Vita Chiesa

CARD. RUINI: IL RISCHIO DELLA PREGHIERA COME «FARMACO SPIRITUALE» E L’ANTIDOTO DELLE PARROCCHIE

In un mondo, come quello attuale, in cui sono sempre più diffuse le tendenze a “rimanere chiusi nel cerchio del proprio io” o a “ricercare e coltivare anzitutto il proprio benessere”, anche la preghiera corre il rischio di ridursi ad un “farmaco spirituale”. A lanciare l’allarme è stato il card. Camillo Ruini, presidente della Cei, che aprendo oggi il Consiglio permanente dei vescovi italiani (in corso a Roma fino al 25 marzo) si è soffermato sul tema della parrocchia, in vista della prossima Assemblea di maggio, e sul “rapporto personale con Dio” da cui “dipende la fecondità del servizio apostolico” dei vescovi e dei preti. Ai parroci, il presidente della Cei ha infatti raccomandato di “non lasciarsi totalmente assorbire e fagocitare dalle mille sollecitudini quotidiane”, e di coltivare “l’arte della preghiera cristiana“, che “consiste nel lasciare che Dio entri nella nostra vita”. Anche se la preghiera cristiana “produce effetti” migliori “di una ricerca di interiorità che rimanga dentro ai confini del proprio io”, lo “scopo” principale della preghiera – ha ricordato il cardinale – non consiste tanto nella “serenità” o nell’”autentica riconciliazione anche con noi stessi”, ma “in quel rapporto con Dio, fatto di fede e di fiducia, di lode, di gratitudine e di amore, che il Signore Gesù ha reso possibile anche al più piccolo dei fratelli”. La preghiera cristiana, dunque, è “aliena dalle fughe nell’intimismo, che anche oggi accompagnano spesso la ricerca di conforto spirituale”, perché mostra la sua “autenticità” nella “sollecitudine e dedizione con cui, ciascuno secondo il proprio stato di vita e le responsabilità che gli sono affidate, spendiamo noi stessi per le persone con cui abbiamo rapporti diretti ma anche per il bene comune della società a cui apparteniamo”. Sir

Il testo integrale della Prolusione card. Ruini (22 marzo 2004)