Toscana

Caritas, ecco l’identikit delle nuove povertà

di Simone PitossiArriva dall’Europa centro-orientale, è in Italia da un anno o meno, è donna, è senza permesso di soggiorno, vive in affitto o da amici, è senza lavoro pur possedendo un titolo di studio. È questo l’identikit di colui che in situazione di emergenza si è rivolto ai Centri di ascolto delle Caritas toscane nel 2005. Questa fotografia delle povertà in Toscana è contenuta nel Dossier 2006 che raccoglie i dati delle oltre 15 mila persone accolte dai volontari Caritas, che verrà presentato sabato 7 ottobre (9,30-12,30 Sala Foresteria, Via Cavour 18, Firenze). E il primo dato che emerge è che sono stati 2.300 in più rispetto al 2004.

Chi sono. L’81% è costituito da stranieri mentre il restante 19% sono italiani. Rispetto all’anno precedente c’è un dato significativo: la componente femminile con il 52,7% ha effettuato il sorpasso. L’incremento è sicuramente dovuto al più massiccio afflusso di donne provenienti dal paesi dell’est europeo. Oltre il 50% ha tra i 25 e i 44 anni: gli stranieri sono più giovani, gli italiani più anziani. Secondo la Caritas è un dato allarmante che più della metà delle persone che vengono a bussare alle porte della Caritas siano «esclusi dall’orbita delle politiche sociali, solitamente incentrate sulle fasce di età più estreme, quelle dei minori e quelle degli anziani». Il lavoro dei centri di ascolto è quindi complementare «rispetto a quanto svolto dagli attori istituzionali».

Abitazione. Riguardo al tipo di abitazione il primo dato da segnalare è che a fronte di una popolazione toscana che risulta proprietaria dell’immobile in cui abita in oltre il 70% dei casi, tra le persone ascoltate la percentuale precipita al 2%. Poco meno di un terzo (26,9%) vive in affitto, il 25,8% risiede presso amici o familiari. I senza fissa dimora sono il 13% e se a questa percentuale aggiungiamo chi abita in alloggi di fortuna raggiungiamo un 20% di persone che si trovano in condizione abitativa precaria.

Titolo di studio. Per quanto riguarda il titolo di studio posseduto il 31,5% ha raggiunto un titolo medio inferiore, mentre il 5,3% è del tutto privo di un titolo di studio. La somma di chi ha raggiunto un diploma professione, la licenza media superiore e la laurea supera il 40% ed evidenzia «come ormai il titolo di studio non rappresenti più una risorsa che pone al riparo rispetto al rischio di scivolare in uno stato di vulnerabilità e disagio sociale».lavoro. Infatti a fronte di un’istruzione decisamente elevata circa i due terzi delle persone transitate dai centri di ascolto nel 2005 hanno dichiarato uno stato di disoccupazione, mentre gli occupati non erano che il 26,8% del totale.

Nazionalità. Per quanto riguarda gli stranieri la componente maggioritaria è rappresentata da coloro che provengono dai paesi dell’Europa centro-orientale (54,7%). Scendendo nello specifico i rumeni con 3.311 unità continuano ad essere il gruppo prevalente (28%) seppure in flessione del 3% rispetto al 2004. A seguire i marocchini (9,5%), i peruviani (8,9%), gli albanesi (8,4%) tutti in flessione rispetto all’anno precedente. Al quinto posto si trovano gli ucraini (6,5%) che invece sono in aumento dell’1,1%. Un dato interessante: mentre i flussi migratori provenienti dall’Africa e dall’Asia riguardano prevalentamente gli uomini, quelli provenienti da Europa centro-orientale e Ameria centro-meridionale hanno una connotazione più marcatamente femminile.

Da quanto in Italia. Oltre il 30% di coloro che si rivolgono ai centri di ascolto toscani sono in Italia da meno di un anno o da un anno e oltre la metà ha dichiarato al primo colloquio di non essere in possesso del permesso di soggiorno.

Cosa chiedono. Quando si rivolgono ai centri di ascolto Caritas chiedono per la maggior parte beni e servizi materiali (58,1%). In particolare, oltre il 40% di questo settore riguarda il vestiario. E le richieste alimentari (mensa, buoni pasto, viveri, alimenti per neonati) toccano il 50%.

La schedaIl Dossier 2006 si basa sui dati raccolti nel 2005 nei Centri di ascolto delle Caritas diocesane della Toscana che aderiscono al progetto Mirod (Messa in rete osservatori diocesani).

Nell’introduzione ci sono i contributi dell’arcivescovo Alessandro Plotti, presidente della Cet, di don Vittorio Nozza, direttore Caritas nazionale, e dell’assessore alle politiche sociali della Toscana Gianni Salvadori.

Nel primo capitolo viene fatto il punto della situazione del «welfare» in Toscana.

Nel secondo i Centri di ascolto delle 17 diocesi della Toscana presentano il lavoro svolto in questi anni e l’articolazione interna. Alcune diocesi hanno un Centro di ascolto diocesano e altri vicariali e parrocchiali, altre non hanno un vertice ma solo centri sul territorio.

Importante è poi il lavoro svolto nelle case di accoglienza. Nel terzo capitolo c’è la lettura dei dati raccolti con la fotografia della situazione.

Infine, nel quarto ed ultimo capitolo c’è «il disagio raccontato» sia dai centri di ascolto sia dalle persone che frequentano i centri. Sono 18 le storie raccontate da coloro che si trovano in situazione di bisogno.

MIROD