Sono quattro i progetti che vedranno impegnati le dodici ragazze e i cinque ragazzi. Uno è sui minori dal titolo «Un anno insieme tra impegno, gioco e affetto» ed è interdiocesano con Fiesole. Il secondo è legato all’immigrazione ed è stato chiamato «Accoglienza ed ascolto: le basi per una convivenza integrata». Il terzo verte sulle disabilità ed è denominato «Vivere e lavorare insieme per abbattere le diversità». E l’ultimo è il progetto anziani ribattezzato «Un anziano per amico».Quando è stato reso noto il bando, la Caritas ha avuto contatti informali con 35 giovani anche se soltanto diciannove hanno presentato la domanda di ammissione. Tutti e diciannove sono risultati idonei, ma soltanto in diciassette sono stati selezionati. I due che non sono stati ammessi potranno subentrare nel caso in cui uno dei ragazzi rinunciasse al servizio civile.E’ significativo analizzare la provenienza dei giovani che è ben distribuita nella diocesi. Sei di loro sono della città di Arezzo; quattro provengono dalla Valdichiana (due da Cortona, uno da Lucignano e uno da Alberoro); quattro dal sud Italia (due dalla Calabria, uno dalla Puglia e uno dalla Campania); due dalla Valtiberina (vale a dire da Sansepolcro); due dal Casentino (uno da Capolona e uno da Bibbiena); uno dal Valdarno, dal paese di Ponticino.Scandagliando i curriculum dei ragazzi, si scopre che quattro di loro sono laureati in ambiti attinenti al mondo sociale, educativo, assistenziale, mentre la maggior parte (cioè dieci dei futuri civilisti) sono in possesso del diploma di scuola media superiore. Il resto è in possesso del solo titolo di terza media e soltanto uno è ancora studente della scuola media superiore alle serali.Lo «status» occupazionale attuale dei diciannove giovani è omogeneo. Otto sono studenti universitari; uno è studente delle superiori e dieci sono in attesa di una prima occupazione e di ingresso nel mondo del lavoro.È interessante, dal punto di vista pastorale, sapere che fra i diciannove che hanno presentato domanda in Caritas soltanto due hanno seguito un cammino ecclesiale e fanno parte di gruppi e movimenti d’ispirazione cristiana (uno viene dalle fila dell’Azione Cattolica, un altro dall’Agesci). Degli altri sono in tre che in modo non strutturato e organizzato partecipano o hanno partecipato a momenti diocesani e spirituali, mentre i rimanenti quattordici non hanno mai preso parte a iniziative diocesane o sono stati coinvolti in gruppi ecclesiali o parrocchiali. E addirittura alcuni di loro non si professano credenti o si dicono indifferenti alla religione. Per la Caritas è uno stimolo in più ad accompagnare questi giovani nel loro servizio, con la speranza che attraverso il «dono di se stessi» agli altri per un anno intero possano aprirsi alla riflessione sul senso della vita e sul rapporto con Dio e la Parola. Questo è il motivo principale per il quale ancora oggi la Caritas scommette sul servizio civile: vivendo un’esperienza concreta di servizio si cresce interiormente e si contribuisce, da cittadini attivi e consapevoli, alla costruzione di una società attenta alla persona, ai suoi diritti e alla valorizzazione delle singolarità di ciascuno.di Alessandro Buti