Siamo ben coscienti, noi che abbiamo contribuito alla stesura di questo rapporto, come esso sia parziale e pieno di lacune. Sarebbe molto bello se i problemi della nostra diocesi si fermassero ai casi che sono qui presi in considerazione. Molti di coloro che sono in condizione di necessità non si presentano ai nostri Centri di Ascolto, alcuni perché non conoscono la loro esistenza, altri perché aiutati da altre organizzazioni, altri ancora perché sopraffatti dal senso di vergogna e imbarazzo. Nonostante questo, i nostri Centri, sia nella città che nel resto del territorio, sono stati raggiunti da un numero di persone maggiore di quello che risulta dai semplici dati riportati nelle nostre tabelle. Infatti i dati di molte persone, che sono state ascoltate e nella maggior parte dei casi aiutate nei nostri centri, non sono stati raccolti in nessun tipo di scheda e non possono comparire nei nostri consuntivi. La evidente parzialità dei dati non toglie che possano essere di una certa importanza per analizzare quali sono le problematiche che maggiormente vengono ad essere esposte e come queste si evolvano nel tempo se, come è possibile per il Centro di Ascolto diocesano, abbiamo dati relativi a più anni.Un dato abbastanza importante che nel CdA diocesano è stato messo in evidenza nel tempo è l’aumento del numero di persone che vengono a fare una richiesta di aiuto al Centro. Se questo può essere dovuto in parte alla conoscenza più diffusa della sua esistenza, è certamente anche un riflesso del sempre maggiore numero di persone, che in questa opulenta società, si trovano a non poter coprire con il loro reddito il minimo indispensabile per la sopravvivenza. Inoltre il tipo di utenti sembra essere cambiato nei quattro anni in cui il Centro diocesano è stato aperto. Insieme alle situazioni tradizionali di vita condotta ai margini della società, che sono rappresentate dai senza fissa dimora e dai gruppi di nomadi sinti, è aumentato infatti il numero di nuclei familiari monoreddito che vengono a trovarsi in condizioni di estrema emergenza. Un sintomo preoccupante, che ci fa comprendere come queste famiglie, in cui uno solo dei coniugi può lavorare, siano quelle che rischiamo maggiormente nei momenti di crisi, e richiederebbero, quindi, una maggiore tutela da parte delle istituzioni.L’analisi dei dati relativi alle persone che provengono da paesi diversi dal nostro, che vengono al centro gestito dal Gruppo Volontari Accoglienza Immigrati, ci indicano come anche nella nostra diocesi si possa riscontrare la grave situazione che conosciamo a livello nazionale. Le persone che si rivolgono al centro sono in maggioranza donne, di età compresa tra i 20 e i 50 anni e cercano lavoro ma sono senza permesso di soggiorno.Il Signore ci chiede molte volte e in molti modi di amare i fratelli come Lui ha amato noi, ma spesso questi fratelli li sentiamo lontani. Conoscerli, conoscere i loro problemi può essere un primo passo per diventare realmente loro prossimo. Conoscere il fratello ascoltando è già un po’ mettersi al suo servizio, donando il nostro tempo prezioso. Ascoltare è il passaggio necessario per poter coinvolgere il nostro cuore e donare qualcosa di più di ciò che siamo e di ciò che possediamo. Certamente il limite che caratterizza la nostra condizione è sempre presente e spesso di fronte alla richiesta di aiuto che non possiamo soddisfare ci possiamo sentire frustrati, ma dobbiamo essere consapevoli che se non sappiamo indicare la strada per il cammino del fratello possiamo sempre metterci accanto a lui per cercarla insieme.Don Marcello Franceschi