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CARITAS DIOCESANE: LIZZOLA (UNIV. BERGAMO), NEL PAESE PROFONDA STANCHEZZA INTERIORE

“Ci incontriamo ed educhiamo in comunità, in società europee nelle quali si vedono i segni di una profonda stanchezza interiore. La crisi di natalità è uno dei segni più evidenti”: lo ha detto stamane a Roma, Ivo Lizzola, preside della facoltà di scienze della formazione all’università di Bergamo, intervenendo alla prima giornata del seminario per le équipe delle Caritas diocesane sul tema “Il contesto sociale, culturale, economico e politico. Educare alla vita buona del Vangelo”. Il relatore ha evidenziato che viviamo in un’epoca segnata da “nuove forme di diseguaglianza, profonda crisi del legame sociale, diversificati percorsi di vulnerabilità, fenomeni di marginalizzazione, incertezza, povertà”. La “stanchezza interiore” si concretizza – ha detto – nella “crisi di natalità” quale “segno di contraddizione di una società che mentre assicura longevità e salute con la tecnoscienza, la biomedicina, l’alimentazione”, “trascura e vede la dispersione della vita che c’è, non la cura e non la protegge adeguatamente in casa, sul lavoro, sulla strada, negli spazi di ritrovo”. Un secondo grido d’allarme lanciato da Ivo Lizzola ai delegati delle Caritas diocesane riguarda la “tentazione anti-educativa”. Ha infatti affermato che “pare a volte di cogliere nella nostra convivenza, nelle istituzioni educative, nei luoghi di incontro tra le generazioni .. una tentazione anti-educativa, quasi un mollare la presa di una intenzionalità pedagogica”. Il docente ha affermato che “molti adulti rinunciano a fare una proposta sensata, a evocare o trasferire passione, a mostrare oggetti di apprendimento di abilità sociali”. Così facendo, “’rubano’ a adolescenti e giovani quell’alterità rappresentata da adulti portatori di storie, di valori e di intenzioni, necessari per favorire l’attraversamento d’una nuova nascita, per la quale serve pure capacità di distacco e di superamento delle consegne e dei modelli”. Lizzola ha attribuito questa crisi educativa anche a un altro fattore: “il tempo che manca .. tanto tempo è rubato – ha affermato – dai ritmi frenetici del produttivismo e del consumismo, dalla paralisi dell’impossibilità di progettare il futuro e di coltivare fiducia nell’incontro con altri, nella frammentazione dei tempi di vita .. senza filo conduttore, eredità, unificazione”.Descrivendo la situazione composita della società odierna, Lizzola ha poi affermato che “nei luoghi educativi della prima infanzia, nelle scuole dell’infanzia si incontrano figlie e figli che anche quando sono nati o residenti nello stesso territorio, vengono da ‘territori di vita’ lontani e diversi”. Li ha definiti “stranieri tra loro, portatori di diversi strumenti e diverse disposizioni nell’entrare in rapporto con gli altri”. Uno dei fattori di difficoltà personale e sociale odierna, a fronte di questa complessità, consiste – secondo Lizzola – nel fatto che ci sono molti uomini e donne che “non riescono ad abitare la loro vulnerabilità, né a sostenere dubbi e interrogazioni sulle loro capacità e sulle loro possibilità”. “Vediamo tanti padri e tante madri logorarsi nel ‘condividere’ le emozioni di figlie e figli, volendo evitare loro ogni tensione emotiva, ogni sforzo psichico e fisico, impedendo pratiche attente di distanza e di prova, ogni confronto con la paura di perdita, con la fragilità e con la forza dell’amore”. Ad avviso del relatore occorre quindi educare a “partecipare al proprio cammino di trascendimento, a costruire la propria identità segnata dalla differenziazione, dalla variabilità della vita, dalla possibilità di cambiamenti, in una chiave altruistica, partecipando alle condizioni degli altri, donando il proprio tempo”.Sir