Occorre collegare il passato dell’Italia, come Paese di emigrazione di massa, con l’immigrazione che sta trovando sbocco nel nostro Paese. L’ampia accoglienza riservata in America Latina ai nostri emigrati, nonostante fossero inizialmente meno istruiti di quanto lo siano oggi gli immigrati latinoamericani e non mancassero i problemi, consentirono di favorire un positivo processo di integrazione. E’ quanto scrivono mons. Vittorio Nozza, mons. Piergiorgio Saviola e mons. Enrico Feroci (rispettivamente direttore della Caritas italiana, direttore generale della Fondazione Migrantes e direttore della Caritas diocesana di Roma) nel volume America Latina-Italia. Vecchi e nuovi migranti(ed. Idos) presentato questa mattina a Roma. Per diversi aspetti, a livello di sistema e di società, si è rimasti a metà del guado, con la popolazione divisa in due parti si legge nell’introduzione al volume – di cui una ostile (o quasi) all’immigrazione e l’altra favorevole (o almeno non contraria), e diverse decisioni pubbliche e una serie di comportamenti sociali fanno pensare più alla diffidenza che alla volontà di integrazione. Nel caso degli immigrati latinoamericani si può parlare del complesso del riconoscimento mancato. Tra di essi – si legge ancora non sono pochi quelli che, essendo spesso di origine italiana o sentendosi vicini all’Italia per aver a lungo e fruttuosamente convissuto con cittadini italiani, giunti in Italia si sentono smarriti, non solo perché rientrano nell’ambito di operatività delle leggi sui cittadini extracomunitari, ma anche perché si sentono scarsamente considerati nella riserva delle quote d’ingresso e nelle iniziative di formazione all’estero e poco sostenuti nei percorsi di inserimento in loco. Il ricordo di 150 anni di emigrazione italiana e la riflessione sulla presenza italiana in America Latina si legge ancora nell’introduzione – possono aiutare a superare i preconcetti di natura politica e culturale. Perché l’emigrazione non sia uno scacco sottolineano -, il fenomeno migratorio deve promuovere congiuntamente il miglioramento delle condizioni economiche, la serenità familiare e il benessere spirituale, da considerare obiettivi irrinunciabili secondo la dottrina sociale cristiana, avversa a una concezione degli immigrati come un prodotto usa e getta’.Sir