Il salone del palazzo vescovile di Arezzo è gremito, come in poche altre occasioni. E’ domenica pomeriggio e anche se c’è il sole l’Episcopio non riesce a contenere tutti. C’è chi non riesce ad entrare o chi sceglie di rimanere in piedi anche due ore pur di partecipare ad un appuntamento atteso: quello fra il Vescovo, monsignor Gualtiero Bassetti, e gli sposi «in situazioni di separazione, divorzio o nuova unione», come si legge nel manifesto-invito appeso nel portone d’ingresso. L’eco che l’incontro ha avuto fa arrivare ad Arezzo anche coniugi che vivono fuori provincia.«La Chiesa è al vostro fianco», esordisce il Vescovo che ha deciso di aprire il suo appartamento per «lasciarsi interpellare», afferma. Ad organizzare l’evento l’ufficio diocesano per la pastorale familiare e il consultorio «La famiglia». Al fianco di monsignor il vice presidente dell’Associazione famiglie separati cristiani, Emanuele Scotti, che è il primo a raccontare la sua esperienza. «Per me la separazione è stata un motivo di conversione: ho compreso che la sofferenza personale avvicina a Dio ed è una ricchezza per la Chiesa», spiega prendendo come spunto la lettera dell’arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi, «Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito», che ha dato il là all’incontro.Il dolore di un matrimonio che si conclude fa da comune denominatore alle testimonianze che si susseguono con toni pacati e talvolta commossi. «Dai sacerdoti mi sono sempre sentita accolta – racconta una signora di Arezzo che, dopo il divorzio, ha un nuovo compagno – E la Messa resta un punto di riferimento: piango durante la consacrazione. Però perché vengono esclusa dall’Eucaristia?». Un’esperienza simile ad una donna che confida: «Dopo un matrimonio naufragato, mi sono sposata civilmente col mio attuale marito: con lui vivo insieme da 33 anni. Adesso desidererei davvero poter sancire la nostra unione con un matrimonio religioso». C’è invece chi ha preferito non cominciare una nuova unione. «Fra un uomo e l’Eucarista – spiega una signora divorziata da sette anni – ho scelto l’Eucarista. E sono felice. Ho cresciuto da sola un figlio e mi sento come le donne che stavano sotto la croce».Non manca il problema dei figli. «Vedo il dolore nei nostri figli – spiega Marco, 42 anni, separato dal 2002 – Non basta la legge dell’affidamento condiviso: la politica deve capire che la famiglia non è solo sinonimo di Ici o riduzioni fiscali». La solitudine è un altro tema che ricorre. Come spiega Roberto Ferraro, coordinatore toscano dell’associazione famiglie separati cristiani e altro relatore dell’incontro. «Chi entra nel nostro gruppo di Firenze si sente spesso senza appigli». E’ la molla che a Sansepolcro, sempre nella diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, ha fatto nascere un «cenacolo» per separati e divorziati attivo da quattro anni a Montauto. «La nostra Eucarista è la Parola che ci illumina e ci conforta», riferisce Giuliana. Lo sottolinea anche Bassetti: «La Parola e l’adorazione eucaristica è sono fonti a cui tutti posso attingere». E poi il chiarimento: «E’ più ciò che unisce di ciò che divide». Quindi l’appello da pastore: «Da oggi comincia un cammino insieme. Un cammino che sarà all’insegna della speranza». E l’ufficio per la pastorale familiare ha già raccolto le adesione che si concretizzeranno in percorso da definire.di Giacomo Gambassi