La ragione del calo delle nascite non può essere soltanto di tipo economico. Si tratta piuttosto di una povertà culturale e morale, che ha di molto preceduto lo stato d’innegabile crisi che caratterizza la congiuntura presente. Ne è convinto il card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Cei, intervenuto questa sera alla presentazione a Roma del secondo rapporto-proposta curato dal Comitato per il progetto culturale della Cei, dal titolo Il cambiamento demografico. Rapporto-proposta sul futuro dell’Italia (Laterza, Bari-Roma 2011). Secondo il cardinale, non è con più consumo e meno figli che risistemeremo l’economia, quanto con una revisione radicale delle priorità. Un richiamo che, precisa, non vuole essere un giudizio per chi affronta con fatica la precarietà del quotidiano, bensì un invito a mutare prospettiva e una critica decisa a una cultura nichilista, che ha lavorato sistematicamente alla decostruzione di uno dei valori che fonda l’umano e lo sostiene e cioè la famiglia e la maternità. Poiché la modernità ha frammentato l’uomo , prima homo faber, poi homo consumer, è ora di recuperare l’integrità della persona umana, anche a partire dal riconoscimento del fallimento della cultura iperindividualista.Secondo il card. Bagnasco occorre inoltre sostenere con maggiore decisione i soggetti che si adoperano per rendere più affrontabili le complessità della vita familiare; occorre incoraggiare nuovi modelli di solidarietà interfamiliare e intergenerazionale, facendo in modo che i genitori non si sentano abbandonati proprio dalla società che contribuiscono a tenere in vita. Non vi è dubbio afferma – che una società in cui s’interrompe la catena generativa e si blocca il circuito della testimonianza tra le generazioni è una società impoverita e destinata a isterilirsi, oltre che a rivelarsi miope sotto diversi profili. Due i profili critici analizzati dal porporato: quello che riguarda la reciprocità e quello che ha a che fare con la creatività. Richiamando la propria affermazione stiamo andando verso un lento suicidio demografico (Prolusione, maggio 2010), il presidente Cei conclude: Se non si riusciranno a far scaturire, nel breve periodo, le condizioni psicologiche e culturali per siglare un patto intergenerazionale l’Italia non potrà invertire il proprio declino: potrà forse aumentare la ricchezza di alcuni, comunque di pochi, ma si prosciugherà il destino di un popolo. (Sir)