Fiesole

Caritas: ecco chi sono i poveri in diocesi

DI LUCIA MERLINIGiunti al consueto appuntamento annuale col Convegno diocesano (domenica 29 novembre a Piandiscò), la Caritas diocesana tenta di delineare un quadro sulla situazione diocesana a partire anche dai dati informatici provenienti dai cinque centri di ascolto sparsi sul territorio della Diocesi e partecipanti al progetto di messa in rete dei dati Mirod-Toscana. Quest’anno il sentimento che ci anima nel delineare lo scenario della povertà è finalizzato soprattutto ad una riflessione interna sull’operato, sulla nostra funzione educativa e pedagogica, sul rapporto che ci contraddistingue sia all’interno della chiesa sia verso gli interlocutori esterni. Dunque proviamo a tratteggiare alcuni punti salienti dei dati informatici dei centri di ascolto.PRESENZE. Ci preme sottolineare l’importanza di un dato che finalmente si assesta e stabilizza: dopo essere cresciuto costantemente negli ultimi 4 anni, nel 2009 le presenze ai centri Caritas si stabilizzano segnando rispetto al 2008 un calo. Abbiamo già più volte sottolineato che la crescita delle presenze era correlata fortemente all’accresciuta capacità di registrare meglio i dati in un’ottica organica e informatizzata all’interno dei centri di ascolto. Ma ci pare importante tuttavia che abbia smesso di crescere e che vada verso una stabilizzazione. I centri Caritas diocesani rimangono comunque molto frequentati con 2.841 presenze complessive. Circa 270 in meno rispetto all’anno 2008. La minor presenza si registra tra gli stranieri che sono passati da 2649 a 2372, mentre gli italiani sono incrementati di sole 7 unità, ma percentualmente passano dal 14,8% al 16,5%. In percentuale gli stranieri passano dall’85,2% all’83,5%. La flessione delle presenze tra gli stranieri è un dato da leggersi probabilmente correlato alla crisi economica che ha marcato e prodotto effetti nella vita lavorativa e sociale inducendo un certo numero di persone ad abbandonare il proprio progetto migratorio.UOMINI-DONNE. Il rapporto fra i sessi, se nel dato generale delle presenze straniere risulta abbastanza equilibrato (56,5% femmine e 43,5% maschi) nelle singole comunità è spesso invece molto sbilanciato. Ci sono delle comunità a prevalenza femminile (Ucraina, Polonia, Romania, Federazione Russa, Moldavia) e quelle tradizionalmente a prevalenza maschile (Algeria, Egitto, Eritrea, Somalia, Senegal, Sri Lanka, Tunisia e Kosovo). Nella percentuale italiana la prevalenza è maschile.PRIMA VOLTA. Le persone che si sono rivolte alla Caritas per la prima volta nel corso dell’anno 2009 sono 890, 320 in meno rispetto all’anno 2008. Di questi 134 sono di nazionalità italiana. I dati continuano ad essere alti e collocano ancora una volta i centri Caritas nel difficile e delicato ruolo di interlocutori degli stranieri nella prima fase dell’esperienza migratoria: registriamo 49 nuovi contatti albanesi, 6 dal Bangladesh, 5 dalla Bolivia e dalla Bulgaria; 7 dalla repubblica dominicana, 11 dall’India, 19 dal Kosovo, 83 dal Marocco, 48 dal Perù, 27 dalla Polonia, 292 dalla Romania, 6 dal Senegal, 55 dalla Somalia, 49 dallo Sri Lanka, 15 dalla Tunisia, 14 dall’Ucraina, 5 dall’Ungheria. Questi semplici dati ci dicono che i flussi migratori sono continui da circa 20 anni da paesi quali l’Albania e l’africa del nord. Ma anche dalla Somalia sempre segnata da conflitti e guerre interne.RAPPORTI LUNGHI. Se da una parte assistiamo a un minor numero di nuovi arrivi dall’altra assistiamo ad un aumento del tempo di presa in carico delle situazioni. Questo dato registrato anche a livello regionale Caritas, nella nostra diocesi si mostra con percentuali più significative. Ciò significa che molte persone continuano ad usufruire dei servizi e dei beni erogati dai centri Caritas del territorio. Se consideriamo l’anno di arrivo e la nazionalità notiamo come siano gli italiani ad instaurare rapporti più duraturi col centro Caritas. Dobbiamo osservare che i rapporti tra utenti e fruitori dei nostri centri Caritas diocesani siano mediamente più lunghi rispetto al dato regionale dove oltre il 50% della componente sia italiana che straniera è arrivata nel corso dell’anno 2009, rispetto alle nostre percentuali che non arrivano al 35% del dato complessivo.NAZIONALITÀ. La tabella il alto evidenzia le principali nazionalità degli stranieri passati nei nostri centri confrontate col dato regionale Caritas. Notiamo che per la prima volta dal 2007 il numero dei rumeni è in calo e perde rispetto al dato complessivo quasi 5 punti percentuali. Rimane tuttavia il gruppo nazionale più numeroso anche in confronto col dato regionale Caritas. Costante negli ultimi anni la crescita del gruppo marocchino che rispetto al 2008 aumenta di oltre 5 punti. Costante anche la crescita del gruppo kosovaro che costituisce una presenza significativa nella zona geografica compresa tra Greve in Chianti e Figline Valdarno. Costante anche la crescita del gruppo albanese di 1 punto percentuale. Ci sembra interessante dare evidenza a quanto sostenuto dall’Osservatorio Sociale della Provincia di Arezzo che nel Rapporto sull’immigrazione n. 31 dell’Ottobre 2010 scrive: «I dati sul movimento migratorio degli stranieri nel 2009 evidenziano che in molti casi il Valdarno rappresenta l’area del primo ingresso, il punto di partenza di un percorso che vedrà molti immigrati trasferirsi successivamente verso altri territori (in provincia o nel resto d’Italia), nei quali è possibile trovare maggiori opportunità di lavoro». La provincia di Arezzo si conferma un territorio ad alta immigrazione e per quanto riguarda il Valdarno col picco del Comune di Montevarchi dove la percentuale degli stranieri sulla popolazione residente raggiunge nel 2009 il 12,9% il doppio della media nazionale (6,5%) calcolata dall’Istat per il 2008.PROBLEMATICHE. Le problematiche presentate maggiormente sono legate alla mancanza, precarietà, perdita, assenza del lavoro (43,2%) da cui ne deriva, a cascata, una sentita e marcata mancanza, inadeguatezza e incertezza del reddito (38,2%). Incidono in minor misura problematiche afferenti alla sfera familiare dove incidono maggiormente separazioni/divorzi e conflittualità (1,5%), ma anche quelle legate alla mancanza di salute (1,6%) che però determinano molto spesso una caduta in una situazione di povertà. Poco rilevante, rispetto al dato regionale, problemi relativi alla casa (4,3% contro 9,7% del dato regionale). Rispetto all’anno 2008 aumentano i problemi legati al lavoro di oltre 2 punti percentuali, e quelli legati alla migrazione sia intesa come fatica nel permanere o conquistare uno stato di regolarità giuridica, ma anche come mantenimento delle famiglie nei paesi di origine. Registriamo un ulteriore aumento di persone che vivono in una condizione di povertà estrema e quasi senza una dimora fissa: un dato che passa dal 3,3% del 2008 al 4,9% del 2009.