Il momento di difficoltà che attraversa l’Europa sollecita una nuova assunzione di responsabilità e un rinnovato impegno comune da parte dei popoli e delle istituzioni. Ma non basta: affinché il suo processo di unificazione sia veramente fecondo occorre che l’Europa riconosca le proprie radici cristiane. Così il card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, concludendo oggi a Roma il seminario di studio e aggiornamento per i vescovi italiani Chiesa e Confessioni religiose nel sistema dell’Unione europea. Le attuali difficoltà del vecchio continente, spiega il cardinale, fanno meglio percepire quanto sia necessario ritrovare quello spirito che ha guidato la fase iniziale della costruzione dell’unità europea, caratterizzata dall’attenzione all’anima profonda dei nostri popoli e al loro futuro, senza rimanere prigionieri delle sole logiche dell’economia e dei rapporti di forza. Oggi l’Ue cerca la strada per dare nuovo slancio al proprio cammino e in particolare alla propria presenza sulla scena internazionale, di cui si avverte una grande necessità. Egualmente necessaria, secondo il card. Bagnasco, la ricerca di valori condivisi, sul piano di una unità culturale e spirituale alimentata dal dialogo e rispettosa della propria identità spirituale, culturale e civile. Sotto questo profilo fa notare il presidente Cei -, l’Europa riunita dal punto di vista politico ed economico ha bisogno dell’apporto coesivo che le deriva dai valori e dalla tensione al Trascendente che le Chiese e le comunità religiose annunciano, propongono e sostengono anche al di là dai confini nazionali. Secondo il card. Bagnasco, l’Esortazione apostolica Ecclesia in Europa offre un significativo punto di partenza per il cammino dell’Europa e della Chiesa. Un cammino faticoso nel quale i cristiani devono essere in prima fila per lucidità di analisi, seria competenza, generosità di impegno e come convinti testimoni di speranza’. Occorre, spiega il porporato, la consapevolezza dell’importanza del patrimonio cristiano per la storia ed il futuro dell’Europa, in una prospettiva nella quale anche la nuova evangelizzazione non è il progetto di una cosiddetta restaurazione dell’Europa del passato, ma lo stimolo a riscoprire le proprie radici cristiane e a instaurare una civiltà più profonda, veramente più cristiana e perciò anche più pienamente umana. In quest’ottica, perché il processo di unificazione sia veramente fecondo è il monito del cardinale -occorre che l’Europa, pure al di là delle enunciazioni formali contenute nel Trattato, riconosca le proprie radici religiose e specificamente cristiane, dando così spazio a quei principi che costituiscono parte integrante del suo patrimonio e sono alla base dei suoi valori. Consapevolezza delle radici cristiane, precisa il card. Bagnasco, non significa in alcun modo negare le esigenze di una giusta e sana laicità da non confondere con il laicismo ideologico delle istituzioni europee, ma piuttosto affermare prima di tutto un fatto storico che nessuno può seriamente contestare, perché come la storia sta a testimoniare il cristianesimo appartiene in modo radicale e determinante ai fondamenti dell’identità europea. Il rifiuto del riferimento alle radici religiose dell’Europa non è affatto espressione di tolleranza; è piuttosto espressione di una tendenza che vuole relegare la religione a fatto esclusivamente privato e soggettivo, elevando il relativismo etico a dogmatismo culturale. Nel processo di sviluppo dell’Unione europea ancora parole del presidente Cei – appare necessario da un lato applicare con sempre maggiore coerenza il principio di sussidiarietà, e dall’altro lato riconoscere il contributo peculiare delle Chiese e comunità religiose allo sviluppo della casa comune europea. Interesse principale e fine esclusivo di ogni intervento della Chiesa cattolica, nonché suo spazio naturale di dialogo e di contributo chiarisce il card. Bagnasco -, è la promozione e la tutela della dignità della persona e della sua centralità etica, la quale si esplicita in principi che non sono negoziabili perché espressione e contenuto stesso di tale dignità. Da questa concezione e da tali principi osserva – derivano in special modo: la tutela della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale, resistendo a forme di aggressione e di minaccia talvolta mascherate sotto l’apparenza di un malinteso progresso scientifico e sociale: si pensi alla clonazione umana, alla manipolazione genetica, all’aborto, all’eutanasia; il riconoscimento e la promozione della famiglia, come relazione fondamentale e naturale tra un uomo e una donna che si apre ai figli, e la sua difesa dai frequenti tentativi di relativizzarla, rendendola giuridicamente uguale o equivalente ad altre forme di unione; la tutela del diritto dei genitori ad educare i propri figli; il fondamentale diritto alla libertà religiosa, nella sua dimensione non solo individuale ma anche propriamente istituzionale. Si tratta conclude il presidente Cei – di principi comuni a tutta l’umanità. (Sir)