Vita Chiesa
Card. Krajewski: «Se ogni monastero e parrocchia aprisse le porte, a Lesbo non troveremmo nessuno»
«Cominciamo dai cardinali, dai vescovi, dai presbiteri: apriamo le nostre case, le nostre canoniche, i nostri palazzi. C’è lo spazio, ci sono le risorse. Se ogni monastero, ogni casa religiosa, ogni parrocchia, si aprisse almeno per una persona, almeno per una famiglia, a Lesbo non troveremo nessuno». È un appello, anzi un grido di aiuto, quello lanciato ieri mattina dal card. Konrad Krajewski, elemosiniere di Sua Santità, prendendo la parola a Fiumicino. È appena arrivato da Lesbo insieme ai 33 rifugiati giunti in Italia grazie a un corridoio umanitario voluto espressamente da Papa Francesco e realizzato con l’intermediazione della Comunità di Sant’Egidio come sempre in accordo con il Ministero dell’interno. «Il Pontefice – ha continuato il cardinale – è colui che mette i ponti. Oggi abbiamo messo questo ponte che si chiama corridoio umanitario. È una cosa totalmente evangelica». Il grazie della Santa Sede va al governo italiano che ha permesso questo corridoio e al governo greco che, oltre ad aver lavorato al superamento dei problemi burocratici, ha anche pagato i biglietti di tutti quelli che sono arrivati oggi. «Dio fa le grandi opere», ha detto l’elemosiniere. «Ma con tutta la gente di buona volontà, possiamo moltiplicare questi corridoi e questo sarà il nostro miracolo».
Ai 33 rifugiati arrivati ieri se ne aggiungeranno in questi giorni altri 10, per un totale di 43 persone. Sono di diverse nazionalità: provengono da Afghanistan, Camerun e Togo ed hanno tutti alle spalle chilometri di strada percorsa a piedi per raggiungere prima la Turchia e poi da qui, sbattuti nell’isola di Lesbo. Ad accoglierli all’aeroporto di Fiumicino ci sono anche alcuni dei volontari della Sant’Egidio che quest’estate hanno trascorso un periodo di tempo sull’isola.
Hanno ancora negli occhi le condizioni di estrema povertà e incuria in cui queste persone vivevano nel campo di Moria: il campo predisposto dal governo greco che può ospitare 3mila persone ma che oggi ne contiene almeno il doppio
Altrettanti trovano «rifugio» in tende all’esterno del perimetro del campo per una popolazione complessiva di 15mila persone, alcuni dicono addirittura 17mila. «Siamo stati a maggio con la Comunità di sant’Egidio e c’erano solo 7mila persone», racconta il cardinale Krajewski. «In questi giorni ne abbiamo trovate più del doppio e 800 bambini non accompagnati. L’Avvento – aggiunge – è un tempo che dice, svegliatevi. Questo primo corridoio che si svolge in Europa, vuol dire a tutti noi: svegliatevi! Ci ha dato l’esempio il nuovo cardinale arcivescovo di Lussemburgo che due settimane fa si è fatto personalmente carico di due famiglie e le ha accolte nella sua casa e ora vivono insieme. Dobbiamo cominciare da noi stessi».
La storia di questo corridoio umanitario risale al 2106 quando in aprile Papa Francesco, insieme al Patriarca Bartolomeo e all’arcivescovo ortodosso di Grecia Ieronymos, andò in visita proprio sull’isola di Lesbo. In quella occasione, sul volo papale, con il Pontefice arrivarono a Roma tre famiglie. Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, è tornato nell’isola greca in maggio: «Sono rimasto fortemente impressionato di una situazione di estrema difficoltà. Abbiamo incontrato una umanità ferita», racconta. «Ricordo una donna afgana che mi ha detto: ‘Ho superato molte difficoltà ma qui ho perso la speranza dietro a queste grate’. Di ritorno a Roma, ho raccontato questa storia al Santo Padre e lui mi ha detto: ‘Dobbiamo fare qualcosa perché il mio viaggio non deve essere un episodio, ma un inizio, dobbiamo dare un segno di speranza’». Nasce così la collaborazione con l’Elemosineria Apostolica e il cardinale Konrad Krajewski, guidati dall’idea che la gente di Lesbo non dovesse fare più quei viaggi, dell’orrore, della paura e del rischio. Poi rivolgendosi direttamente ai nuovi arrivati, Riccardi ha detto:
«Comincia per voi una vita nuova e vi saremo vicini. I corridoi umanitari sono l’inizio di un processo che vogliamo europeo e condiviso da tutti i paesi europei».