È un invito al dialogo vero quello rivolto oggi pomeriggio dal presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, nell’omelia della messa per i parlamentari, in vista del Natale, celebrata a Roma, nella chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza. Il card. Bagnasco ha richiamato lo stile di Dio che sollecita il nostro agire, è paradigma della vita personale, familiare e sociale: se, infatti, accettiamo di rispondere al dialogo con Dio, non possiamo non porci in dialogo con gli altri. C’è bisogno ha rimarcato di apertura e dialogo, d’incontro positivo fra le persone: nella famiglia, grembo della vita e prima scuola di umanità e, se cristiana, di fede; nella società, che non è una somma più o meno strutturata d’individui ma una comunità di persone; nelle articolazioni dello Stato che diversamente s’inceppa. Il dialogo vero, però ha sottolineato il presidente della Cei , perché non diventi una nebbia di parole, ha le sue leggi! Si tratta innanzitutto della volontà di dialogare: quando tale volontà è inquinata, allora non c’è neppure desiderio di ascoltare, di sforzarsi a capire l’altro, di porsi dal suo punto di vista, di dirgli qualcosa di significativo. Allora nasce un dialogo tra sordi e tutto tende a essere distorto, a volte urlato nei toni, nei modi e nelle parole. Il mondo politico, ha aggiunto il card. Bagnasco ricordando che Paolo VI definiva la politica come la forma più alta di carità, è chiamato ad essere, di natura sua, un punto di riferimento dell’arte del dialogo, spazio d’incontro di persone, di confronto d’idee, di ragionevolezza, di rigore con se stessi. Si tratta allora di saper guardare alto e lontano ha precisato se si vuole vedere vicino e concreto, si tratta di avere nella mente e nel cuore solo l’amore per questo nostro popolo che possiede un grande senso di umanità e di moderazione; che è capace di dedizione, di sacrificio e anche di eroismo per amore della famiglia, vero e insostituibile presidio di una società fraterna e solidale. Questo senso diffuso, secondo il cardinale, costituisce l’anima della nostra gente, anima che nasce dal Vangelo e che si alimenta nelle comunità cristiane radicate, come innumerevoli punti-luce, da un capo all’altro del nostro splendido Paese. Quest’anima non è generata dallo Stato ma lo precede. Quest’anima, però, lo Stato ha il compito di preservare e di promuovere; essa è un patrimonio spirituale che non può essere dilapidato, ma solo custodito e incrementato consapevoli che, se venisse a mancare, lo Stato ha concluso s’impoverirebbe fino a ridursi a una burocrazia mercantile, forse efficiente ma senza vita.Sir