nel nostro paese), incrementando la competizione nel settore.
Tra i grandi colossi del food delivery in Italia, JustEat è l’unico che ha previsto un contratto nazionale (un pagamento orario lordo inferiore ai nove euro, con incentivi per il numero di consegne eseguite) mentre Glovo e Deliveroo seguono criteri diversi. Il primo assegna un punteggio a ogni rider, stabilito dall’algoritmo in base alle prestazioni del lavoratore. Con una valutazione più alta ci sarà la possibilità di prenotare più turni, verranno assegnati più incarichi e il guadagno sarà maggiore. Il secondo ha introdotto un sistema di accesso libero, che consente a ogni fattorino di connettersi quando vuole e lavorare.
Quando il tuo datore di lavoro, però, è un algoritmo che ti percepisce come una macchina, la situazione diventa insostenibile. «Con l’aumento del numero dei rider – denuncia Muhammad – la nostra area di servizio si è allargata. In passato restavamo sempre in città, adesso mi capita di dover consegnare in posti come Grassina, Lastra a Signa, o addirittura Prato». In caso di rifiuto dell’incarico, il rider può incorrere in una sanzione e il suo punteggio può risentirne. Muhammad, come molti altri, si sposta con una bici muscolare e nei giorni di lavoro più densi può arrivare a completare oltre 20 consegne. Ma i parametri di valutazione non tengono conto della stanchezza che accumula, della pendenza del percorso, del suo stato fisico.
Arrivare in ritardo è molto facile e non sempre la colpa è di chi trasporta. «Spesso i ristoranti – ammette – non ci trattano come dovrebbero. Ci fanno aspettare fuori, danno priorità ai clienti ai tavoli e alla fine siamo solo noi a essere penalizzati». I clienti dei rider, intanto, attendono la consegna e, insoddisfatti del servizio, scrivono recensioni che l’algoritmo andrà a calcolare prima di assegnare i prossimi incarichi.
Nell’ingresso di Casa Rider, Konstant sta ricaricando il suo cellulare prima di ripartire. Lavora per Glovo da cinque anni, ha parcheggiato la sua nuova bici muscolare davanti all’entrata, fino a un mese fa ne aveva una elettrica. Stava tornando a casa a Pistoia di notte, dopo una giornata di lavoro. Era seduto sul treno, la bici appoggiata al muro. Mentre le porte stavano per chiudersi, degli uomini sono passati e gliel’hanno portata via. Konstant se l’era comprata a caro prezzo, dopo tanti sacrifici, per riuscire a fare più consegne con meno fatica. «Dal 2021 le paghe sono diminuite, vogliono assumere le persone trattandoci come schiavi», pronuncia quest’ultima parola esitando, cerca di pensare a un altro termine, ma non lo trova. Poi prende il telefono e apre l’applicazione di lavoro. Accanto al suo profilo si legge «Valutazione: 3.2 su 5». Sabato prossimo voleva lavorare, ma ha potuto selezionare soltanto un turno da un’ora. «Mi abbassano il punteggio senza motivo – spiega – e non so neanche il perché. Così non posso più andare avanti».
Lo scorso novembre, il Garante italiano per la protezione dei dati personali aveva sanzionato, con una multa di cinque milioni di euro, Foodinho, la società proprietaria di Glovo, per aver violato la tutela dei dati sensibili dei suoi lavoratori. Nello stesso mese, a protezione dei lavoratori delle piattaforme digitali, è stata approvata una nuova direttiva dell’Unione europea, con lo scopo di garantire il controllo e la supervisione umana sulla gestione degli algoritmi del sistema. La strada dei rider verso la conquista dei loro diritti resta tutta da percorrere, ma l’iniziativa di Firenze potrebbe fare da apripista verso questa direzione.
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