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CARITAS ITALIANA: PERIFERIE «LUOGHI DELL’ABBANDONO»; INTERVENIRE ORA, TRA 10 ANNI TROPPO TARDI

Nelle periferie urbane, meglio definite “quartieri sensibili” dove convivono diverse situazioni di disagio, “si è innescata una spirale dell’abbandono” e le persone vivono come “imprigionate”. “Bisogna lavorare adesso per fermare questa spirale altrimenti tra dieci anni sarà troppo tardi”. E’ la sintetica diagnosi fatta dal sociologo Mauro Magatti, preside della facoltà di sociologia dell’Università Cattolica di Milano, curatore della ricerca della Caritas italiana “La città abbandonata. Dove sono e come cambiano le periferie italiane”, presentata oggi a Roma. Nel volume di 500 pagine frutto di due anni di lavoro, viene indagata la situazione in dieci periferie (Barriera di Milano, Begato, Forlanini-Ponte Lambro, Navile, Isolotto, Esquilino, Scampia, San Paolo, Librino, Zen) di altrettante città: Torino, Genova, Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Catania e Palermo. Periferie non necessariamente dislocate all’esterno della città, ma anche in zone centrali dove però si vivono cambiamenti diversi. Secondo Magatti è ora di intervenire con una “politica ad orchestra”, nei vari ambiti (scuola, giovani,sanità, ecc.), da usare “in maniera diversificata a seconda dei contesti”. “Siamo in un momento critico, di passaggio – ha osservato –, con processi strutturali che formano isole di povertà o ricchezza all’interno della città”.

“Le maggiori tensioni in Italia – ha avvertito Magatti – sono all’interno del quartiere. Le povertà non sono solo materiali ma quasi antropologiche”. E non sono solo povertà individuali ma anche “sociali e istituzionali”. “Chi si trova lì – ha detto Magatti – è come imprigionato”. I conflitti, secondo quanto emerge dalla ricerca, sono “tra anziani e giovani, tra autoctoni e immigrati, tra chi conduce una vita all’interno del quartiere e chi invece lo utilizza solamente”. “Siamo molto lontani dalla situazione delle banlieue parigine – ha precisato – perché non c’è la concentrazione di una sola etnia. Ma sono comunque quartieri esposti a livelli alti di violenza e insicurezza”. Magatti ha classificato tre tipi di violenza: quella della criminalità organizzata, che paradossalmente “fa regnare un certo ordine”; la violenza “nichilista” e senza senso e la violenza “simbolica” nei “luoghi di contatto”, quali la scuola o il bus, allo scopo di “rendersi visibili”. In questa situazione le realtà che riescono a “contrastare il degrado, seppure con grande fatica” sono “le parrocchie, le sedi di partito, i sindacati, il terzo settore e la scuola”. Si tratta, ha affermato mons.Francesco Montenegro, vescovo di Messina e presidente di Caritas italiana, di “dare piccole risposte alle tante difficoltà che emergono” ed essere sempre più “luoghi di speranza”.

Sir