Vita Chiesa

Card. Betori: nei migranti il volto di Cristo. Favorire l’incontro tra le culture

L’Arcivescovo ha ricordato «il volto dei tanti uomini e donne che fuggono dal loro Paese per cercare condizioni degne di un essere umano e chiedono a noi accoglienza e solidarietà», che la Chiesa accoglie, come ha scritto il Papa nel messaggio per la Giornata, «senza distinzione e senza confini e per annunciare a tutti che “Dio è amore” (1Gv 4,8.16)». Una «Chiesa – ha detto ancora sempre citando il Papa – senza frontiere, madre di tutti, diffonde nel mondo la cultura dell’accoglienza e della solidarietà, secondo la quale nessuno va considerato inutile, fuori posto o da scartare». Anche se questi flussi migratori , ha proseguito sempre citando dal Messaggio della Giornata, «suscitano diffidenze e ostilità, anche nelle comunità ecclesiali, prima ancora che si conoscano le storie di vita, di persecuzione o di miseria delle persone coinvolte. In tal caso, sospetti e pregiudizi si pongono in conflitto con il comandamento biblico di accogliere con rispetto e solidarietà lo straniero bisognoso».

«Tutto questo – ha osservato il Cardinale – richiede capacità di interventi organici, assunzione di responsabilità da parte degli Stati e degli organismi internazionali per correggere le ingiustizie dei sistemi economici che perpetuano sacche di povertà e di guerra in tante parti del mondo, collaborazione tra le istituzioni e le forme solidarietà che nascono dalla società civile, impegno degli organismi caritativi ecclesiali e gesti di singoli discepoli di Gesù».

«Ma non tutto – ha ammonito – può risolversi con azioni istituzionali e organizzazione solidale. Tutto resterebbe senza anima se dovesse mancare l’incontro personale, il farsi carico delle storie di singoli e famiglie, l’ascolto delle narrazioni del dolore e il riconoscimento del valore dell’altro come persona». Da qui «la gratitudine della Chiesa fiorentina per quanto fanno tra noi Migrantes e Caritas, ma anche per tutte le iniziative più localizzate in parrocchie e aggregazioni. Come pure va riconosciuto l’impegno delle istituzioni sul nostro territorio».

«Infine, – ha detto ancora l’Arcivescovo – non possiamo nascondere che l’incontro con persone che vengono da Paesi lontani pone anche problemi di confronto e di convivenza tra culture. La difficoltà a comprendersi può creare muri difficili da abbattere, le incomprensioni generano gruppi sociali tra loro irriducibili, e in mondi chiusi possono inserirsi quanti non hanno interesse all’incontro ma al conflitto. Ne sono tragicamente testimoni i nostri giorni. Abbiamo bisogno di costruttori di ponti, di promuovere l’interesse a capire gli altri e le loro ragioni, di emarginare quanti invece sentono solo le ragioni dell’ostilità e dell’egemonia. Tutto questo ha il suo fondamento nel riconoscimento del valore e della dignità di ogni persona, nel rispetto di ogni convincimento, nel rifiuto di ogni violenza. E la libertà vive nel rispetto dell’altro, riconosciuto a me uguale, sempre attenti alle esigenze della solidarietà».

«La nostra missione – ha concluso – implica dunque l’intreccio di tre scenari: quello solidale, quello personale e quello culturale. Essi chiedono l’impegno delle comunità e delle singole persone».