Opinioni & Commenti

Carlo Maria Martini: Lampada ai suoi passi è stata la Parola

di Silvano Piovanelli

cardinale, arcivescovo emerito di Firenze

Sono appena tornato da Milano dove ho partecipato alle esequie del card. Carlo Maria Martini e porto dentro un’emozione profonda per la dimostrazione di stima e di affetto e per l’intensità  di partecipazione e di fede cristiana della folla che stipava il duomo e riempiva la piazza.

Mi è venuto spontaneo il pensiero dei grandi arcivescovi di Milano di cui ci parla la storia, Sant’Ambrogio e San Carlo, e del card. Schuster, contemporaneo per età e ministero del nostro amato card. Elia Calla Costa.

Ho sentito quanto sono vere le parole di un padre della Chiesa a proposito dei nostri cari defunti: «Non sono più dove erano, ma sono dovunque noi siamo».  Il card. Martini, che è stato per  22 anni arcivescovo di Milano, tu lo avvertivi presenza cara e palpitante in quel «noi» della comunità cristiana che cantava la sua fede.

Ho riletto con attenzione le parole che egli aveva scritto nella lettera pastorale «Sto alla porta» e che lui ha vissuto alla lettera nella sua carne e nel suo spirito: «Vigilare è accettare il continuo morire e risorgere quale legge della vita cristiana; le condizioni della vigilanza evangelica non sono dunque la stasi e la nostalgia, bensì la perenne novità di vita e l’alleanza celebrata sempre nuovamente con il Signore Gesù che è venuto e che viene. Nella luce dell’evento pasquale si coglie allora il pieno significato della morte fisica, ultima vicenda visibile della nostra esistenza. La morte è evento pasquale, segnato contemporaneamente dall’abbandono e dalla comunione col Crocifisso Risorto. Come Gesù abbandonato sulla Croce, ogni morente sperimenta la solitudine dell’istante supremo e la lacerazione dolorosa: si muore soli!  Tuttavia, come Gesù, chi muore in Dio si sa accolto dalle braccia del Padre che, nello Spirito, colma l’abisso della distanza e fa nascere l’eterna comunione della vita. Perciò, per la grande tradizione cristiana la morte è il dies natalis, giorno della nascita in Dio».

Tutti quelli che l’hanno conosciuto sanno quanto sono state vere per lui le parole scritte sulla immaginetta-ricordo: «Lampada per i miei passi è la tua Parola, luce sul mio cammino». Così egli ha guidato i passi della sua Chiesa, così egli ha incontrato quanti ha incrociato nel suo cammino. Così da ogni parte gli viene riconosciuto il merito di essere stato attento, pronto, rispettoso nell’ascolto e nel dialogo con tutti, credenti e non credenti, uomini e donne in ricerca nel nostro tempo di cambiamenti rapidi e profondi. Egli, da profondo studioso delle Sacre Scritture,  ha tradotto in modo esemplare  nella concretezza di una vita interamente dedicata al Vangelo quanto negli anni ’60 scriveva Karl Rahner: «La teologia di oggi e di domani dovrà farsi teologia del dialogo con gli uomini che pensano di non poter credere». La lezione della sua vita rimane per tutti noi attualissima  e necessaria.