Italia

CARD. SEPE: UNA LETTERA APERTA ALLA DIOCESI PER SPIEGARE I FATTI

Una lettera alla “amata Chiesa di Napoli” per spiegare come sono andati veramente i fatti. L’ha resa nota oggi, in una conferenza stampa, il card. Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, dato che “si trova a essere interpellato, come ampiamente riportato in questi giorni dai mezzi di comunicazione, sul fronte di una vicenda giudiziaria, che nella sua essenza, per la fiducia che si deve alla giustizia e per il rispetto al valore della legalità, impone procedure e chiarimenti”. “Tre – sottolinea il porporato – sono gli addebiti che mi vengono fatti, per la responsabilità che ho avuto in quanto prefetto della Congregazione di Propaganda Fide, e riguardano la gestione del patrimonio immobiliare che ho cercato di inventariare, recuperare e valorizzare per rispetto a quanti nel tempo ne sono stati i donatori e per tutelare le finalità, rappresentate dal sostegno alle attività missionarie nei Paesi più poveri e dimenticati della terra”. Il primo caso riguarda la concessione in uso di un alloggio a Guido Bertolaso, la cui esigenza venne rappresentata al cardinale da Francesco Silvano. “In prima istanza – racconta -, gli feci avere ospitalità presso il Seminario, ma mi furono rappresentati problemi di inconciliabilità degli orari, per cui incaricai lo stesso Silvano di trovare altra soluzione, della quale non mi sono più occupato”. Altro coinvolgimento concerne la vendita a Lunardi di un palazzetto in via dei Prefetti. “Si trattava – chiarisce il card. Sepe – di un immobile che presentava, in maniera evidente e seria, segni di vecchiaia e di precarietà, rappresentati più volte anche dagli stessi inquilini. Fu disposto un sopralluogo ricognitivo eseguito dai tecnici della Congregazione, i quali fecero anche una valutazione dei lavori necessari, preventivando anche la spesa che fu ritenuta troppo onerosa per le casse della Congregazione, per cui venne presa in considerazione l’opportunità della vendita”. Gli stessi tecnici “ne stimarono il valore, tenendo conto, evidentemente, delle condizioni dello stabile e del fatto che era occupato da inquilini il che, di per sé, comportava una sensibile decurtazione, come è noto”. Fu detto che Lunardi aveva espresso il proprio interesse all’acquisto e “fu avviata una trattativa che si concluse sulla base della valutazione fatta e di quella che si aggiunse attraverso il coinvolgimento di un istituto di credito, per la concessione di un mutuo. La somma, incassata peraltro immediatamente, fu quella riportata dalla stampa e che venne trasferita all’Apsa (Amministrazione Patrimonio Sede Apostolica), perché fosse destinata a tutta l’attività missionaria nel mondo”. La terza questione interessa “i lavori di messa in sicurezza statica di un lato del Palazzo di Propaganda Fide in Piazza di Spagna a Roma, che aveva subito una modificazione strutturale, nel senso che era stato registrato un notevole distacco della parete determinato, secondo gli accertamenti tecnici effettuati, da infiltrazioni di acqua sotto il fabbricato e dalle continue vibrazioni causate dal passaggio della vicina metropolitana. Fu accertata la competenza dello Stato italiano e furono eseguiti lavori di ripristino e ristrutturazione, con onere parzialmente a carico della pubblica amministrazione”. In tutta questa attività e rispetto ai casi sopra indicati, il porporato si è sempre avvalso della consulenza specifica di tre persone: De Lise, magistrato; Balducci, all’epoca Provveditore alle Opere Pubbliche del Lazio; Silvano, amministratore dell’Ospedale Bambin Gesù. “Tutto ho fatto – precisa il cardinale – nella massima trasparenza, avendo i bilanci puntualmente approvati dalla Prefettura per gli affari economici e dalla Segreteria di Stato, la quale, con una lettera, inviatami a conclusione del mio mandato di prefetto, volle finanche esprimere apprezzamento e stima per la gestione amministrativa”. “Dico questo – aggiunge -per amore della verità, nella consapevolezza di avere sempre agito secondo coscienza, avendo come unico obiettivo il bene della Chiesa”.Questi i fatti, come li ricorda il card. Sepe, che evidenzia: “Neppure una vicenda giudiziaria può giustificare una così fredda elencazione di eventi, senza mettere in campo una serie di altri elementi essenziali, primo fra tutti, il percorso di una vita sacerdotale, nel quale la Croce non è mai un intoppo ma il segno della appartenenza a Cristo. Accolgo così, in tutta umiltà, la prova che oggi mi tocca; ma accanto ad essa avverto anche la forza di una serenità che non può nascere a caso, maturata via via attraverso i diversi passaggi” della sua vita sacerdotale. Dopo aver ripercorso le tappe del suo ministero, il porporato ha ricordato che questo viaggio “nasce dall’esempio di mio padre e mia madre, gente di sudore e di terra che conosce il patire e la parola data, che mi hanno insegnato l’onore e il coraggio della verità. Se a loro debbo tanto, innanzitutto la vita, a loro debbo consegnare la fedeltà a quella verità che oggi, senza paura, professo e testimonio”. “Vado avanti – chiarisce il cardinale – con serenità, accetto la Croce e perdono, dal profondo del cuore, quanti, dentro e fuori la Chiesa, hanno voluto colpirmi”. La verità, conclude, “vincerà! Sono convinto che da questa inattesa prova usciremo tutti più forti, per continuare a compiere insieme la missione che Cristo ci ha affidato! Chiedo a tutti di sostenermi con la preghiera e, con amore di Padre, vi benedico!”.Sir