Fiesole

Caritas, il servizio civile è straordinarioSei posti disponibili con il nuovo bando

La Caritas diocesana di Fiesole partecipa con un proprio progetto approvato dall’Ufficio nazionale di Servizio Civile in cui sono disponibili 6 posti suddivisi in tre centri: la Casa Famiglia e il Centro di Ascolto presso la Parrocchia di S. Maria al Giglio a Montevarchi, il Centro di Ascolto di San Giovanni Valdarno e la Fraternità della Visitazione di Piandiscò. Il bando resta aperto dal 6 giugno al 7 luglio, possono parteciparvi i giovani in età compresa tra i 18 ed i 28 anni.

IL PROGETTO. Il progetto, ideato dalla Caritas diocesana di Arezzo-Cortona-Sansepolcro e da quella di Fiesole (che comprende una parte del territorio della Provincia di Arezzo), vuole porre l’accento sulla difficile e complicata realtà del fenomeno migratorio presente nella vasta area della Provincia di Arezzo e in particolare modo nel Comune capoluogo di Arezzo, in quello di Cortona e in tre diversi Comuni dell’area del Valdarno aretino quali: San Giovanni Valdarno, Montevarchi e Piandiscò. Un trend in continuo aumento. Con il progressivo aumento del fenomeno migratorio nella suddetta area, registrato nel 2006 nel precedente progetto di servizio civile, assistiamo anche nel 2007 ad un aumento costante e progressivo delle richieste di aiuto, ascolto, accompagnamento e inserimento degli stranieri stessi all’interno del tessuto sociale e lavorativo locale, con il conseguente bisogno di ulteriore potenziamento dei diversi centri di ascolto già presenti e dei servizi di assistenza a questi collegati.

LE TESTIMONIANZE. Alcuni giovani della nostra diocesi stanno svolgendo da otto mesi il servizio civile nazionale presso alcuni centri della Caritas diocesana. Abbiamo raccolto le testimonianze di due di loro e volentieri le pubblichiamo in questo periodo in concomitanza con la riapertura del nuovo bando.

PER INFO. Per informazioni telefonare a Suor Maria Letizia Dei, Fraternità della Visitazione tel. 055/960157 o alla Caritas diocesana (055/9154156) il mercoledì dalle 9 alle 16 oppure tramite mail caritas@diocesifiesole.it. Il progetto è consultabile anche sul sito della diocesi www.diocesifiesole.it.

TESTIMONIANZE/1

Il servizio civile alla Fraternità della Visitazione è per me un’esperienza formativa, perchè ho modo di conoscere tante realtà e tante «storie» diverse tra loro, di condivisione e di crescita, di fatica ma anche di divertimento. Sono tante le mansioni, tanti i lavori da fare nella casa famiglia; per questo è molto importante il servizio civile, sia per un’esperienza personale “diversa” dalle normali attività quotidiane, sia perchè c’è bisogno di noi giovani, per aiutare, nel mio caso, ragazze madri (non tutte extracomunitarie) in difficoltà, che devono ricostruirsi una vita dopo essere state, abbandonate. C’è bisogno di accoglierle, di ascoltarle, c’è bisogno di un normale gesto di affetto nei loro confronti perchè ne hanno bisogno o perchè non ne hanno mai avuti. La grande opera della Fraternità della Visitazione, correlata alla straordinaria opera della Caritas diocesana, permette a tante donne, con bambini o senza, di trovare una casa pronta ad accoglierle, vitto e alloggio in cambio di niente (escludendo naturalmente le normali pulizie della casa). È fondamentale quindi il servizio civile, che è una forma di volontariato «pagato» (chiamiamolo rimborso spese) ma l’importanza non sta tanto nei soldi che ricevi quanto in cosa puoi dare e ricevere tu da questo anno dedicato ad aiutare gli altri. È questa l’importanza del volontariato, è questo il segno tangibile che anche nel nostro piccolo noi giovani possiamo fare qualcosa di grande anche se non ce ne accorgiamo… Anche col servizio civile possiamo fare qualcosa, fallo anche tu.

Andrea Sassolini

TESTIMONIANZE/2

Sono ormai più di dieci anni che a Montevarchi, nei locali della Canonica della Chiesa della Natività S.Maria al Giglio, si trovano il Centro d’ascolto e la Casa Famiglia della Caritas Diocesana di Fiesole. La mia esperienza personale qui è un po’ più recente, ho iniziato, infatti, a frequentare la Casa famiglia ed il Centro d’Ascolto dove sto svolgendo l’anno di servizio civile nazionale, nel 2003, iniziando così, un po’ per caso. Io abito a pochi passi dalla chiesa, ma per molto tempo, pur sapendo che questa realtà esisteva, non me ne ero accorta. Il primo vero contatto con la Casa Famiglia è stato quando, una domenica mattina, una delle persone che abitavano lì, attraversò la strada improvvisamente, io riuscii a frenare in tempo, dopodiché scesi per vedere come stava quell’uomo, poi lo accompagnai a casa …e da cosa nasce cosa… Raccontare questa esperienza non è facile, è come se vi chiedessero di parlare del caldo, del freddo, della gioia, della tristezza… sono cose che difficilmente si riescono a descrivere. Credo di poter dire che il concetto base che racchiude lo spirito di questa esperienza è l’accoglienza; l’accoglienza è di fatto un istinto naturale, è ciò da cui si genera la vita stessa. Ognuno di noi non sarebbe qui, se la propria vita non fosse stata accolta, prima che da noi stessi, dalla propria madre. È anche per questo che trovo naturale la nascita di un centro d’ascolto e di una Casa Famiglia nei locali di una parrocchia dedicata a Maria che è Madre su tutte le madri ed è il più vero esempio d’accoglienza. Pensando spesso a tutto ciò, credo che quello che ho vissuto in questi anni, e quello che si vive tutti i giorni in questa casa, è lo stesso che vive una donna in gravidanza. Essere presenti in questa casa significa, prima di tutto, dire sì alla vita. L’accoglienza parte da questo dire sì alla vita. È evidente che vivere un’esperienza del genere cambia, ha cambiato me, la mia vita perché è stato necessario fare spazio all’interno di me stessa; questo è da non fraintendere con il trovare del tempo nell’arco di una giornata o di una settimana per stare lì; è un concetto molto diverso. L’accoglienza è una cosa che avviene all’interno della persona, non è un’appendice staccata, così come il bambino si sviluppa all’interno del grembo di una donna ed affinché questo avvenga il corpo si modifica, cresce la pancia, si crea spazio, uno spazio fisico nel proprio corpo; così per accogliere è necessario fare uno spazio fisico dentro la nostra anima, dentro al nostro cuore. È un processo lento questo, naturale, ma non semplice, perché per accogliere l’altro dentro noi stessi è necessario liberarsi un po’ di noi… «togliere un po’ di noi». L’esempio più grande e significativo in questo mi è arrivato sicuramente da don Mauro Frasi (parroco della Parrocchia S.Maria al Giglio e responsabile della Casa famiglia e Centro d’ascolto) il quale ha trasformato tutto il suo spazio, interiore ed esterno, in spazio d’accoglienza dove condividere la sua vita e la sua casa con i poveri… con chi ha bisogno di aiuto. Ogni volta che si è aperta la porta di canonica, io è questo che ho visto accadere: dire sì alla vita che stava entrando. È un sì che mette alla prova, perché i poveri sono comunque spiazzanti, stare faccia a faccia con la povertà fa vedere un aspetto del mondo che è più semplice ignorare, un aspetto del mondo che è più semplice dimenticare che mette alla prova il nostro professarsi cristiani, il nostro essere battezzati. La povertà più vera e più spiazzante è quella interiore, le persone che arrivano qui quasi mai hanno bisogno solo di vestiti puliti, di una tavola dove mangiare e di un posto dove dormire, perché queste sono richieste semplici alle quali rispondere. La vera necessità che hanno è quella di trovare qualcuno che dica di sì alla loro vita, nella quale loro stessi non hanno più fiducia, perché troppo ferita, troppo difficile… le delusioni, i fallimenti sono diventati troppo pesanti, troppo grandi. Il vero aiuto dato a queste persone è quello di accoglierle così, con tutti questi pesi, per aiutarli a ritornare, non senza fatica, non senza dolore, di nuovo alla vita… è un po’ come una rinascita… Penso di poter dire che è questo di fatto quello che avviene in questa Casa Famiglia ogni volta che arriva qualcuno, ogni persona accolta è un sì alla vita, come quello di nostra madre… un sì alla vita che aiutiamo e sosteniamo a formarsi di nuovo, a crescere nuovamente, per poi rinascere e ripartire da qui… Solo poi, vivendo giorno dopo giorno tutto questo ti rendi conto che il sì alla vita è un sì a Dio vivendo ogni giorno con il pensiero all’ineguagliabile esempio di Maria..accogliendo le persone che si presentavano a chiedere aiuto, persone nelle quali a volte era difficile riconoscere l’uomo, ho capito che in realtà era Dio che entrava in quella casa… e nella mia vita… capendo, anzi sentendo, solo giorno dopo giorno che è un Dio vicino, che è rimasto in mezzo a noi ed ancora oggi rinasce nei cuori degli uomini… per questo l’unico modo che ancora oggi riesco a trovare per descrivere questa Casa Famiglia e l’esperienza che vivo qui è dicendo che è una Casa d’Orizzonte, tra cielo e terra, tra Dio e l’uomo… fisicamente infatti situata, tra stazione e chiesa..dove «si arriva di Venerdì» e «si riparte di Domenica».

Letizia Baldetti